martedì 13 novembre 2012

my own kind of origins: when my time comes

So I took what I wanted and put it out of my reach
I wanted to pay for my successes with all my defeats,
And if heaven was all that was promised to me
Why don't I pray for death?


"Com'è che la chiamano?"
"Affettuosamente?"
"Anche"


I fratelli Barclay e i due Rooster sedevano in fila sul bordo del tetto del capannone in cui si tenevano i vagoni. Erano rimasti in piedi fino a notte fonda per vedere, insieme ad un'altra cinquantina di persone, l'arrivo di un macchinario agricolo per i Deepmotte. In un paese piccolo come Madrida, l'arrivo era stato accolto come un autentico evento dall'intera popolazione, e tutti coloro abbastanza giovani da potersi permettere di passare la notte in bianco si erano radunati a guardare la macchina scendere dalla piattaforma attaccata alla locomotiva. Era un macchinario imponente, con ruote di gomma e un corpo di duro metallo. La parte frontale era composta da quasi una ventina di lunghi e spessi aghi biforcuti.

"Seminatrice"
disse Raul.
"La seminatrice, aye".

Rimasero seduti sul bordo del tetto, con le gambe penzolanti nel vuoto e una sigaretta profumata che si passavano l'un l'altro con una certa disinvoltura. Chris e Cain, essendo i maggiori, se la tenevano sempre un po' di più degli altri due.

Era una nottata afosa di un agosto torrido e secco. Le maniche di tutti erano rimboccate fino alle spalle, e gli uomini avevano le camicie sempre slacciate fino a metà del petto, tranne quando andavano in chiesa. Lì si abbottonavano anche il colletto, salvo poi farsi il più vicino possibile alle donne sperando di entrare nel raggio d'aria fresca costantemente prodotto dallo sventolare di libri dei salmi e ventagli.

"E' la prima volta che ne vedi una?"
chiese Raul.
Jack diede una gomitata a suo fratello e rispose: "ne abbiamo viste un paio ai ranch tra il fiume e la Trinidad."
"Aye, ma questa è più grande - confermò Cain, sovrappensiero - ogni volta che ne comprano una licenziano decine di lavoratori dei campi. Conoscevo un tizio, alla fattoria dei Delgado. Uno che s'è sempre spaccato la schiena, metteva i soldi da parte per costruirsi una casa... poi arriva una di queste cose - indicò la macchina - e all'improvviso di trenta coltivatori ne basta uno che impara a guidare quella roba".

Rimasero tutti in religioso silenzio.

"Nostro padre fa il coltivatore" osservò Chris improvvisamente mettendo le cose insieme, anche se lo stavano già pensando tutti da un pezzo.

Intanto, la seminatrice veniva fatta scendere dalla pedana dalle mani di un guidatore arrivato apposta da Mexican per insegnare agli uomini dei Deepmotte come utilizzarla. Tutti la osservavano con un misto di diffidenza e ammirazione, e i ragazzini più coraggiosi si arrampicarono sulle ruote fino all'abitacolo. Richard Deepmotte, il figlio giovane dei Deepmotte, la guardava invece tronfio e orgoglioso, con i pugni sui fianchi. Era noto in tutta la zona per le sue idee rivoluzionarie che comprendevano chiacchiere su come la meccanizzazione dei processi produttivi avrebbe dato una spinta all'agricoltura intensiva e avrebbe promosso i prodotti di Sweet Waters su un mercato interplanetario. Interplanetario. Jack ripensò a quelle parole mentre fumava. Aveva diciassette anni e raramente era uscita dalla regione di Sweet Waters, mai da Shadetrack. Parlare di commerci interplanetari le metteva una sensazione di disagio addosso, le provocava un rigetto spontaneo, fisiologico.

"Dobbiamo fare qualcosa"

Tutti guardarono verso Cain, tranne Jack. Sapeva già esattamente cosa avrebbe detto. Rimase al suo posto, a guardare il giovane Deepmotte.

"Raul, tu con questa roba ci sai fare, no?"
"Che roba?"
"Roba di macchine"
"Well. So come dovrebbe funzionare"
"E quindi sai anche come non farla funzionare, no?"


Cain aveva quasi ventitré anni, allora. Era il più vecchio del gruppo e quello con la voce più calma.

