domenica 29 aprile 2012

my own kind of falling out of love


"Abbi fiducia in me"


Litigare, urlare, perderci il sonno, cercare di aggiustarlo, crederci un minimo.

E' tutto inutile. Lui resterà il mago che non rivela i suoi trucchi, e io quella che resta sempre un passo indietro.











Haven't you seen me sleep walking?
'Cause I've been holding your hand
Haven't you noticed me drifting?
Oh, let me tell you, I am

Tell me it's nothing
Try to convince me
That I'm not drowning
Oh let me tell you, I am


Please, please tell me you know
I've got to let you go
I can't help falling
Out of love with you

Why am I feeling so guilty?
Why am I holding my breath?
Worry 'bout everyone but me
I just keep losing myself

Tell me it's nothing
Try to convince me
That I'm not drowning
Oh let me tell you, I am

Please, please tell me you know
I've got to let you go
I can't help falling
Out of love with you

Won't you read my mind?
Don't you let me lie here
And die here

Please, please tell me you know
I've got to let you go
I can't help falling
Out of love with you

Haven't you noticed?
I'm sleepwalking

lunedì 23 aprile 2012

my own kind of hands around his neck



"The only thing that you and I have in common, is we're both about to die."
"How do you imagine that's gonna happen?"
"With my hands around your neck."


Se solo avessi stretto più forte, per un paio di minuti in più... tre minuti, è quanto è necessario a far soffocare un uomo. 

Tre minuti, e avrei avuto giustizia


venerdì 20 aprile 2012

my own kind of decision to make



Guardo Roona Mei che si dirige in casa dopo un sorriso stirato. La gamba mi fa male. 

Giro la testa verso il sentiero, la jeep della Winter è già lontana. Prendo un respiro profondo come mi ha insegnato mia madre, e mi concedo il lusso di zoppicare fino ai gradini della veranda. Ho bisogno di tenermi ad un palo per mettermi giù seduta, così da non caricare troppo peso sulla gamba. Un altro respiro profondo. Come mi ha insegnato mia madre: non c'è paura che un respiro profondo non possa spazzare via.

Di paura ne ho avuta. Quando la Coyote Queen è calata sui campi di Greenfield, ero sicura che avrebbe sparato. Nel migliore dei casi avrebbe bruciato ettari di campi, nel peggiore avrebbe ammazzato qualcuno. No, nel peggiore avrebbe ammazzato tanta gente. E in quel preciso momento, mentre avevo il cuore in gola, ho risentito ciò che mi aveva detto Edwards solo poche ore prima. Aveva detto: "abbiamo intenzione di lasciar fare il bello e il cattivo tempo a James Murdock ancora a lungo?". Maledetta, me lo sono tra i denti: maledetta voce della ragione, maledetto grillo parlante, avrei dovuto pensarci io e avrei dovuto pensarci prima. E ora che abbiamo evitato di un soffio la peggiore delle tragedie, ora devo fare quella scelta. E farla presto, prima che ritorni.

La verità è che mi sento in colpa, per Jim. Jim è stato tra i miei compagni più cari e uno dei primi a mettere piede sulla mia nave. Uno dei primi a credermi quando gli dissi che c'era un fronte organizzato, uno dei primi a darmi fiducia. Non gli ho piantato io negli occhi quello che ha adesso, ma se non l'avessi voluto nel mio equipaggio ora non potrebbe vedere così lontano, e aver perso allo stesso tempo così tanto la testa. E' pazzo: non vedo un motivo, un pattern, una ragione precisa in nessuna delle azioni che compie. E' mosso da pulsioni quasi infantili, è completamente pazzo: e dio sa che parte ho avuto io, nella sua pazzia.

Rivedo gli occhi velati di lacrime di Roona Mei, poco prima di andare a dormire. Ha il cuore grande come quello di un leone, ma resta pur sempre una bambina, con soli vent'anni e una bontà smodata, e niente di ciò che le sta succedendo se lo merita. Tutti abbiamo perso Blackbourne, ma tutti noi l'avevamo messo in conto tra le possibilità, tutti noi ci eravamo abituati. Lei si è occupata del funerale, lei è minacciata dai Bolton, lei ha James Murdock col fiato sul collo, alla ricerca di una ridicola vendetta per seicento dollari. 

Seicento dollari. Ci avrebbe ucciso, per seicento dollari. 

