domenica 30 dicembre 2012

my own kind of origins: los angeles de la guarda (2)



Henry piangeva. Teneva la mano sottile di sua moglie nelle sue e dondolava il busto chinato sul letto sfatto in una catatonia disperata. Il dottore si era ritirato in un angolo, sconfitto, e l'ostetrica cullava vigorosamente un neonato che strillava come se nei suoi polmoni si fosse annidato un presagio oscuro. Ad eccezione del suo grido stridulo e dei singhiozzi spezzati di Henry, nella stanza era calato un silenzio nebbioso e stordito, un'incredulità così grande da creare quasi imbarazzo.

Jack era rimasta a tre metri dal letto costringendo i due Barclay che l'avevano accompagnata a rimanere fuori. Quando era arrivata la notizia che la sua migliore amica stava partorendo, stavano al saloon a festeggiare e a vantarsi di come fossero riusciti ad aggiudicarsi la commissione degli Hanborne. Avevano visto dalla finestra l'imponente ostetrica affrettarsi verso ovest e avevano capito che era ora. Tutta l'eccitazione di conoscere Jonathan o Patricia era stata rimpiazzata da un terrore incompleto perché scettico. Ora fissava Sally cercando di scorgere un movimento del petto, un fremito delle palpebre. Aveva la pelle madida di sudore, le labbra tinte di un blu gelido. I lineamenti complessi, con guance piene e mento appuntito - si prendeva sempre in giro dicendo di somigliare ad un roditore - erano distesi in un'espressione abbandonata che la faceva più bella. Jack mormorò qualcosa di sconnesso: voleva dire al dottore di aspettare, che si sarebbe ripresa. Tutta quella disperazione le pareva fuori luogo: si sarebbe ripresa. Avanzò per protestare, ma due mani salde la presero per le spalle e la tirarono via con una gentilezza sicura. Riconobbe Chris a stento. "Le stanno tutti addosso, devono lasciarla respirare...". Lo disse in modo composto e distante mentre lui la portava fuori, nonostante la resistenza passiva dei muscoli. 
"Usciamo..."
"Ma devono lasciarla respirare, le stanno addosso..."
"Jack, usciamo". 

Uscirono. Raul, stretto nelle sue spalle secche e nervose, si appese allo sguardo di Chris e spalancò gli occhi quando ricevette in risposta un gesto di desolazione muta. Jack continuava a voltarsi verso la porta, come se una forza indipendente la tirasse inevitabilmente verso quella stanza. Sally era diventata il centro di gravità, e lei non poteva fare a meno di pensare che se non l'avesse detto lei a quelli lì, di lasciarla respirare, non l'avrebbe fatto nessuno. Aveva gli occhi spalancati. 

"Siediti"
Chris la condusse sugli scalini della veranda e la spinse fisicamente a sedersi. Lei continuava a guardare dietro di sé, troppo stordita per opporsi alla guida sicura del più vecchio dei fratelli Barclay. E così, mentre lui la teneva seduta tenendole una mano serrata attorno alla spalla, Raul si chinò sulle caviglie di fronte a lei. Le mani le tremavano, Raul le prese. La chiamò due volte, cercando con pazienza di agganciare uno sguardo sfuggente, senza bussola. Jack. Jack. Jack gettò gli occhi nei suoi cercando un appiglio. Qualcosa nel suo respiro non andava, era breve e faticoso. Jack, respira. Jack, guardami. Raul le strinse le mani più forte, le fece quasi male. Ha solo vent'anni. Lo so. Ad un certo punto era giorno, il cielo era color turchese e non lo sporcava nemmeno una nuvola. Era una mattinata di dicembre più calda del solito. Eppure lei si sentì l'inverno dentro. Si piegò su se stessa come fanno le foglie secche, con le mani che le tremavano ancora e senza riuscire a respirare. Raul puntò un ginocchio a terra e la raccolse nelle braccia. Chris era lì, con le labbra strette e il cuore rattrappito. Impararono allora che nel dolore non regge nessuna dignità.