"Stronzo"
disse Jack, dandogli un pugno sulla spalla. Lui sorrise in modo sardonico, mentre Raul e Chris si sporsero sul vuoto, guardando verso di lei.
"Vuole solo vantarsene con la ragazza che è venuta da Quay, come si chiama? Polly, Molly... Malone, comunque. Suo padre e tutti i suoi fratelli seminano dai Deepmotte" rivelò Jack. Chris Barclay rise, Raul sollevò gli occhi al cielo, sospirando.
Cain si giustificò dicendo: "E' comunque una buona azione". Continuarono tutti a prenderlo in giro, e rimasero lì a fumare e a parlare finché l'alba non si affacciò a colorare il fumo sputato dalla locomotiva del primo treno del mattino.


* * *


Richard Deepmotte aveva qualcosa di particolare. Una carnagione un po' più chiara di quella di tutti gli uomini in zona, con del rosso a colorargli le guance tonde e quasi sempre rasate. La bombetta che si poggiava sui capelli biondo cenere e pettinati con la riga di lato, le spalle larghe e le dita sottili da musicista. Non indossava mai abiti troppo costosi, ma in qualche modo riusciva sempre ad essere ordinato. Figlio del vecchio Ernie Deepmotte, patriarca ancora in vita della famiglia seppur ormai settantenne, era il minore di cinque figli venuti l'uno dopo l'altro: Robert, Francis, Tomas e Callaghan. La totalità della componente maschile nella prole era probabilmente all'origine del detto popolare ai tempi diffusissimo: "nessuno lo fa come mister Deepmotte".

C'è da dire che il carattere particolare del minore dei figli - Richard, appunto - aveva affiancato alle superstizioni sulle doti amatorie di Deepmotte senior anche un secondo adagio, che faceva più o meno così: se te ne escono quattro dritti fermati, o Dio ti manderà il quinto storto. Sia chiaro: il povero Richard non era una persona malvagia, né uno di quei canonici matti del villaggio, nè effettivamente un individuo che, in un ambiente di più ampie vedute rispetto a Madrida, sarebbe apparso così incredibilmente eccentrico. Ma, nel suo categorico rifiuto di smussare il suo carattere, era diventato uno di quelli, se capite cosa intendo. Così, se era raro vederlo in chiesa come tutta la gente normale, non era altrettanto insolito trovarlo a blaterare il venerdì sera al saloon, brillo  - ma mai abbastanza -, sui suoi strampalati progetti per incrementare il rendimento dei campi dei Deepmotte, a cianciare su come l'agricoltura intensiva invece che estensiva avrebbe cambiato il modo di lavorare, su come tutti l'avrebbero copiato, sul modo in cui avrebbe riorganizzato la gestione della fattoria rendendola competitiva al livello interplanetario. Ripeteva tutte quelle cose in modo quasi ossessivo, e altrettanto ossessivamente raccontava dei suoi viaggi fuori Shadetrack, su come avesse visto città con case tanto alte da sembrare quasi toccare il cielo. Su come lì fosse prezioso ciò che su Shadetrack esisteva in abbonanza, e su come aveva già i contatti per proiettare la Deepmotte Farm su tutta una nuova dimensione.

Nessuno gli aveva mai dato retta, finché un giorno il primo Deepmotte - Richard - si fece convincere a investire in una macchina. Dopo una serie di contrattazioni, si erano incontrati su quella benedetta seminatrice. E sebbene tutti sapessero che Richard non aveva dormito quella notte per controllare che lo scarico si svolgesse senza problema, la mattina dopo il più giovane dei Deepmotte si fece trovare al mercato mattutino lavato e stirato per bene, con il mento più alto del solito e la solita bombetta che, però, portava con una dignità tutta diversa. Quando Jack gli passò di fronte masticando un uovo sodo che le aveva dato la madre prima di farla uscire di casa, Richard era seduto a gambe accavallate su una panchina di pietra al limitare della piazza, intento a prendere profonde boccate da una pipa di legno scuro.

"Ma guarda un po', la figlia di Susan Rooster" la salutò lui, sollevandosi per un istante il cappello, in segno di rispetto. Quando Jack lo vide, lo salutò a sua volta e andò a sedersi accanto a lui.
"Come sta tua madre?"
"Bene. Come sempre"
"E il lavoro con i ragazzi?"
"Come al solito"
"Senti un po', so che lavora tutte le mattine. Ma pensi che nel pomeriggio riuscirebbe a prendere un altro bambino?"
"Perché?"
"Vorrei che Danny iniziasse a prendere lezioni"
"Ma non ha tipo... sei anni?"

