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venerdì 21 novembre 2014

(my own kind of song for Red Wright)


Sweet Waters, Shadetrack
Quella che fu Madrida, a ovest del Toledo River.

La posta a Shadetrack arriva una volta ogni due mesi, quando arriva. Hanno fatto una colletta per i materiali con cui Sterling ha rimesso insieme un vecchio light cruiser buono a reggere fino allo skyplex più vicino, dove raccoglie tutte le lettere e i pacchi diretti a Sweet Waters. Sono parecchi: di satelliti dedicati non ne hanno ed è difficile che il segnale cortex arrivi a più di un decimo di pianeta. Sharpe ha finito il suo turno di notte e ha dato il cambio a Chris Barclay. Si sono scambiati il fucile (ne hanno pochi, ma ben tenuti) e il 'tracker le ha detto che sono arrivate brutte notizie, non sa che notizie esattamente. Che tutti dormono. Che Bolivar e i loro figli dormono, che Ritter e Sterling dormono, che André e John e Sam e Maryanne e Sean Rooster, figlio di Cain Rooster, che ormai è quasi un uomo, e Cecilia Ritter che non è più una bambina, e tutto quell'esercito di spiantati e disperati alla ricerca di un posto dove stare e che continuano a chiamare Jack ammiraglio

Ammiraglio.

Sharpe la trova nella sala bassa della casa principale, seduta di fronte al camino acceso, con il suo cane tra le braccia, avvolto dalla coperta più calda che ha tolto al suo letto. Acab respira con la fatica della vecchiaia, il pelo una volta bianco ha ormai perso di lucentezza, e anche dal suo unico occhio non riesce a distinguere più nulla. Una vita di servizio e fedeltà l'ha reso esausto, ma anche Jack Rooster si conta addosso le sue rughe. Se vivi su un pianeta distrutto, non vivi a lungo. Sharpe le si va a sedere accanto.

"Ti ricordi quando l'abbiamo trovato?" E' la prima cosa che Jack le chiede, ma sa la risposta. "In una nave alla deriva, nel vuoto. Ultimo sopravvissuto. Tutti quelli che stanno qui sono come questo cane: gli unici sopravvissuti di qualche strage. E' per questo che abbiamo perso la guerra di Polaris: quando loro dicono l'ultimo sopravvissuto, parlando di quello che è ancora vivo, quando lo diciamo noi, parliamo di quelli che sono morti. La sconfitta ce la portavamo dietro dalla prima fucilata."

Sharpe osserva il cane. E' un mezzo lupo con i denti ancora buoni, nonostante il tempo. Non si è mai lasciato toccare facilmente, e lei tende la mano per fargli finalmente una carezza. Poi la ritira: chi muore ha diritto a morire come è vissuto. Anche le bestie.

"Questi qui sono ancora vivi, ammiraglio, e magari sarebbero tra i morti se non fosse per te. Tutti vivi che vogliono restare vivi. I tuoi figli avranno figli loro, un giorno - Susan Patricia e Samuel."
"Pete ha gli occhi di suo padre, e la testa. Quando vede una cosa storta le si pianta dentro e non ha pace finché non la raddrizza. Mi preoccupo per lei. Mi preoccupo per Bolivar, anche."
"Tu ti preoccupi per tutti."
"Ci conosciamo da quanti anni?"
"Da prima che facessi salire a bordo questo cane."
"Hai passato una vita al timone di una nave e mi hai seguito qua dove puoi pilotare a stento i cavalli."
"Sono invecchiata, ammiraglio. Uno non può essere un soldato per tutta la vita."

Jack Rooster, anni prima, era convinta che lo sarebbe stata. Accarezza Acab dietro le orecchie e ricorda di quando passò settimane accucciato ai suoi piedi mentre lei combatteva per restare viva, continuare a respirare. La sua pelle è sempre stata dura come il nodo delle conchiglie che trovi in riva al mare. Ma Jack l'ha visto raramente, il mare.

"Red Wright è morto a Fargate."

