venerdì 21 giugno 2013

my own kind of edge


Jack Rooster ha passato i trent'anni da un po'. Stesa sulla cima della Almost Home, attinge da una bottiglia di whisky avvolta da un buio che fino a qualche anno prima l'avrebbe gettata nel panico più profondo. Se può guardare il cielo stellato di Bullfinch, a qualche miglio da Timisoara, lo deve soltanto ad Eleazar Ritter. Ne pronuncia il nome piano e pensa a Tauron. Poi pensa a una leggenda antica di Shadetrack sulla nascita delle stelle. Non riesce ad afferrarne la memoria, ma le pare di ricordare che avesse a che fare con un fucile.

Bullfinch le ha sempre fatto pensare a Eivor Edwards, ma dire che vi è affezionata così ostinatamente solo a causa sua sarebbe una menzogna. Il terreno polveroso di Timisoara le ricorda i tratti più aridi del passo che attraversava la Trinidad, a Sweet Waters, mettendo in collegamento la zona a est e quella a ovest delle montagne. Il modo in cui la gente si preoccupa di far bere il proprio cavallo prima di entrare nei saloon e le rigogliose tenute a sud appartenenti ai Rose, il sole vivo della mattina e le persone che vanno a lavorare all'alba nei campi, e il silenzio che scende dopo il tramonto permettendoti di sentire ogni respiro che fai. Bullfinch non è casa sua e da casa sua è lontana centinaia di parsec. Ma certo è che le assomiglia molto.

Mentirebbe anche se fingesse che l'appartenenza di Eivor Edwards a Bullfinch non cambia niente. Avendo perso la sua, di casa, si preoccupa che niente di simile accada alle persone che più ha a cuore. Se si sforza a trovare un senso al dolore lancinante che la perseguita da quando, tornando su Shadetrack, ha trovato solo croci piantate per terra e wastelands avvelenate, quel senso è l'apprendimento di una lezione: se vuoi proteggere un posto, proteggilo da vicino. Se vuoi proteggere delle persone, proteggile da vicino.

Eivor l'ha delusa. Lo pensa mentre valuta il livello del whisky nella bottiglia agitandola appena e passandola da una mano all'altra. Del resto, riflette, ha da un po' imparato a vivere con sensi di colpa che in passato le avrebbero impedito anche solo di respirare. E' un gioco d'equilibrio, e il segreto è nel tenersi sempre molto impegnati o molto poco lucidi. Così, mentre durante il giorno non si ferma un attimo, la sera si stordisce di antidolorifici e alcol in modo da essere sicura di fare sonni senza sogni. Forse è un modo di giocare sporco, di barare - pensa - ma in qualche modo devo sopravvivere. Oppure devo suicidarmi come stavo per suicidarmi quando aspettai al saloon di Oak Town una squadra alleata venuta per me e, quando arrivarono, aprii il fuoco? E' questo che vuole? Mi vuole morta?

Si infila la mano sotto la camicia e con la punta delle dita sfiora le proprie cicatrici. Parte dal basso, da quelle al fianco sinistro: sono quattro, guadagnate in quattro riprese diverse. Arriva alla spalla sinistra e basta il proprio tocco per farle venire i brividi: non è abituata a sentire niente sulla pelle da un bel po', se non le mani dei medici che l'hanno ricucita in fin troppe occasioni. La cicatrice sotto il petto la tocca per ultima, quella che le perforò il polmone destro e rischiò di mandarla al creatore. Ha ricordi piuttosto vaghi di quando la riportarono alla nave, e l'unico volto che riesce a distinguere nella propria memoria è quello di Sam.

Insomma, può sopportare di combattere con la propria coscienza. Può anche sopportare di combattere con Eivor Edwards, che è stata la sua coscienza per un sacco di tempo, quando era parte dell'equipaggio e poteva andare a trovarla in plancia durante il suo turno di controllo. Ma non può sopportare di combattere con Eivor quando non mette mano al timone della Almost Home da un tempo così lungo che sembra una vita, e dopo averla vista associata al pirata che ha mandato a Fargate il suo primo ufficiale. Ripensa a Red Wright appena tirato fuori dalla cassa da morto ermetica in cui l'avevano buttato nello spazio. Lo ricorda troppo magro e troppo fragile, scosso dal tremore come un agnello sul punto di essere decapitato. Si ripete piano che lei non sapeva, ma non riesce a perdonarla lo stesso.