Richard Deepmotte sorrise come uno che la sa lunga: "ci sono parecchie cose da imparare, a questo mondo, è meglio che si avvii presto. O diventerà come quella gente che ha la Bibbia come unico libro in casa"

Jack aggrottò le sopracciglia. Lei in vita sua ne aveva letti, di libri, tutti sotto la benevole imposizione della madre. Ma quel Deepmotte si credeva meglio di tutti gli altri, e a lei la gente così non piaceva. Incrociò le braccia e guardò per terra con una certa, crucciata intensità.

"La metterai subito al lavoro, quella... cosa?"

L'uomo si illuminò. Non gli sembrò vero che qualcuno volesse ancora sentire le sue chiacchiere sull'argomento. In parte, in effetti, non lo era.

"Aye, è il periodo giusto. Una settimana e iniziamo la semina. Giusto il tempo di insegnare ai nostri come si usa"


Jack rimase in silenzio.

"Vedrete. Sarà un cambiamento epocale. Dimezzeremo i costi e raddoppieremo il raccolto."
"Se lo dici tu"


Richard Deepmotte sembrava sicuro. Guardava l'orizzonte oltre il mercato con una forza visionaria negli occhi piccoli.

"Dovrete ricredervi tutti, sai
- disse, tirando un paio di boccate dalla pipa - alla fine dovranno tutti ringraziarmi. Ve lo prometto."


* * *


Due giorni dopo, andarono tutti a Mexican in sella ai loro cavalli. Jack aveva ancora la puledra dell'anno prima, con cui ormai si intendeva alla perfezione. Andarono a pranzare e a bere nel saloon sulla piazza, e Jack si sedette vicino a Raul al tavolo rotondo che avevano trovato libero per miracolo: sulla piazza avevano già montato, il giorno prima, una forca piuttosto alta, con dei gradini ripidi per arrivare in cima. Accorrevano sempre tutti, quando c'era un'impiccagione.

Raul e Cain andarono a sgomitare al bancone per ordinare, così Jack rimase sola con Chris.
"So, kid..." iniziò a parlare lui, mentre Jack era distratta nel guardare, dalla finestra, il cappio ancora vuoto che dondolava lentamente. Nella sua vita aveva visto decine di esecuzioni. I banditi omicidi veri e propri raramente arrivavano vivi alla forca, mentre aveva visto appesi parecchi ladri di cavalli e di bestiame.
"So, chap" rispose lei, tamburellando le dita sul tavolo di legno in un momento di noia.
"So. Come va? Non parliamo mai io e te, mh?"
Jack continuò a guardare dalle finestre, rispondendo senza pensarci troppo.
"Non è che abbiamo tutto questo granché da dirci"
Chris sorrise in maniera storta, tanto per non lasciar emergere una vaga delusione.
"Perché, con Raul di cosa parli tutto il tempo?"
Jack spostò gli occhi su di lui e sollevò un sopracciglio.
"Che ti frega a te di cosa parlo con Raul?"
"Well, hai appena detto che non hai niente di cui parlare con me..."
"E allora? Io non vengo a chiederti di cosa confabulate tu e Cain tutto il tempo, no? O i fatti tuoi."
"Potresti anche farlo"

Jack sbuffò dalle narici un certo sarcasmo.
"Come no"
"Avanti"

Lo valutò con un occhio e mezzo, cercando di capire dove fosse il trucco. Chris si spinse con la sedia in avanti e poggiò le braccia conserte sul tavolo. Sorrideva in maniera arrogante, di sfida.
"Te l'ho detto, Chris. Non ho niente da dirti... né da chiederti"
Lui scosse il capo e si passò la lingua sull'interno della guancia, mimando una mal recitata incredulità.
"Ci conosciamo da tipo... che ne so, da sempre? Che cosa ho fatto per farmi odiare così tanto?"
Jack non rispose, limitandosi a guardare da un'altra parte con un'aria scocciata. Cain e Raul riemersero dalla calca al bancone con le scodelle e una mezza pagnotta di pane già affettato che poggiarono al centro del tavolo.
"Devo ancora capire perché diavolo siamo dovuti arrivare fino a qui per parlarne, comunque"
disse Chris con un sospiro, affondando il cucchiaio nella sua scomposta porzione di stufato tiepido.
"Ho bisogno di torce" rispose Raul al fratello senza guardare niente che non fosse il suo piatto.
"E che bisogna alzarsi all'alba e fare decine di miglia per due bastoni e un paio di pezze bagnate nell'alcol?"
Raul brontolò qualcosa di inizialmente incomprensibile. Talvolta riteneva suo fratello ottuso, con poco spirito pratico. "Quella cosa va a carburante e tu ti ci vuoi mettere sotto con un fuoco del cazzo in mano?"
"Ebbè?"
"Sai cosa, fallo, mh? Fai un bel falò nel serbatoio e poi vieni a dirmi come è andata"

Era qualche tempo che sembravano costantemente ai ferri corti. Cain fece rimbalzare lo sguardo tra tutti e tre, senza perdere troppo tempo a chiedersi cosa stesse accadendo o fosse accaduto. "Insomma, Raul, che torce ci servono?"