Un respiro profondo e uno ancora, per smettere di tremare. Me lo ripeto: no, Roona Mei non si merita niente di tutto questo. Non si merita di essere in pericolo, non si merita neanche di avere nemici. Nei suoi occhi neri si tuffa tutta la bontà e l'innocenza del 'Verse, e per quanto sia sbagliata questa vita, non c'è verso che lei debba scontarne il prezzo. Non è giusto. Va fermato.

Devo avvertire Scott... Cole, devo avvertire Cole. Devo parlare con lui del dafarsi. Stanotte ho dormito serenamente, come non mi capitava da mesi. Ritrovarmi la mattina l'odore di motori che si porta dietro fin dentro le narici mi ha fatto sentire in buona compagnia. Vorrei che durasse, ma per quanta serenità mi possa mettere dentro mi troverò sempre davanti Donna Winter, prima o poi, a ricordarmi che per quanto la sua fedeltà sia consegnata a me e nella Almost Home, sarà sempre un uomo spaccato in due. Ho provato a fare un passo avanti. Non so nemmeno se volevo trascinarlo per vedere fino a dove si sarebbe spinto. So che ogni volta che lo guardo negli occhi cerco l'incertezza e il rancore, e il modo particolare che ha per dimostrare la frustrazione, e quel lampo di rassegnazione che gli attraversa il volto quando si sente incompreso e indesiderato. 

Non è il modo giusto per iniziare niente, forse per finirlo. Ma non voglio finire. E adesso non saprei neanche che paracadute garantirgli: con Donna Winter fuori dai giochi di Hall Point, non avrei niente da consigliargli né da offrirgli. Ma forse mi sto facendo troppi problemi, e lui ha in verità molto meno bisogno di me di quanto immagino. Se l'è cavata, mentre non c'ero. Si era trovato un buon lavoro, non onesto forse, ma quale lavoro lo è al giorno d'oggi?

Devo smettere di pensarci. Devo smettere di sentirmi sul filo di un rasoio, devo smettere di pensare che lo sia lui. Devo concentrarmi su Jim, sul problema che costituisce, sui danni che potrebbe fare in futuro, su quanto sia diventato pericoloso per tutti, nonché per il nome di tutti quelli che in vita loro hanno indossato un browncoat.

Devo prendere una decisione. 



venerdì 13 aprile 2012

my own kind of ideal


Ci sono delle persone.

La prima è una donna elegante. Si fida della mia parola, nonostante io non mi fidi della sua. Non mi odia nonostante sappia benissimo quanto io odi lei, per mille e uno motivi che giocano a scavalcarsi nella mia testa. Il primo è che lui si è già messo in pericolo, per lei. Il secondo è che lui mi ha chiesto di mettermi in pericolo, per lei. Il terzo è che è uguale a tutti quelli della sua razza: invece delle armi avrebbe conquistato il rim con la cultura e la tecnologia del Core. E' un ragionamento sbagliato, sbagliato fino al midollo delle ossa, e nessuno di loro se ne rende mai conto quando lo pronuncia. E' sbagliato perché parte dall'assunto che il Core sia più evoluto, che abbia una missione di civilizzazione nei confronti dei "meno fortunati", dei barbari, di noi. Come è convinta che sia Josephine Leroux. Lei non è da meno. Lei è uguale.

E' uguale, ma mi dà risposte quando pongo domande. Poi mi dice che sono un'idealista.
Le dico non sono un'idealista. Sempre combattuto per cose concrete: la terra, la libertà di decidere per se stessi. Non sono un'ingenua, so che abbiamo perso la guerra.
Lei è ubriaca e mi dice che questo è il punto. Che sono un'idealista perché lo so, e continuo a combattere.

Ai suoi occhi, questo è essere un'idealista: andare contro le proprie possibilità. Ma non mi ha sentito, non a fondo. Le ho detto non sono un'ingenua. Le ho detto che o così o morirei. Le ho detto, e l'ho detto chiaro: "io non ho molto altro, per cui vivere". Ma non ascoltano, non lo fanno mai.