* * *

Raul accompagnò Jack a casa, mentre Chris e Cain - strappato alle gonne di una rossa del sud dalla notizia appena giuntagli - rimasero sui gradini della veranda di Henry e Sally. Era una tradizione di tutta la zona a ovest della Trinidad e, come ogni tradizione di cui si erano fatti arrogantemente gioco durante l'adolescenza, si era piantata nei loro cuori e tra le lenti con cui guardavano ogni cosa. Era una cosa semplice, e consisteva nel lasciare le persone sconvolte da un lutto recente da sole in casa con i cari più prossimi, rimanendo però subito fuori dalla porta a fare la guardia, in modo da raccogliere i cesti di cibo portati ai vedovi ed essere costantemente a loro disposizione. Era notte fonda da un po', e Cain tornò dal saloon più vicino con un mazzo di carte che stava già mischiando. La promessa di una lunga notte.

"Pensi che Jack starà bene? - chiese Chris, vagamente apprensivo. - non l'ho mai vista così" tagliò il mazzo.
"Si dice che la vita continua, no?" Cain si strinse nelle spalle iniziando a distribuire le carte con gesti rapidi da vero professionista dell'azzardo.
"Non lo so. Se ci pensi è una grande ingiustizia. La domenica mattina fuori dalla chiesa vedi sempre vecchie che sembrano avere cent'anni, e stanno ancora lì"
"Quando qualcuno muore non ti sembra mai giusto."
"E Henry, come ti aspetti che si ripigli? - continuò - e il neonato... venire su senza madre. E lei non aveva neanche una famiglia, se non gli zii a Madrida. No?" scosse la testa cupo e allargò a ventaglio la brutta mano che gli era stata consegnata.
"Well, all'avvocato toccherà fare il padre. Seriamente" nella voce di Cain c'era un accenno di inspiegabile risentimento. Buttò sul tavolo un quattro di cuori e ne pescò una dal mazzo. Iniziarono a giocare e continuarono in silenzio, per un po'. Erano distratti entrambi, ma ad un certo punto Cain lo diventò di più. Gettò le carte sullo scalino e sospirò a fondo. Si tolse il cappello e si passò una mano tra i capelli, mentre gettava gli occhi di un verde torbido sulla strada polverosa. Senza il sole faceva freddo.
"E' che a venti, trent'anni, uno dovrebbe pensare di essere immortale, no? - criptico - a me aveva fatto strano anche quando avevano detto che era incinta, per dire. Ma morire così, porca puttana..."
"Aveva un debole per te, lo sai no?" commentò l'altro senza pensare.
"Vaffanculo Cristobal" Cain si alzò in piedi con un movimento brusco.
"Che c'è?"
Nessuno rispose. Chris rimase sul gradino e Cain si avviò al saloon, che tanto era vicino. Aveva comunque l'impressione che il povero Henry non avrebbe chiesto niente, quella notte.


* * *

Jack rimase buoni due minuti dietro la porta socchiusa della stanza prima che Raul se ne accorgesse. Si tirò sul letto e andò a cercare i fiammiferi, una volta tanto senza avere il problema di Chris che si lamentava perché veniva svegliato dal suo agitarsi tra le coperte, come lo chiamava lui. Accese la candela sul comodino e la sollevò verso la porta, riuscendo ad intuire meglio i lineamenti di Jack con camicia da notte, calze di lana ascellari e un maglione terribilmente logoro e altrettanto caldo che suo zio le aveva regalato dieci anni prima, quando le arrivava ancora praticamente alle caviglie. Non le aveva mai visto gli occhi così rossi e le spalle così abbattute. 

"Non riesco a dormire da sola". 

Raul si spinse fino all'estremo limitare del letto e lei andò a mettersi accanto a lui, stendendosi supina e tirandosi le coperte fin sotto le occhiaie. Lui spense la candela e rimase scomodissimo nell'angolo più estremo di quel vecchio materasso sfondato ad una piazza scarsa, concavo al centro, con un paio di molle saltate che gli graffiavano le gambe tutte le notti. Jack non pareva provarne grande fastidio. Il modo in cui teneva le coperte tirate su il più possibile la facevano sembrare terribilmente spaventata dal mondo là fuori, per la prima volta nella sua vita. Per la prima volta nella sua vita si sentiva schiacciata dalla fatalità, inutilmente impotente. 

"Ti ricordi di quando si mise a lavorare all'emporio di Sutton?" lo sussurrò, come se avesse paura di svegliare qualcuno. 
"Aye, per rimpiazzare Darlene"
"Ay. E riorganizzò tutto in due settimane e Darlene tornò, ma tutti quelli che andavano all'emporio chiedevano sempre di Sally perché la preferivano?"