Raul si riempì la bocca con una cucchiaiata di fagioli e si prese un momento estremamente lungo per masticare. Rispose solo dopo aver deglutito. "Sono delle torce con un pannello di vetro che vanno a cherosene. Le chiamano lucciole... Delle specie di grosse biglie luminose, ma tra il fuoco e il resto c'è una lastra di vetro trattato e un sistema di areazione per cui il fuoco non"
"Ma insomma
- tagliò corto Jack - a che ci servono?"
"Ad illuminare quello che faccio senza rischiare di saltare in aria"
"Well. Direi che è fondamentale, no? Finiamo qui e andiamo a comprarle"
e la parola di Cain era l'ultima. Finirono di mangiare e Jack continuò per tutto il tempo a guardare dalla finestra, finché non fecero arrampicare sulla forca il condannato. La folla nel saloon sciamò nella piazza. Si trattava di un uomo di una cinquantina d'anni, con i capelli brizzolati e una barba disordinata. Da lontano, Jack riuscì appena a indovinarne la tonalità abbronzata della carnagione rovinata. Dissero il suo nome, qualcosa di ciancicato che suonava come roba proveniente dai territori di The Quay, sul mare. Fecero l'elenco dei suoi reati e poi gli chiesero le sue ultime parole. Non riuscì a capirle bene, ma sentì la sua voce roca e la sua parlata da mic. Il cappio si strinse attorno al suo collo e lui non supplicò. La botola si spalancò come la bocca dell'inferno.

Jack rimase ad osservarlo oscillare. Pensò che sembrava un vecchio pendolo, e per un attimo si sentì il cuore stretto in maniera strana. Durò poco, però: le esecuzioni di ladri di cavalli erano una cosa piuttosto comune, a Sweet Waters. Finì di mangiare e poi uscì dal saloon con i ragazzi, rimettendosi lo stetson in testa.


* * *


Jack sistemò i cuscini in modo che sembrasse che fosse ancora sotto le coperte, dopodiché lasciò la stanza in cui sua madre dormiva profondamente, con gli stivali in mano per non fare rumore. Dovette camminare per mezzo miglio buono prima di trovare Cain e i due Barclay.

"Ce ne hai messo di tempo"
protestò il fratello.
"Tu non devi giustificare dove vai ogni cazzo di volta
- rispose lei a mezza bocca, evidentemente di cattivo umore. - e non hai dovuto fartela a piedi"
"Ma perché non hai preso il cavallo?"
chiese Chris.
"Come no, per farmi sparare da Sam"
"Non è uno che grida al ladro, mh?"
"Dopo le prime due fucilate, forse"


Chris le tese il braccio per primo e lei lo afferrò, tirandosi in sella dietro di lui con un movimento appena rallentato dal sonno. Gli poggiò poi le mani sui fianchi piuttosto blandamente.

"Reggiti bene"
l'avvisò lui.
"So come si sta in sella"
"Non dietro qualcuno"
"Infatti dovrei starci io davanti"
borbottò. Non fece in tempo a finire la frase che Chris era già partito al galoppo. Lo strattone l'aveva quasi fatta cadere indietro, ma si curò bene di far finta di niente.

Un po' andarono veloci, perlopiù al passo. Raul non disse una parola per tutto il percorso e Jack fu l'unica ad accorgersene. Per quanto avrebbe voluto parlargli, la presenza di Cain e Chris la frenava come sempre. Rimase zitta finché il cuore dei campi dei Deepmotte non si fece più vicino e loro decisero di scendere dai cavalli e proseguire a piedi. Raul si caricò la vecchia cassetta degli attrezzi che aveva rubato a casa sua. Jack colse l'occasione per rallentare un po' il passo e affiancarlo.