Lungo la schiena di Sharpe si arrampica la desolazione. Il migliore pilota della Resistenza è morto nell'inferno di Fargate. Jack percorre con le dita il muso del suo cane, e non ha il coraggio di dire che avrebbe potuto scommettere ogni cosa che Red Wright, almeno Red Wright, sarebbe stato la persona che sarebbe uscita fuori da Fargate viva. L'ultimo sopravvissuto. Aveva chiesto a Chris se sarebbe riuscito a costruire un altro pezzo di casa grande abbastanza da accogliere una famiglia di tre. 

"Non ho voluto svegliare nessuno. Dovrò dirlo a Sterling, e a Bolivar. A John... a Chuck. Quando lo dirò ai miei figli non sapranno neanche collegare una faccia al suo nome. Abbiamo passato cent'anni sulla Almost Home, ma ora io sono a casa, a Red Wright che è stato catturato sotto il mio comando-- non ci è mai tornato."
"La guerra uccide le persone, ammiraglio. L'ha sempre fatto. Red Wright lo sapeva, ed era pronto a morire per la causa."
"Non è morto in battaglia. Almeno questo glielo dovevo: farlo morire combattendo."
"Non sai com'è morto. Di battaglie ne combattiamo ogni giorno."

Jack smette di respirare insieme ad Acab, rimane sospesa nel vuoto per un istante lunghissimo. Quando il mezzo lupo muove il petto in un respiro profondo, lei fa lo stesso, con un sollievo temporaneo. Lo copre meglio quando lo sente gemere di dolore.

"E' tempo, ammiraglio. Dovresti abbatterlo."

Forse dovrebbe. E' la cosa umana da fare: suo zio aveva fatto così con tutti i suoi cavalli vecchi o con le zampe rotte, dopo averli salutati. Se si sfogliava indietro poteva ancora trovare il suono del suo fucile, l'odore della clemenza che era uguale a quello dello xentio. Jack si china col busto su Acab. Gli poggia le labbra sul fianco, ad occhi chiusi, percependone il respiro. Pensa a Red Wright e a come non sia mai andata a trovarlo, perché il viaggio era troppo lungo. A come non gli abbia scritto, perché temeva che loro sarebbero riusciti a rintracciarla, ad arrivare al suo angolo di pace così remoto - o forse perché non aveva abbastanza cose da dirgli, perché si vergognava a parlargli di come Pete avesse gli occhi blu di Bolivar e Samuel l'aspetto e l'odore di suo fratello. Di come crescessero forti e determinati, con due genitori accanto, mentre suo figlio cresceva senza un padre a Saint Andrew, e tutto per colpa sua. Pensa a tutte quelle cose rimaste incastrate nelle reti della loro educazione spartana, rimmer, mondi e vite in cui nessuno li aveva abituati ai sentimenti. Ad avere pazienza per gli addii.

"Possiamo farlo adesso, prima che i ragazzini si sveglino."

Jack solleva il busto, scuote il capo con energia, ostinazione. 

"No", con lo stesso tono con cui dava gli ordini quando era davvero un ammiraglio.
"Non ancora."

* * *


Due giorni dopo, fanno un grande funerale in cui indossano il browncoat. I giovani piangono Acab e i vecchi piangono Red Wright, ma ci sono alcuni giovani che piangono Red Wright e alcuni vecchi che piangono Acab, ma ciò che è certo è che in ogni cuore piantano una croce in più. Ne piantano due anche dietro la casa: Jack Rooster dà al suo cane e al suo pilota posto accanto alla sua famiglia, anche senza un corpo. Bolivar e André la aiutano a scavare mentre Sterling dà un pugno sul naso di Ritter e fa ridere i ragazzini, per dimostrare bene il rapporto affettuoso che avevano suo marito e Wright. Ognuno racconta la sua storia su Red, ognuno si prende il suo tempo per aggiungere un pezzo alla memoria collettiva. Chuck, che lo conosceva e lo chiamava ancora zio Red, la sera va da Jack e con l'espressione scura le chiede: come è morto?
Jack le bacia la fronte. Le risponde: combattendo. Sa che è la verità.

lunedì 30 settembre 2013

my own kind of kite flier



Almost Home. Jack ha passato mezz'ora a decidere se indossare un vestito o i pantaloni. Ha valutato quello regalatole da Sam, ma vestirsi di bianco al matrimonio di qualcun'altro è di cattivo augurio (glielo diceva sempre sua madre). Allora ha sfiorato con le dita l'abito lungo, beige, che si è messa per celebrare l'unione Ritter - Sterling. Poi sono arrivate le notizie sulla fine delle trattative. Ha inspirato a fondo e ha sentito odore di guerra. Per qualche motivo, ha scelto dei pantaloni integri, una camicia stirata, un gilet nuovo. 