Risero in maniera stupida. Raul rischiò di cadere dal letto per quanto era sul bordo, e Jack si fece più di lato per fargli posto senza dovergli stare troppo attaccata. Lui non rideva spesso. Molta della gente che conosceva avrebbe detto in fede che non rideva affatto. Sembrava un ragazzo nervoso e sempre arrabbiato, insofferente. In verità era solo molto insicuro. "Sai come l'hanno chiamato?"
"Non so nemmeno se è maschio o femmina - Jack scosse il capo e la coperta le finì di nuovo sotto le ciglia lunghe e nere. - vorrei fosse morto il bambino al posto suo. Avrebbero potuto farne un altro" confessò spietatamente, con un filo di voce. Continuarono a guardare il soffitto nero: tutte le imposte erano sbarrate con una tale precisione da non far trapelare neanche un alito di luna.

"Qual è l'ultima cosa che vi siete detti?" chiese lei ad un certo punto, con una certa ansiosa urgenza. 
Raul ci pensò un po'. "Mi disse che se volevo potevo sentire il bambino che scalciava"
"E tu l'hai fatto?"
"No". 
Ancora un lungo momento di silenzio. Pian piano rilassavano i muscoli, si sfioravano in maniera più distesa, naturale.
"Perché non te ne vai mai, Ray? - lo chiamava così solo quando erano da soli - dici sempre che te ne vuoi andare ma non te ne vai mai"
Lo sentì sollevare le spalle.
"Sally diceva che è per me che resti". Si girò sul fianco e, anche nel buio, Raul si sentì gli occhi di lei puntati addosso.
"Forse non è un buon momento per parlarne, Jack" si crucciò.
"No, forse no". Convincerla era stato facile. Rimasero zitti ancora un po', poi la sentì che gli scivolava con la testa tra la spalla e il petto. 
"Ne... ne parliamo domani, okay?"
"Ay. Posso stare così?"
"Aye... certo, sì. Puoi stare così".
Stette così e dopo un po' si addormentò. Il giorno dopo si alzò presto e andò a dare il cambio a Cain e Chris. Finì che non ne riparlarono più.



Soledad "Sally" Rodriguez, 18/11/2482 - 23/12/2502


Raul Barclay. Shadetrack, 2502 (2480 - 2510)

Cristobal "Chris" Barclay, 2502 (2478 - )

Cain Rooster, 2502 (2476 - 2511)








sabato 22 dicembre 2012

my own kind of origins: los angeles de la guarda (1)



"Avete deciso come chiamarlo?" non poté fare a meno di far cadere un'ennesima volta lo sguardo sull'enorme pancia di Sally. 
"Se è maschio, Jonathan... se è femmina siamo indecisi tra Emily e Patricia"
"Patricia?" Jack storse le labbra.
"La madre di Henry" spiegò la ragazza, placida.
"Non è male, a pensarci - considerò mormorando - Pat"
"Patty"
"Che ha Pat che non va?"
"Che è da uomo" Sally scosse leggermente il capo. La gente lo diceva, e di solito non era vero. Lo era per lei, però: la gravidanza l'aveva fatta fiorire. I capelli castani erano diventati più morbidi, la pelle più luminosa.
"Come stanno i ragazzi?"
"They're fine. Raul giusto... è strano"
"Più del solito?" 
"A volte gli prendono dei momenti... non so. Inizia a dire che vuole andare via. Da quando aveva sedici anni. Che si sente in trappola, stronzate così"
"Jack..."
"Oh, scusa" si morse la lingua e tese un braccio per sfiorarle il ventre con la punta delle dita, come a scusarsi con il bambino.
"Insomma, inizia a dire... stupidaggini. Che ha bisogno di andarsene, di una via d'uscita. Di fuga, la chiama lui. Te l'ho detto che di solito viene a parlarmi nella mia stanza..."
"E io ti ho detto che non c'è niente di strano nell'addormentarsi vicini una notte su tre a parlare..." Sally sollevò gli occhi al soffitto stringendosi nello scialle di lana. Era un inverno particolarmente freddo, mentre la sua ironia era sempre tiepida.
"Insomma - Jack sorvolò - ad un certo punto mi ero stufata, e gli ho detto che se voleva andarsene, non doveva che farlo. Imbarcarsi su una nave e andarsene, e che o lo faceva o la piantava di lamentarsi..."
"Il tuo solito tatto"
"... e lui mi fa: magari ci sono altre cose che mi tengono a Sweet Waters. E io gli dico: e che cose sarebbero? E lui si è alzato e se ne è andato. E da lì ha preso ad essere più strano del solito"
"Non sei mai stata molto sveglia, in queste cose" considerò innocuamente Sally.
"Di nuovo?"
"Finché non mi darai retta"
"Ci conosciamo da una vita"
"E lui farebbe di tutto per te da una vita. Compreso non imbarcarsi su una nave, rimanendo a Sweet Waters"
"A una certa età uno dovrebbe togliersele queste cose di testa, no? Tu volevi lasciare Sweet Waters, e invece ora hai un lavoro che ti piace, e stai per metter su famiglia..."
Sally si strinse nelle spalle. Disse: "ogni persona è diversa, Jack".
Jack sospirò e affondò un po' nella poltrona sfondata. Henry e Sally non erano particolarmente ricchi, ma riuscivano a vivere in modo dignitoso: lei aveva preso in gestione la libreria di Mexican e lui, diplomatosi di recente, stava facendo praticantato da avvocato in uno studio poco lontano dal centro della città. Era un ragazzo allampanato, sottile e ossuto, con un naso importante e degli occhiali da vista molto spessi. Non aveva mai visto una coppia più felice di loro.
"I guess it's true - mormorò, e dopo pochi istanti si rimise in piedi un po' stanca. - ti saluto, Sal. Domani è una giornata importante"
"In bocca al lupo" disse lei sorridendo. Jack la baciò sulla fronte e si rimise il cappotto. Uscì dalla casa calcandosi lo stetson sulla testa.