"Va tutto bene?"
chiese a mezza voce, come una confidenza. Raul grugnì piano e lei non fu sicura che contasse come risposta. Ma visto che non sembrava intenzionato a dire molto altro, se la fece bastare.

Trovare la seminatrice non fu difficile: non avendo capannoni adatti a contenerla, l'avevano semplicemente lasciata vicino ad un capanno piccolo, coperta da un telo fissato a terra che avrebbe dovuto proteggerla dalla pioggia, nel caso fosse piovuto. Ma non pioveva. Cain e Chris iniziarono a tagliare tutti gli spaghi che tenevano il telo issato al terreno e presto dal pallore del tessuto economico emerse la figura minacciosa del macchinario.

"All right... da dove si inizia?"
chiese Chris, battendo la mano sulla spalla di Raul per fargli fretta. Lui, di tutta risposta, rimase imbronciato, e si approcciò al macchinario con l'eccessiva cautela dei temporeggiatori. Mentre Cain e Chris si guardavano con dei punti interrogativi al posto dello sguardo, Jack iniziò a sentire un certo senso di disagio sulla pelle che Raul stesso le stava trasmettendo.

Il Barclay più giovane si chinò a terra. Aprì la cassetta. Prese le lucciole che avevano comprato a Mexican. Prese i fiammiferi. Le accese una ad una lasciandole rotolare sotto la seminatrice così che facessero luce. Poi selezionò gli strumenti che gli sarebbero serviti. Sembrava non accorgersi di come la sua lentezza stesse gradualmente estenunado gli altri uno ad uno, in maniera diversa. Scivolò sotto il macchinario e per un minuto o giù di lì nessuno potè vedere niente di diverso dai suoi piedi. Quando ne riemerse, ripose gli attrezzi nella cassetta con la medesima lentezza, commentando con la massima tranquillità: "non lo so fare".

"Come non lo sai fare?"
chiese Cain.
"Non lo so fare"
"Ma dicevi di saperlo fare"
"Lo so fare. Non lo posso fare"
"Ma che cazzo dici?"
intervenne Chris con la solita sofisticatezza.

Raul si rimise in piedi e inspirò a fondo, forte di tutta l'onestà intellettuale che il figlio di una sarta e di un contadino potesse possedere in vita sua.

"Deepmotte ha ragione. Una macchina così ti permette di fare roba che non riesci a fare con cento uomini"
"Mi stai prendendo in giro"
concluse Chris.
"Non è uno stronzo, è uno che sa quello che dice. Gli stronzi siamo noi. Su questo cazzo di pianeta facciamo le cose come le facevamo ancora cent'anni fa."
"Mi stai prendendo in giro"
"Pensala come ti pare"


Cain scuoteva il capo mentre Jack alternava lo sguardo tra i due fratelli come se fosse dovuto scoppiare il finimondo da un momento all'altro.

"You must be fuckin' kiddin' me"
"Get off my back, Chris"


Raul prese la cassetta con tutta l'intenzione di rincamminarsi verso i cavalli, con il muso scuro e gli occhi fissi a terra, come se non avesse il coraggio di guardare nessuno in faccia.

"Raul..."
lo chiamò debolmente Jack.
"Raul!" ringhiò Chris tendendo le mani verso di lui.
"Chris..." protestò Cain con troppo ritardo: Chris aveva già strappano la cassetta di mano al fratello e l'aveva buttata a terra con un gran fracasso.

"Ti sei bevuto il cervello? Stai appresso alle stronzate di Richard Deepmotte, adesso?"
non si regolava: la voce era troppo alta.
"Sto dietro alle stronzate mie, semmai"
"Checcazzo, ti fai la moglie o cosa?"
"Piantala"
"Ay, devi farti bello e speciale con lei, adesso"


Fu completamente gratuito, ma Raul gli puntò gli occhi contro. La sua attenzione era quello che voleva.

"Un ottimo modo per far vedere quanto vali: non fare un cazzo"
"Piantala"

Si voltò verso Jack: "che mi dici, kid, fino ad ora sta funzio--"

Non finì la parola che Raul gli saltò addosso sventolando i pugni chiusi e urlandogli di stare zitto. Jack lo tirò via mentre Cain afferrò Raul per le braccia. Chris barcollò indietro un livido che gli si allargava sullo zigomo, poi ritrovò l'equilibrio e si fece avanti di nuovo con i pugni stretti. Jack lo spinse indietro la prima volta e anche la seconda. Quando per la terza volta lui provò a passarle sopra, lo colpì con il palmo aperto con tanta forza da stampargli tutta la mano sulla faccia. Non se l'aspettava nessuno, e tutti si congelarono. Lui stesso la guardò con gli occhi sottili e interrogativi, come quelli di un animale che viene punito senza capire il perché.