Pensa a se stessa, per una volta. Pensa a come stia camminando su una china sottile e su come Eivor Edwards sia qualcosa che la sbilancia verso il precipizio. Pensa a quel bordo che fa la differenza tra quando decide di vivere e quando decide di morire, e poi pensa che c'è un limite a tutto. Non riesce a odiarla lo stesso, però. Qualcosa in fondo al petto le dice che la giovanissima pilota di Bullfinch ha fatto bene a salvarsi, ad allontanarsi da loro prima di essere costretta a sporcarsi le mani in modo irreversibile e imperdonabile. E' felice che l'anima di Eivor sia salva. Se qualcuno deve trascinarsi nel fango, quella persona può essere lei. E' in quel momento che focalizza perché si senta così tanto delusa: si aspettava che qualcuno ringraziasse lei e i suoi per essersi sporcati le mani  al posto loro. Perché quello che abbiamo fatto andava fatto, si ripete ed è convinta: e noi ci siamo presi la colpa per salvare i sonni tranquilli di tutti gli altri. 


Finisce per aggrapparsi alla targhetta militare che tiene sotto i vestiti: è una cicatrice anche quella. Sente con più forza la paratia metallica della nave premerle contro la schiena. Il cielo la schiaccia e lei teme di essere risucchiata nel metallo fino ad affogare nei circuiti della sua quasi-casa. Il guizzo della mente alla ricerca di un pensiero positivo le fa tremare disperatamente le pupille negli occhi, e per un secondo è vuota e perduta e pensa a quanti anni avrà adesso Sean, e se i bambini che ha ucciso magari erano suoi compagni di scuola.


Poi scoppia a ridere. Si asciuga gli occhi mentre costruisce nella propria mente l'immagine mai vista di Bolivar che prende una testata da un puledro. Lo immagina reggersi la fronte e immagina il puledro trottare allegro per dargli il resto, e prende a ridere così forte che deve reggersi la pancia con le mani. E' di nuovo salva: il cielo si rialza e il metallo torna ad essere semplicemente il letto su cui si è stesa. Coglie quell'attimo di serenità e prova a dilatarlo: ci beve sopra, ci manda giù pasticche. Finisce per addormentarsi aggrappata a quel pensiero come a uno scoglio in mare aperto.


lunedì 3 giugno 2013

my own kind of origins: if I didn't know better


Il pastore Roberts sbatté le palpebre ancora assonnato e non proprio sicuro di ciò che stesse accadendo.

"Confessarti?" chiese incerto.
"Aye, confessarmi" rispose Cristobal Barclay.

I Barclay non erano esattamente noti per essere una famiglia di pii. La madre li portava a messa ogni domenica, da bambini, e Dio sa se quella era una donna religiosa. Anche con tutti i suoi acciacchi e i problemi agli occhi, ogni domenica mattina alle dieci era in prima fila, accanto a Susan Rooster e la sua famiglia al gran completo. Barclay senior, però, non aveva mai avuto una grande vocazione per le cose sante, e i suoi due figli avevano ripreso da lui. Con sommo sconforto della donna.

Per questo, la presenza di Chris Barclay alle sei e mezza di una domenica mattina in chiesa era quantomeno sorprendente.

"Ragazzo - il pastore sembrava pronto a trattare - le confessioni le fanno i cattolici di Las Cruces, noi siamo battisti"
"Ah - Chris sembrava deluso. Aveva due occhiaie profonde è un'agitazione che gli strisciava sotto la pelle drizzandogli tutti i peli del corpo - e che cambia? Cioè, non possiamo farla lo stesso?"
"Figliolo..."
"Non chiamiamola confessione, all right? La chiamiamo chiacchierata. Possiamo fare una chiacchierata?"

Il pastore sollevò gli occhi al cielo. Avrebbe davvero voluto dormire un'ora in più.

"Cosa ti affligge?" tastò il terreno. Chris la prese come una vittoria.