* * *

Jack scese lentamente le scale della catapecchia che avevano preso in affitto a Mexican. Si erano trasferiti nove mesi prima, ossia due mesi dopo che Jack aveva compiuto diciannove anni. Il legno delle scale scricchiolava sotto la suola dei suoi vecchi stivali. Sentì il profumo del caffè prima di arrivare in cucina, e quando varcò la soglia vide Raul che ne sorseggiava lentamente una tazza bollente, poggiato con la schiena sullo stipite del camino. Chris si girava la seconda sigaretta della mattina, con un paio di occhiaie che gli arrivavano sotto il naso.

"Giorno"
"'morning" rispose Raul con la voce ancora roca. Lei prese il pentolino del caffè e se ne versò abbondantemente in una tazza sbeccata che aveva comprato una settimana prima da un rigattiere, vietando categoricamente a tutti i suoi coinquilini di utilizzarla. 

"Cain dorme ancora?"
Chris alzò le spalle senza neanche guardarla: "tornati tardi, ieri. Lui ha avuto fortuna" borbottò invidioso.
"Di nuovo?" chiese lei vagamente esasperata.
"Aye".

Jack inspirò a fondo l'odore amaro del caffè, poi poggiò la tazza e diresse verso la stanza di Cain, l'unica al piano terra. Bussò un paio di volte e non aspettò neanche l'avanti per spalancarla.

"Cain" lo chiamò a voce alta, guardandolo con una certa severità dalla soglia, con le braccia incrociate. Prima di lui si risvegliò l'esile ragazza bruna che gli si era addormentata affianco. Si tirò imbarazzata il lenzuolo fin sotto le spalle, guardando sdegnosamente Jack a occhi spalancati.

"Cain" ripeté lei, con calma.
"Mmmmh"
"Cain, muoviti. Dobbiamo incontrare Bart Madsen tra poco"
"Perché?"
"Lo sai perché"
"Ricordamelo"
"Cain..."

Cain aprì gli occhi e si mise le mani sulla fronte, come faceva ogni volta che si alzava con un mal di testa dopo una bella sbronza. 

"Mi sto alzando"
"Di corsa"

La ragazza richiuse la porta nel modo più rumoroso possibile e, scrollando le spalle, tornò a prendere il suo caffè. Si sedette a capotavola e spezzo con le mani un paio di gallette di riso che andò poi a intingere. Cain e la ragazza bruna uscirono dopo un quarto d'ora, lui con la camicia fuori dai pantaloni e lei con un vestito da sera, i capelli legati e una buona dose di vergogna sulla faccia. Rimasero tutti a guardarla per un po' come dei morti di fame guardano una torta lasciata a freddare su un davanzale, finché Jack non alzò gli occhi al cielo e provò a rivolgersi a lei con un minimo di delicatezza.

"Fai colazione con noi?"
"Non vorrei disturbare..."
"Non disturbi. Io sono Jack. Cristobal, Raul"
"Hey"
"'giorno"

Cain guardò persistentemente da un'altra parte.