"E ti chiedi perché non ti reggo
- ringhiò lei a bassa voce, prima testimone incredula di ciò che aveva appena fatto - perché sei uno stronzo. Fai sempre quello simpatico che non ha problemi con nessuno, ma poi si vede che sei solo uno stronzo"

Quella volta fu lei a dire l'ultima parola. Ne avrebbe dette parecchie altre, se Cain non l'avesse presa per un polso e trascinata via di peso con tutta la fretta che poteva avere in corpo. Lei vide a stento la lingua di fuoco liberatasi dalle lucciole schiacciate per sbaglio nella rissa. Vide però le fiamme prendere piede e sentì un onesto terrore diffondersi sotto la pelle. Sentirono il boato dell'esplosione quando galoppavano ormai da buoni trenta secondi. Nessuno di loro pensò a fermarsi, o a guardare indietro.


* * *


"Che ti prende ultimamente?"


Dopo due settimane passate ad essere abilmente schivata, Jack era finalmente riuscita a incastrare Raul Barclay. Vicino al ponte che lui stava riparando con una manciata di altri manovali, se l'era trascinato sulla riva e l'aveva costretto a sedersi e a parlare. O perlomeno ad ascoltarla.

"Non è solo quello che è successo. Sei strano da un pezzo. Che hai?"

Lui non rispose, preferendo osservarsi la punta degli stivali. Era seduto per terra con le gambe distese e le mani poggiate sulle rocce.

"E con Chris, anche... che succede?"
"E' uno stronzo."
"E' tuo fratello..."
"L'hai detto anche tu che è uno stronzo"
"Ma non è mio fratello"


Raul scosse il capo spazientito, come se lei non stesse capendo.

"Mi sono stancato, è solo questo. Di Chris, dei miei, di Madrida... di Sweet Waters. Mi guardo davanti e sta tutto già lì. Ancora cinquant'anni a lavorare come un mulo, se sono fortunato, una moglie rompicoglioni, due o tre figli, la predica tutte le domeniche e poi il resto dell'eternità in una buca per terra al cimitero su a nord"

Jack continuò a guardarlo con un velo di preoccupazione sul volto.

"Non ci voglio vivere così. Voglio andare via. Ho preso ad andare a Mexican quelle volte che scende una nave, ma non se ne fanno niente di uno come me. E per un passaggio chiedono così tanti soldi che dovrei cavarmi l'occhio destro per permettermelo. E' come se fossi...
- assottigliò lo sguardo sui propri stivali - ... intrappolato"

Poté sentire l'angoscia nella sua voce: era la prima volta che vedeva Raul in quello stato. Esausto, svuotato.

"Ma non posso crederci che sia... tutto qui. Che devo morire dove sono nato, che è tutto quello che mi aspetta. Io voglio... di più. Di più di quello che hanno avuto i miei genitori, e i miei nonni, e i loro genitori prima di loro. Di quello che vuole Chris, di quello che vogliono tutti. E se anche è un discorso da stronzi... lo so che lo è, Chris dice perché non posso farmi bastare quello che va bene a tutti. Ma quanto può essere sbagliato? - il respiro gli si era fatto più corto, più agitato. Insoddisfatto, rabbioso - voglio qualcosa di più."

In un gesto insospettabilmente spontaneo, Jack gli prese una mano e la strinse gentilmente tra le sue. Lui si voltò sorpreso, a bocca mezza aperta.

"Non è sbagliato. Per me devi avere pazienza, arriverà il momento."
"Lo credi davvero?"
"Aye. Your time will come, Raul. Sei... diverso da un sacco di gente che conosco. Vedi più lontano"

Lui rimase stordito per qualche attimo, perdendo la strada nei suoi occhi verdi.
"Anche tu sei... diversa"
Jack sorrise, poi rise piano.
"Mi mancherai, quando te ne andrai per davvero"

Si sporse verso di lui e gli poggiò un bacio sulla guancia, sentendo sotto le labbra un velo di barba giovane, ancora tenera. Poco dopo i manovali iniziarono a fischiare e a urlargli di darsi una mossa, che non veniva pagato per amoreggiare. Lui si alzò e tornò al ponte stretto nelle spalle, con un sorriso vagamente ebete sulle labbra.