Ha i capelli raccolti in una treccia e ha appena finito di pettinare Cortes. Sosta in piedi sull'uscio delle docce. Con le braccia conserte e una spalla contro lo stipite, osserva Bolton sistemarsi la cravatta di fronte ai grandi specchi. L'unico occhio si ferma sul riflesso del capitano, ma solo per un istante: poco dopo è di nuovo occupato ad aggiustarsi il nodo. Ha qualche difficoltà.

"Mi è appena arrivato il nome del tuo rimpiazzo". 

Bolton alza il mento e inspira a pieni polmoni, dilatando le narici. Scioglie il nodo, ricomincia daccapo. La parte larga passa sopra quella sottile, quella sottile si ripiega su quella larga... no, qualcosa non va.

"Alcune persone sono fatte per prendere calci in culo dalla vita finché non crepano, capitano. E quando vivi così quarant'anni quasi, pensi che va bene".

Jack rimane ferma sulla porta. Ha un'espressione calma e arresa, e una malinconia antica le paralizza gli occhi spenti.

"Non prenderla male, capitano: io ci credo molto in quello che state facendo. Ma prima di tirare le cuoia vorrei fare qualche cosa anche per me medesimo. Non so se mi spiego. Cristo."

Impreca e sbuffa, sciogliendo di nuovo il nodo che gli è uscito male. Jack si stacca dalla paratia e si avvicina con calma, sospirando piano. Lui si volta verso di lei e alza di nuovo il mento. La lascia mettere le mani al pezzo di stoffa, all'improvviso considerando che, se Jack Rooster sa sistemare una cravatta, forse in vita sua ha conosciuto qualcosa di diverso dalla guerra. In vita sua. In un'altra vita.

"Red, Dio l'abbia in gloria, crede in tutti quei santi strani, che gli dicono che è meglio morire ammazzati in battaglia che nel tuo letto, con una donna onesta. Ora che non ci sarò più io, qualcun'altro dovrà ricordargli che ha una famiglia di cui occuparsi"

"Penso che questo lo sappia già"

"Ma devi dirgli che a volte è meglio un po' di disonore, se ti permette di non far finire tuo figlio orfano. Devi dirglielo tutti i giorni"

Finito il lavoro, Jack spazzola con le mani le spalle della giacca di Bolton, ne sistema i risvolti. Alla fine fa tre passi indietro e si mette le mani sui fianchi, guardandolo a figura intera. Lui tira su col naso e si sistema più dritto, più fiero.

"So. How do I look?"

Jack sorride piano e scuote appena il capo. Aggancia morbidamente gli occhi allo sguardo monoculare del pilota. 

"Just about right."


 * * *

La pioggia è quasi sparita e il sole è tramontato da un po', lasciandosi dietro un cielo non ancora del tutto spento. Sterling e Ritter ballano, e Haggerty sgomita Eivor per farsi rispiegare come si fa ad essere un corer saccente come Ritter e avere quell'enorme naso ancora dritto, intatto. Il rim deve sembrare un posto strano e brutale per chi non ci è nato. Jack si è sorpresa di vederlo con soltanto un occhio nero.

Lei si è presa i bambini. E' per terra, in ginocchio, e uno stuolo di infanti è raccolto a drappello insieme a lei. I più piccoli (i nuovi gemelli della premiata ditta Ritter-Sterling) si rotolano nella terra senza ben capire cosa stia accadendo. Cecilia si è guadagnata un posto alla destra del capo, e tiene un ginocchio poggiato a terra mentre si gratta il mento con una mano, sulla faccia un cipiglio da generale. Olvir, Hust, è sotto l'ala sinistra. Lelaine è l'unica in piedi, e guarda il motivo d'interesse da sopra una spalla di Jack, con un'asciutta attenzione analitica.

Il motivo d'interesse è un aquilone. 

"Ma poi che fa?" obietta Hust, ciancicando le parole, senza ben cogliere il motivo di tanta concentrazione da parte di tutti.