"Jennifer... piacere" disse timidamente, sedendosi accanto a Jack. Cain si preoccupò di procurarle caffè e gallette, che lei mangiò spezzettandole in frammenti minuscoli che infilava compostamente tra le labbra.

"Com'è che Madsen sta a Mexican?" chiese Cain, vago.
"Sei incredibile" mormorò sua sorella, scuotendo il capo rassegnata. 
"Burroughs dei cavalli...? - provò a fargli ricordare Raul, altrettanto perplesso - che ci ha detto che aveva ordinato uno stallone e sarebbe andato a ritirarlo oggi...?" 
"Tipo il più grosso colpo di culo delle ultime settimane" semplificò Chris a beneficio dell'amico.
"Aaah. Ay, certo - riuscì a recuperare Cain, annuendo con una certa verve, per poi esibirsi in uno spontaneo slancio di galanteria - un altro po' di caffè, Jessica?"

Tutti fissarono le rispettive tazze.

"Jennifer..." corresse la ragazza, indecisa se essere gelida o tiepidamente imbarazzata.
"Jennifer, certo. Cosa ho detto?" provò a recuperare lui, versandole altro caffè.

Rimasero zitti per un po'.

"Cain mi ha detto che spostate mandrie... tutti voi, vero?"
"Aye" rispose Chris accendendosi la terza sigaretta. Jennifer tossì in modo leggero. 
"Mi ha detto anche che gli affari vanno a gonfie vele - sorrise in maniera delicata - in un periodaccio come questo, è una splendida cosa"
Chris si fece sfuggire una mezza risata sarcastica.
"Non è così?"
"Lo sarà presto - rispose Jack con calma, spezzando in due un'altra galletta - oggi prendiamo una commissione dagli Hanborne"
"Non c'è un sacco di concorrenza per la commissione dagli Hanborne?" chiese lei, tentennando appena. 
"Ay."
"E quindi... come farete a convincerli?"
Gli sguardi di tutti cofluirono in maniera apparentemente casuale verso Jack. Lei sorrise appena girando il restante caffè con un cucchiaio, in modo che si intepidisse.
"Abbiamo una buona idea - disse lei con la massima sicurezza - la migliore"

* * *

Arrivarono da Burroughs al galoppo, e Raul rischiò di passare sopra un paio di ragazzini in mezzo alla strada per la fretta. Jack e Cain no: con i cavalli erano agili come dei benedetti grilli e si lasciavano sempre una nuvola di polvere alle spalle. Quando tirarono le briglie dei cavalli, Burroughs li stava già aspettando fuori a braccia conserte, insieme a Ramon Guzman e Jim Clayton. Il primo era un ragazzo con l'entusiasmo facile e un umorismo vagamente infantile che gli faceva voler bene da tutti. Jim Clayton, invece, aveva l'età di Cain - quasi ventisei anni allora -, aveva le spalle grosse e un'incredibile propensione a ficcarsi in ogni guaio possibile. Non era troppo svelto a cavallo, né ci sapeva fare con le mandrie: aveva fatto lo scaricatore per anni e ad un certo punto si era stancato. Cain aveva deciso di prenderlo perché un armadio a due ante di quel tipo avrebbe fatto comodo alla loro immagine pubblica. Ramon invece aveva un occhio particolare per i manzi e si era reso conto che sarebbe potuto crescere. Insomma: erano entrambi in società con loro.

"Dov'è Madsen?" chiese Jack prima che il resto del gruppo potesse anche solo realizzare che non fosse lì.
"L'avete mancato" rispose Burroughs, poco preoccupato, scoprendo un paio di denti marci.
"Che vorrebbe dire?" Jack allargò lo sguardo sui due soci.
"Abbiamo provato a trattenerlo - intervenne Ramon - ma non ha sentito ragioni, dice che andava di corsa"

Jack fece ruotare il cavallo su se stesso e alternò lo sguardo sui vari presenti, incredula. Ma lo fissò su Cain.