"Non la chiamerei proprio afflizione... bisogno di consiglio, ecco. Presa con le pinze, però: diciamo che mi farebbe comodo un po' di grazia divina, ma che ho bisogno che magari non mi giudichi come lo stronzo figliodiputtana che agli occhi di un uomo religioso potrei sembrare, aye? Lo so che non sarà una novità, da quello che dicono in giro di me, ma partiamo dal fatto che non sono così stronzo come dicono, e che quello era perlopiù Cain prima di incontrare la moglie, e che alla fine sono sempre stato un gentiluomo come mia madre m'ha fatto essere a suon di bastonate, e che giuro su Dio non c'entro niente con quella Billie Jean di Las Cruces, che ad onor del vero le è uscito un figlio più nero di me e lei messa insieme, e da quando mondo è mondo i Barclay escono sempre biondi, tanto ch'è biondo mio padre ed era biondo mio nonno e, non ne siamo sicuri perché è morto giovane, ma ci metterei la mano sul fuoco che lo fu pure il mio bisnonno, pace all'anima"

Rintontito dalle chiacchiere e già esasperato, il pastore alzò gli occhi al cielo. Chris lo prese come una preghiera verso l'altissimo e stette zitto per mostrare un po' di rispetto.

"Insomma, Cristobal, perché sei venuto qui?"
"Aye, ci stavo arrivando. - sospirò con l'energia di un cavallo. - c'è una ragazza..."
"C'è una ragazza"
"Aye, c'è questa ragazza"
"Jack Rooster?"
Chris alzò lo sguardo stupito come se gli avessero appena tirato un pugno sul naso.
"Come...?"
Il pastore sorrise, più che felice di aver centrato il punto. Decise per la via sintetica, sperando di riuscire a rimettersi a dormire almeno una mezz'ora. 
"Figliolo, un sordo con entrambi gli occhi cavati sarebbe riuscito a capire cosa va avanti tra voi due da mesi. Io dico, e il buon Dio concorda: sposatevi e fatela finita una volta per tutte, aye? E ora vai in p..."
"Ma - interruppe Chris, con gli occhi intristiti e combattuti - sono andato a comprare l'anello a Mexican, la settimana scorsa, e per Dio (mi scusi Dio, eh, ma se ci vuole) ci sono duecento e uno banchi per l'arruolamento, e lei si è arruolata, e non dico che non avrebbe dovuto perché ha sempre fatto ciò che voleva, e ha rinunciato a parecchio in vita sua solo per non essere nata con un paio di testicoli, e Dio lo sa se quando si mette in testa qualcosa finisce per farla, ma tant'è: lei parte per la guerra e io resto qui, e come si fa?"
Guardò Jamison con due occhi grandi come fari, aspettandosi una soluzione di senso compiuto.
"Ragazzo mio... - il pastore si alzò in piedi e gli diede una serie di pacche impazienti sulla spalla - è una giovane donna: proponile di sposarti, e vedrai che il pensiero di andare in guerra sparirà dalla sua mente in un baleno."
Chris non pareva convinto, ma il pastore fu convincente proporzionalmente alla pesantezza delle sue palpebre, e riuscì alla fine a farlo uscire dalla chiesa.


* * *


Jack fumava tranquillamente seduta per terra sotto la finestra della casa di suo fratello. Lui e Anne litigavano all'interno, mentre lei guardava Raul - seduto accanto a lei - fare le smorfie al figlio di Cain, il piccolo Sean. Raul faceva versi animali, batteva le mani, si produceva in capriole di linguacce e strane espressioni mentre lei stava zitta e tranquilla e guardava Sean. Raul le sembrava stupido, ma un po' sorrideva anche lei.