"Lo fai volare" spiega Chuck, spazientita.

"Come papà?" il ragazzino spalanca gli occhi, pieni di meraviglia.

"Proprio come papà" risponde Jack prima che Chuck possa replicare con quella terribile spocchia (tutta suo padre).

"Lo avete montato al contrario" fa notare timidamente Lelaine.
"Zitta, scema" replica la sorellastra.
"Chuck!"
"Scusa"
"Non a me"
"Scusa Lelaine".

Che poi ha ragione: lo hanno montato all'incontrario. Jack dispone ognuno a un angolo diverso, e a ognuno consegna un lembo di stoffa rossa da tendere e tirare, mentre lei fissa un'estremità. Chuck la imita di nascosto, e quando ha finito con successo solleva entrambe le braccia e chiama zia Jack per farsi dire che è brava. Continuano il lavoro, visitati di tanto in tanto da un altro adulto dubbioso. Ognuno ha un parere diverso sul perché l'aquilone non sembra affatto un aquilone, montato così. Desistono tutti dopo il primo grugnito dall'ammiraglio, ma poco dopo anche la maggior parte dei bambini ha perso interesse, e si annoia (o dorme per terra, come i due gemelli).

Chuck no. Chuck non si considera una bambina, per cui rimane saldamente al fianco della zia, seguendo scrupolosamente le sue istruzioni anche quando sono contrastanti. Fanno e disfanno l'aquilone almeno tre volte.

"E' vero che sta arrivando la guerra?"

Jack si rabbuia. Solleva lo sguardo su Cecilia e la guarda di sottecchi, indecisa.

"Temo di sì, Chuck".
"Tu l'hai già fatta la guerra?"
"Aye."
"E com'è?"

Jack esita. Tira su col naso e spazzola il lembo rosso di stoffa tesa con le mani.

"E' difficile."
"Per i codardi, no?"
"E' difficile anche per i coraggiosi, kiddow"

Tende un quarto di sorriso piuttosto tenue, e la bambina non se lo lascia sfuggire.

"Voglio combattere anche io. Papà dice che non posso."
"Dovresti ascoltarlo"
"Ma io posso! Voglio fare la pilotessa, come zia Ed e zio Red!"

Jack si mastica una guancia. L'aquilone, all'ennesimo tentativo di costruzione, sembra solido. Vi lega lo spago arrotolato attorno a un pezzo di legno levigato e alza gli occhi sulla bambina in attesa, valutandone gli occhi accesi.

"Vuoi fare la pilotessa"
"Sì"
"E far volare le navi?"
"Sì".
"E allora la prima missione è questa - si china in avanti, in aria di confidenza. Chuck trattiene il respiro. - fai volare l'aquilone".

La prende sul serio, perché la successiva mezz'ora è tutto un correre a destra e a manca, cercando l'angolo giusto di prato. Quando finalmente trova il soffio di vento perfetto, e lo fa sollevare, gli occhi di tutti si alzano al cielo. Cecilia tiene saldamente le redini dell'ala rossa, nonostante gli strattoni potenti che ogni tanto sembrano destinati a farla ruzzolare. Non si arrende mai, però, con un'ostinazione che ha imparato dagli adulti che la circondano.

Quegli stessi adulti sollevano le mani, ridono e applaudono. Hust guarda in alto a bocca aperta, e dopo un attimo va appendersi alle spalle della zia, ancora seduta per terra.

"Guarda! - urla pieno di meraviglia - guarda! Come papà!".




lunedì 15 aprile 2013

my own kind of love


Una Red Hawk mi ha spalancato il petto, ma il cuore me lo aprono poche cose. 

Eir Sterling e Ritter che abbracciano loro figlia perché loro figlia li riconosce nonostante tutto. Ci penso mentre li lascio come in posa per una bella fotografia. Penso che alcuni legami sono così forti che non li può spezzare niente, neanche un bambino che cresce e dimentica presto, un padre tossico, una madre alcolizzata, un destino segnato fin dalla nascita e una vita tra navi spaziali e bettole safeportiane. Il sangue è più denso dell'acqua, diceva mia madre.