"Ti rendi conto che è colpa tua, ay?"
"Mia?" si difese lui.
"E di chi?"
"Come sarebbe a dire?"
"Se non ci avessi fatto perdere tempo con la tua fottuta amica..."
"Sei tu che l'hai invitata a colazione!"
"E che cazzo dovevo fare, dirle che sei uno stronzo e cacciarla di casa?"
"Well, why not?"
"Perché se lo facessi con tutte quelle che ti porti al letto adesso avrebbero già fatto un fottuto comitato per ammazzare te prima e me poi!"
"Hai dei problemi con la mia vita privata, cub?"
"Puoi scommetterci il tuo culo grosso che ce li ho, i problemi! Quella è casa mia quanto tua, eppure non devi stare a sentire il mio cazzo di letto che cigola tutta la notte, tutte le notti, mi pare!"
"Non è un problema mio se tu non--"
"NON OSARE!"
"E poi con questa è diversa, mi piace, la voglio sposare, farla diventare Jessica Roos--"
"SI CHIAMA JENNIFER!"

Chris scivolò con il suo cavallo tra loro due, onde evitare che si prendessero a schiaffi dalle rispettive selle. Più o meno mentre Jack si stava adoperando per spingersi fino alla sella di Chris in modo da poter saltare più agevolmente al collo del fratello, Soledad "Sally" Rodriguez li raggiunse a passo spedito, tenendosi l'orlo della gonna alzato fino alle caviglie e una mano sul ventre gonfio di otto mesi di gravidanza.

"Jack!" la chiamò, e Jack rischiò di scivolare sulla staffa che stava usando come perno per slanciarsi oltre Chris.
"Sally?"
"Non dovevate incontrare Bart Madsen, oggi?"

Sally si aggiustò i capelli. Conosceva i Rooster e i Barclay da anni, ormai, e aveva recuperato i rapporti quando si erano trasferiti a Mexican.

"Aye... l'abbiamo perso" disse Jack con la gola quasi annodata.
"L'avevo immaginato... l'ho incontrato con Henry mezz'ora fa, sulla strada. Il padre di Henry lavorava per il ranch degli Hanborne e lo conosce..."
"Damn. Ci siamo giocati il fottuto lavoro della nostra vita" Jack imprecò contro una serie di entità più o meno divine.
"Secondo me potete recuperarlo... ha detto che era diretto al valico, se correte - suggerì, e conoscendo Jack si preoccupò di togliersi di mezzo - lo anticipate e riuscite a beccarlo". 
Gli occhi di Jack si fecero enormi.
"Sally, sei il mio àngel de la guarda" disse, e un attimo dopo non era più lì.

* * *

Gestendo le commissioni del ranch più grande e più influente di tutta Sweet Waters, Bart Madsen era un uomo discretamente potente e piuttosto ricco. Nonostante ciò non aveva mai abbandonato uno stile di vita semplice, rifiutando stoicamente tutte le comodità a cui persone con molti meno soldi di lui si erano abituate. Non era ingrassato. Non andava in carrozza ma ancora a cavallo, anche per percorsi estremamente lunghi e stancanti. Alla veneranda età di cinquantacinque anni, aveva ancora nelle gambe la muscolatura nervosa dei cowboy, e lo stetson sulla testa gli gettava in ombra dei grigi baffi spioventi tenuti con poca cura, ma che gli donavano una certa altera dignità senile. Ed era ancora attento a ciò che gli accadeva attorno: quando due giovani e una ragazza gli piombarono ai fianchi, ognuno sul rispettivo cavallo, li aveva già sentiti arrivare da mezzo miglio di distanza, e si era preoccupato tirare indietro il cane del revolver che portava al fianco. Voltò il cavallo. Jack, la più leggera e la più veloce, sollevò le mani continuando a guidare il cavallo con le sole gambe, seguita da Cain e Chris. "Mister Madsen - Cain si portò avanti - sono Cain Rooster. Questi sono mia sorella Jack e Cristobal Barclay. La cercavamo per parlare".
Bart Madsen tenne a freno il cavallo. Abbassò il cane del revolver, ma continuò a tenere morbidamente la mano sul calcio. Ricordò per un attimo il suo vecchio che diceva non fidarsi è meglio. Era una lezione che aveva rimparato ogni giorno, da allora. La vita era sempre stata prodiga di lezioni.