"A Rachel non dispiace che parti?"
"Dice che lo trova eroico"
Risero entrambi. Sean rotolò sull'erba, assolutamente disinteressato alle smorfie di Raul. Raul poggiò la schiena contro il muro e prese la sigaretta dalle mani di Jack.
"E Chris invece?"
Jack lo guardò aprendo bene gli occhi. Sembrava sorpresa.
"Non sta mai a casa e non mi parla di nessuna ragazza" sollevò le spalle un po' a disagio.
"E non poteva essere che non stava con nessuna?"
"Se ne sono accorti un po' tutti."
Stettero un po' in silenzio, ognuno guardava in una direzione diversa.
"Gli ho detto di partire con noi"
"E lui?"
"Dice che i vostri hanno bisogno dei soldi che guadagna lui qui"
"Well. Es verdad."
Intanto in casa Anne urlava chi te l'ha messo in testa, chi si occuperà di noi, come puoi lasciare tuo figlio?
"Posso chiederti una cosa?"
"M-mh"
"Tra te e Cain... chi ha avuto l'idea di andare in guerra, esattamente? Cioè, il primo che ha detto: ecco, mi arruolo. Chi è stato?"
Jack scrollò le spalle, ma poi ci si mise a pensare. Intanto Anne urlava forte è stata tua sorella? Ha deciso lei? Non sa che hai una famiglia? Non sa che abbiamo bisogno di te a casa?
"Sono stata io" concordò Jack poggiando la testa al muro dietro di sé. Sospirò a fondo come quando si annoiava e alzò gli occhi al cielo. C'era il rosa tiepido del tramonto che che traspariva da poche nuvole. Raul invece guardava per terra: Sean si era addormentato in maniera assolutamente autonoma e improvvisa.
"Secondo me il ragazzino ha qualche problema, comunque"
Jack abbassò lo sguardo, non capì subito. Quando ci arrivò, sorrise e mise le braccia conserte sotto il petto. Indossava una camicia leggera che teneva fuori dai pantaloni, e aveva i capelli sciolti che le ricadevano sul busto, davanti al petto. Raul la guardò per un po'.
"However... perché proprio Chris?" chiese dopo quel po'. A differenza del solito non smise di guardarla, gli occhi gli si erano fatti un po' più opachi, più accorti.
Jack sospirò. Incrociò le caviglie - le gambe erano tese in avanti - e pescò dalla tasca il tabacco e l'erba. Iniziò a girarsi una sigaretta con i gesti attenti di chi si concentra tanto su una cosa per distrarsi da un'altra con un buon alibi. La sigaretta era l'alibi e la prima cosa, Raul era l'altra cosa. Il suo viso rimase disteso.
"Ci conosciamo da tanto. Mi fa ridere."
Questa volta fu lui a rotolare le pupille verso il cielo. "Ci conosciamo da tanto anche noi" fece notare.
"Well, è diverso. Tu sei mio amico da sempre"
"Non" Raul stava per replicare, ma le urla di Anne diventarono più feroci da dentro la casa. Se parti non mi troverai qui al tuo ritorno, andrò via anche io, chi ci difenderà. Ma non capisci, io parto per difendervi, per difendervi dalla guerra, per fermarla alle nostre porte e non farla andare oltre. Perché tu, perché non qualcun'altro? Perché qualcun'altro e non me? Sono parole tue o di Jack? Stai delirando, Annie.
Jack si accese la sigaretta con l'erba e si strinse nelle spalle a disagio. Si sentiva come quando da bambina rubò una torta messa a freddare su una finestra. Scottandosi.
"Partire è la scelta giusta" disse ad un certo punto Raul, rompendo il loro silenzio.
"Secondo te come sono gli altri pianeti?"
"Quali?"
"Non so, gli altri"
"Ma quelli del Core?"
"Nay, quelli come il nostro"
"Well... suppongo come il nostro"
"Già. Probabilmente è così."
Jack chiuse gli occhi tentando di isolarsi dalle urla. Raul rimase a fissare Sean che dormiva sull'erba, abbandonato e sereno. Glieli invidiò entrambi: il sonno e la serenità.
"E' che non capisco... - riprese Raul aggrottando le sopracciglia - com'è che vi siete odiati per tipo vent'anni di vita e poi, all'improvviso, vi siete trovati senza un motivo preciso..." disse ostinato a trovare il bandolo della matassa.
"Checcazzo Ray, e piantala" lei scattò nonostante fosse alla seconda sigaretta di fila. Raul sapeva che era sempre un cattivo segno quando succedeva. Ma la conosceva bene. Chiese scusa e stette zitto, a guardare Sean anche lui. E rimase immobile finché non fu Jack a parlare.
"Mi ha chiesto di sposarlo"
Raul spalancò gli occhi. Tanto da farle aggiungere: "se lo dici a qualcuno t'ammazzo".
"E... tu che hai detto?"
"Che ci penseremo quando tornerò"
"Quindi parti?"
"Certo che parto".
Il ragazzo ci rimuginò. Allora aveva ventisei anni e una barbetta ruvida e dorata che si massaggiò evidentemente sovrappensiero.
"E ti ha dato anche un anello?" chiese infine.
Jack si strinse nelle spalle. Aveva l'anello in tasca: Chris si era ostinato a farglielo tenere nonostante l'indecisione. Era comunque suo, aveva detto, e comunque sarebbe andata non l'avrebbe rivoluto indietro.

Raul Barclay e Jack Rooster avevano vissuto un sacco di silenzi insieme. Stavano zitti quando non si capivano e quando si capivano troppo bene, quando lui era in imbarazzo e quando lei era arrabbiata. Sotto le stelle delle praterie, prima di addormentarsi, o durante i falò al centro della piazza, da bambini. 