Penso ancora, e all'improvviso penso che è ora per me di tornare a casa.


there is a town in north Ontario
with dream comfort memory to spare,
and in my mind
I still need a place to go
all my changes were there

blue, blue windows behind the skies
yellow moon on the rise
and big birds flying across the sky
throwing shadows on our eyes
leave us

helpless, helpless, helpless
baby can you hear me now?
the chains are locked
and tied across the door,
baby, sing with me somehow

sabato 23 febbraio 2013

my own kind of loose cannon


E' bellissima.

E' una roba minuscola, con la pelle che sembra una pesca e il profumo di una cosa nuova e pulita. Anche se la madre se la tiene nella sala macchine, dove non dovrebbe stare, e la fa dondolare con un fagotto appeso ad un gancio. E quella si diverte.

Chissà come diventerà da grande. Un padre tossico e una madre alcolizzata che la amano più della loro stessa vita. Un'infanzia da non registrata, passata a Safeport nel migliore dei casi. Se Ritter si ripulisce, come dice di voler fare, e lascia quella banda di scalmanati con cui viaggia, potrebbe trovarsi un posto a Greenfield e tenersela lui, la bambina. Non vedrebbe la madre quasi mai, ma potrebbe crescere con i cavalli e il cibo vero, e fare una vita decente, e - Dio voglia - non conoscere mai la guerra in vita sua.

Sarebbe bello che vivesse in pace. Sarebbe bello vivere in pace. Speravo di aver trovato un po' di tranquillità, quando sono tornata, quando ho visto lei per la prima volta. Da quando la mia vita ha iniziato ad essere come stare perennemente sul ciglio di un burrone? L'unica pace che trovo è sul fondo di un tubetto di painkillers. Ho letto l'etichetta, le scritte piccole, che dicono come l'abuso possa portare a interruzione della respirazione, coma, dipendenza, overdose, morte.  

Non è più neanche una questione di dolore. E' come mi pulisce la testa e rende ogni cosa lenta e trasparente. All'improvviso non ho più bisogno di ordine. Ogni problema posso rimandarlo, ogni incubo scompare. Scivolo in un sonno pesante e senza sogni, senza gli incubi che mi hanno tormentato per anni. Senza la puzza di morte nelle narici e un vetro tagliente piantato in mezzo al petto. Divento pesante. Scivolo fino al cuore della terra.

Dura quattro, cinque ore, poi è di nuovo l'alba. Ogni cosa mi torna nella testa spinta a martellate. Abbiamo così pochi soldi che tra un po' non ce ne saranno più neanche per pagare le provviste e gli stipendi. Non so fino a dove posso spingermi con la Almost Home e non ho macchinisti non ricercati dai bluejacks. Non ho detto a nessuno dell'equipaggio della fuga di informazioni. Fuga di informazioni: tanto vale ribattezzarla Eir Sterling. So che non lo direbbero in giro. Ma se lo facessero? Se lo venisse a sapere Renshaw? La fucilerebbero. Me lo ripeto da giorni, settimane: la fucilerebbero. La immagino fucilata. Chiudo gli occhi è c'è lei quell'infinito numero di volte che l'ho raccolta da terra ferita e sanguinante.

E' un problema, non posso far finta che non sia un problema. Non posso far finta che Quinn Thomson non sia una minaccia per tutti noi. Lo ha ripetuto allo sfinimento, Eir: ha sempre saputo e non ha mai detto niente. Ma il giorno che faremo qualcosa che non le piace? Il giorno che cambierà idea, il giorno che lo confiderà a qualcuno meno discreto di lei? Quinn Thomson a piede libero vuol dire una mina inesplosa nascosta appena sotto la sabbia. 

Ma non indossa una giacca blu. E' una ragazzina che si lamenta, ma non indossa una giacca blu. E' una mina sotto la sabbia, ma non mi ha mai puntato una pistola contro. Che persona sono? A vent'anni non avevo mai ucciso un uomo in vita mia. La guerra ti sfigura dentro, ma per quanto sia un ammasso di pezzi staccati e morsi ho sempre voluto pensare di conoscere cosa sia la vera giustizia e saperla applicare. Uccidere i nemici... quello è un conto. Tutto un altro conto. Ma uccidere per proteggere la tana... 

Forse non mi è rimasto davvero niente, e mia madre non mi riconoscerebbe oggi. Sono un coyote più di quanto sia un essere umano.