"E di che vorreste parlare, ragazzini?" mosse le labbra sotto i baffi.
"Della commissione per gli Hanborne, signore. Vogliamo proporci" Cain fece avanzare di un paio di metri il cavallo. Considerò la mano di Madsen ancora sulla pistola. Non si avvicinò oltre.
"Avete esperienza?" 
"Sissignore. Abbiamo iniziato spostando mandrie per la Deepmotte Farm, oltre la valle. Abbiamo preso commissioni dal Mitchell Ranch, a ovest. E dagli Olmos, anche"
L'uomo aggrottò le sopracciglia: "le bestie degli Hanborne sono cinque volte quelle di qualsiasi ranch da questa parte della Trinidad, ragazzo. E noi abbiamo già un paio di gruppi fidati, che conosciamo bene. Che sanno gestire le nostre mandrie"
"E dove le portano a pascolare, le bestie, signore? - incalzò - tra gli affluenti dello Shenandoah, scommetto. Spazi stretti, e dicono che il Lincoln quest'anno ha comprato metà di quelle zone. Dovrete minimo spingervi tra le montagne, signore. E tra Monte Cobrero e Monte Fuerte si sa quanti animali si perdono. Dio sa se ce ne sono, di lupi. Di ogni genere"
"E perché, voi dove li portereste?"
"Noi li portiamo alle Cattlestand Plains, signore"
"Alle Cattlestand Plains? - Madsen rise forte e poggiò entrambe le mani sul pomolo della sella - e avete intenzione di volare sulla foresta, Rooster?"
"Nossignore. La attraverseremo" 
"Allora tutta la gente che ha desistito deve essere pazza, o stupida - scrollò il capo - nay. Non ci sono sentieri, nella foresta. Arrivi dall'altra parte con metà delle bestie con cui sei partito."
"Noi avremo un sentiero, signore"
"E come? Andrete ad abbattere gli alberi uno per uno?"

Cain aggrottò le sopracciglia e inspirò a fondo, alzando le spalle. Si voltò verso Jack che era rimasta indietro e la guardò. Lei si sentì all'improvviso a disagio ed evitò il suo sguardo, scuotendo leggermente il capo nel contempo. Cain spostò lo sguardo su Chris, che prese a parlare al posto suo.

"Non noi, nay. - disse con la spigliatezza tutta sua. Montava un palomino dorato che aveva domato a forza - i taglialegna lo faranno. E' inverno, inizieranno a buttare giù gli alberi contrassegnati"
"Gli alberi malati, Barclay"
"Gli alberi contrassegnati, Madsen. Noi abbiamo un contatto con quello che li coordina, e ci spianerà il terreno dove gli diciamo noi" era una bugia ben raccontata. Avrebbero lasciato passare quelli che contrassegnavano, poi sarebbero andati nel bosco con secchi d'acqua, vecchi stracchi e gessetti bianchi, a rimischiare il mazzo a loro favore.
Madsen sembrò pensarci. Aveva colto lo scambio di sguardi e rimase con gli occhi su Jack per un po'.
"Well kids. Ci pensero, ay? - Madsen si sfiorò la visiera dello stetson e voltò il cavallo - mi faccio vivo io" garantì con poca convinzione e, senza neanche aspettare risposta, spronò l'animale a proseguire.

Si lasciò dietro tre giovani sui venti che si guardavano spaesati. Il cavallo di Jack percepì una certa tensione, si agitò. La tenne ferma tirando le briglie e saettò uno sguardo smarrito verso Chris, poi verso suo fratello.
"Cain..." disse piano, con una certa urgenza.
"Aye, sto andando" rispose lui cupamente, e spronò il suo cavallo fino ad andare ad affiancarsi a quello di Bart Madsen.

"Devi avere le orecchie foderate o una testa molto dura, ragazzo"
"So che questo lavoro lo possiamo fare meglio di chiunque altro, signore"
"Ay... con una donna nel gruppo? Che vi salta in testa?"
"Jack fa questo lavoro da quando ha sedici anni, signore"
"E' una ragazza, Rooster. Sono cose fragili, e non è un lavoro per cose fragili, quello che fate voi. Mi vuoi far credere che non si è mai fatta male?"
Cain si scurì. Gli apparse davanti agli occhi l'immagine di sua sorella a terra, con le costole fracassate e la testa sanguinante. Fu solo un momento. "Tutti ci facciamo male, signore. Jack ha la pelle dura"
"Immagino"
"Con tutto il rispetto, signore, non credo che lei immagini davvero. - scalciò i fianchi del cavallo e lo mise in mezzo alla traiettoria di Madsen, costringendolo a fermarsi. L'uomo sollevò il mento e inspirò a fondo dalle narici. A dispetto delle apparenze, Cain Rooster era un ragazzo ostinato. E aveva degli occhi che ti passavano da parte a parte. Da sempre - Jack ha sempre lavorato il doppio per dimostrare che poteva stare al passo. E se non fosse per lei, staremmo ancora a spostare le dieci mucche dei Deepmotte, a quest'ora. Tutti noi. E' una seria, nessuno si è mai lamentato del suo lavoro, né del nostro. E sa bene anche di partire in svantaggio rispetto a tutti gli altri. Ma l'idea per passare nel bosco è sua. E voi sareste i primi a sfruttarla." 
Madsen fece per aggirarlo.
"Non pagateci"
Madsen alzò le sopracciglia.
"Se perdiamo anche solo un capo di bestiame, non ci pagate" esplicò con più precisione, maledendosi nel momento esatto in cui pronunciava quelle parole.
"Seriously?"
"Aye."
Madsen rise piano e scosse il capo.
"Hai appena concluso un affare, ragazzo"