Avevano vissuto un sacco di silenzi insieme, ma quello fu il più desolato di tutti. Da lì a breve, lui sarebbe stato spedito nel quindicesimo reggimento, e lei sarebbe finita con suo fratello nel sesto.

Fu anche l'ultimo.


* * *

Mio Dio, proteggi i miei figli.

Sweet Waters non aveva mai visto una nave così. La prua come la testa affilata di un rapace, i motori spostati ai lati erano le ali. Raul guardava in alto, riempito di quel senso di compiutezza e destino che ti attraversa solo quando stai lasciando una casa che ti è sempre stata troppo stretta.

Mio Dio, proteggi i miei figli.

Alla fila di chiassosi volontari allineati per salire a bordo, si aggiungeva la fila di chiassosi parenti e amici andati a salutare i ragazzi di Madrida, quel branco di giovani selvaggi cresciuti tra le sponde del Toledo e gli zoccoli dei selvaggi. Maryanne Rooster, con uno splendido bambino in grembo, abbracciava il marito con la forza della rabbia e gli occhi pieni di lacrime che, per orgoglio, si ostinava a ricacciare in gola.

No dog may bite them.

Jack abbracciò i suoi amici più e meno cari, ancora scossa dalle parole che Anne le aveva sussurrato all'orecchio, la promessa che le aveva strappato. A batterle le mani sulla schiena s'era presentato quasi tutto il paese, puntuale come un orologio per salutare i propri giovani e vedere le facce di coloro che sarebbero andati a costituire la Grande Armata Indipendentista. Sembravano tutti più belli e luminosi.

No wild beast tear them to pieces.

Imbattibili.

No tree fall upon them.

Jack sorrise quando venne l'ora di salutare Chris. Si abbracciarono così stretti da snocciolarsi le ossa. Lei gli sussurrò nell'orecchio: "you're in my veins". Lui rise e le affondò il volto nei capelli, inspirandone forte l'odore per conservarlo.

No water rise against them.
No firearms injure them,
no weapons, no steel, no iron cut them.

Zio Sam le passò una mano sulla testa e un dito sul mento. Un rimasuglio dei loro primi anni insieme, quando ancora lei era minuscola e lui temeva di farle male usando tutta la mano per accarezzarla.

No fire burn them,
no false sentence fall upon them.

Sua madre non pianse. Le prese il viso nelle mani piene di calli, saldamente, e lo tenne fermo per guardarla negli occhi. Pensò che l'aveva fatta lei, e che qualcuno avrebbe lottato per disfarla, dall'altra parte del 'Verse. Le sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio: "sono fiera di te, Jack Rooster" le disse a voce alta, in modo che potessero sentirla tutti. Poi si sporse su di lei, le baciò la fronte e la benedì. 

No rogue enrage you, 
and that no fiends, no witchcraft
or enchantment can harm you. 
Amen.

"Amen" rispose Jack come le era stato insegnato. Arrivò il loro turno. Lei entrò nella nave per prima.


* * *

Ma Sam afferrò Cain per un braccio dopo averlo abbracciato. Glielo strinse forte e gli disse: "riportala a casa, promettilo"
"Lo farò"
"Promettilo"
Cain si crucciò appena, quasi offeso.
"Per questo sto partendo"
"Dillo"
"Lo prometto, Sam".
Sam sembrò soddisfatto. Gli diede una robusta pacca sulla spalla e lo spinse via, strofinandosi il naso spellato e riprendendo il cavallo prima di vedere i suoi unici due nipoti lasciare il pianeta per la guerra.



Peter said to Paul
"All those words that we wrote
Are just the rules of the game and the rules are the first to go"
But now talkin' to God is Laurel beggin' Hardy for a gun
I 've got a girl in the war, man I wonder what it is we done

Paul said to Petey 
"You gotta rock yourself a little harder,
Pretend the dove from above is a dragon and your feet are on fire"
And I've got a girl in the war, Paul the only thing I know to do
Is turn up the music and pray that she makes it through

Because the keys to the kingdom got locked inside the kingdom
And the angels fly around in there, but we can't see them
And I've got a girl in the war, Paul I know that they can hear me yell
If they can't find a way to help, they can go to Hell
If they can't find a way to help her, they can go to Hell

Paul to Petey "you gotta rock yourself a little harder,
Pretend the dove from above is a dragon and your feet are on fire"
But I've got a girl in the war, Paul her eyes are like champagne
They sparkle, bubble over, in the morning all you got is rain
Sparkle, bubble over, in the morning all you got is rain
They sparkle, bubble over, in the morning all you got is rain