sabato 8 dicembre 2012

my own kind of niece



"Oh, che fai?"

Jack si chinò un po' di più con le spalle sul fuoco, tentando di combattere il freddo. Se nella tenda avesse avuto luce e riscaldamento, l'avrebbe preferita di gran lunga al falò con gli altri.

"Una cosa"
"Che è, una mucca?"

Non era una mucca. Era un cavallo. Un cavalluccio di legno, per la precisione, un giocattolo. Un soprammobile. Ci aveva messo due giorni per trovare il pezzo di legno perfetto. L'aveva sottratto al fuoco, con grande disappunto dei compagni.

"E' un cavallo"
"Aaaaah, ora lo vedo, yae. E che lo fai a fare?"
"Per una persona"
"E che persona?"
"Una ragazzina. Lo spedisco alla prima stazione postale che incrociamo"
"Non sapevo avessi una figlia"

Jack si strinse nelle spalle. Faceva un freddo porco. Come l'inferno all'incontrario, dicevano a Sweet Waters.

"Non ce l'ho. E'... una nipote. Una specie. Nata da poco"
"Nice... congratulazioni. Com'è che si chiama?"
"Cecilia V. J. Ritter Sterling"
"Un nome impegnativo"
"Abbastanza"
"V. J. per che sta?"

Jack scosse il capo.

"Che ne so. Vallo a capire che cazzo gira nella testa dei genitori"

Sorrise involontariamente mentre da sotto la lama sottile del coltellino iniziavano a spuntare le gambe dell'animale. Soffiò via la segatura e lo rigirò tra le dita, davanti agli occhi. 

"Bisogna trovarle un soprannome" ragionò ad alta voce.

"Mh?"
"Un soprannome. Altrimenti ogni volta che la chiami si fa notte. Una ragazzina ha bisogno di un nome rapido, per venire su bene. Disciplinata."

"Che ne dici di Cece?"
"Mmmh..."
"Cecil?"

Jack si passò la lingua sul labbro inferiore, sentendola congelare un attimo dopo. Freddo fottuto.

"Pensavo a Chuck"



martedì 4 dicembre 2012

my own kind of warriors

"E' arrivata adesso una cortex wave"

Jack Rooster balzò nel sacco a pelo e prese la pistola. Era un movimento automatico, dai tempi della guerra: se qualcosa ti sveglia all'improvviso, non è mai una cosa buona.

"Oooh, calmati"
"Checcazzo, è ancora notte..."
"Tra due ore sorge il sole"
"Ho una certa età, per dio..."

Si tirò su, protetta dalla tenda improvvisata. Sentì il freddo gelido nel momento esatto in cui tirò le braccia fuori dal sacco. Guardò male il suo interlocutore. Era un ragazzino di nemmeno venticinque anni, con le guance rosse e la barba tenera.

"Porco mondo...
- borbottò - cos'è che dice quest'onda?"
"La Corona Hunting League... o comesichiama"


Improvvisamente fu più attenta. Nonostante gli occhi impastati e il brutto sapore di alcol scadente che aveva dietro il palato.

"Buttata giù, tutta. Con dentro i fottuti corer."
"Ci sono morti?"
"I corer, ti dico. Dozzine"
"Non me ne frega un cazzo, dico morti nostri"
"Nee. Hanno solo catturato uno"
"Dice chi?"
"Nee. Dice che hanno fatto la rivolta, però. Guidati da un certo Ronvald, Ronland..."
"Rognvaldr"
"E che ne sai?"


Jack Rooster si passò le mani sul volto e sospirò a fondo. Buttò la schiena all'indietro, di nuovo separata dal terreno da uno spesso strato di tessuto termico.

"That's my boy"
mormorò.