L'altra è Roona Mei Wilson.
Lei dice che parlo per entità astratte, perché definisco la gente la mia gente. I suoi occhi danno al 'Verse una forma diversa, in cui nessuno ha mai vinto la guerra, in cui adesso siamo solo tanti pesci in un mare infinito che non fa distinzioni. Dice che non c'è mai stata Giustizia, che la Giustizia non è di questa vita. Che siamo tutti persone, che siamo tutti uguali.
Io so che non è così. So che quando mi alzo in piedi, la mattina, mi alzo in piedi da sconfitta. So che ogni mattina, quando mi alzo in piedi, sono costretta a chiedermi se ne sia valsa mai la pena, se non avremmo fatto meglio ad arrenderci subito e a farci conquistare, col senno del poi. Vivo la giornata da sconfitta, mangio con altri sconfitti come me e medito vendetta come solo gli sconfitti sanno fare. Quando provo a dormire, la notte, sogno l'odore di decomposizione che emanava il corpo di Cain, dopo notti passate all'addiaccio, a piangere e a vomitare, abbandonati da tutti, arresi. Questo a Roona Mei non potevo raccontarlo. Non potevo perché lei è giovane, e ha la dolcezza della gioventù negli occhi, e dovrei odiarla per strappargliela via e trascinarla nella mia miseria.

Non lo faccio. Imbraccio il mio benson sei colpi e tengo gli occhi fissi sullo sterrato, in attesa di sentire le vibrazioni del terreno che annunceranno l'arrivo dei Bolton e della loro banda. Stringo il cannone come fosse il mio più caro amante e mi dico all'inferno, è così che morirò io, perché quando ci hanno invasi mi hanno tolto ogni altra scelta e ogni altro posto e ogni altra possibilità e ogni altro modo di vivere che non fosse quello in cui stringi il tuo benson sei colpi come se fosse il tuo più caro amante, e aspetti di morire, perché se non accadrà stanotte accadrà presto, e inizi ad immaginare il proiettile col tuo nome sopra che ti aspetta dietro ogni angolo.

Con una giacca blu.

Con venti cavalli.

Con un cappotto nuovo che ha sostituito quello marrone.

Con le unghie lunghe e curate.

Con gli occhi che immaginavi di tuo padre.

Mi dico che non sono sola. Punto gli occhi su Sterling che è agguerrita, su Edwards che è selvatica, penso a Cole e ai suoi sbalzi di umore, e mi ripeto che il giorno in cui non potrò tenerli più al sicuro Sterling avrà Edwards ed Edwards avrà Sterling, e lui avrà una chance su Hall Point, un lavoro adatto che gli permetta di costruire qualcosa, e una donna che può occuparsi di lui, che dice che lo ama, e mi ripeto che è giusto che sia così, perché le cose devono fare il loro corso, gli sconfitti devono rassegnarsi ed andare avanti, e provare ad essere felici con ciò che resta loro, perché non sono tutti come me, non sono tutti pieni di rabbia e odio e insoddisfazione.

Ma io ho ancora il benson tra le dita, e la voce di Cain nelle orecchie, quando ripeteva quell'adagio.

"Qual è l'unica cosa che diciamo alla morte, Jack?"
"Not today"



martedì 10 aprile 2012

my own kind of birthday

Non otterremo nulla da te, vero?

[...] potete aprirmi il petto, spaccarmi le ossa e cercare fino al centro del mio cuore: l'unica cosa di cui mi pento è non aver ammazzato Gibbs quando ne avevo l'occasione. « l'accento del rim esterno sempre udibile, trascinato. » se l'avessi fatto, sarebbe stato tolto di mezzo prima. E un brav'uomo sarebbe ancora vivo.



Arkan McCorvin, Alesha Baland, Gregory Phillps, Nathe. Nathe, Gregory Phillps, Alesha Baland, Arkan McCorvin.

Non devo dimenticare niente. Non devo dimenticare la piatta calma di Phillps e le sue minacce inconsistenti da burocrate. Non devo dimenticare McCorvin, le sue parole vuote e prive di senso dette da qualcuno che ha bombardato la gente del rim. Niente mai va dimenticato. Nella memoria onoriamo i nostri morti e i nostri sacrifici. La memoria è tutto ciò che ci resta. E la mia memoria è lunga.

La giornata è passata così, lentamente, con il dolore alla gamba che mi squarcia da dentro. Con gli antidolorifici lo tengo sotto controllo, riesco a vivere normalmente. Con gli antidolorifici non è un problema, posso gestirlo. Ma senza è come una pugnalata continua. E nasconderlo, sforzarsi di tenerselo dentro, lo fa pulsare ancora di più. Me lo sento nel muscolo, attaccato all'osso. A volte è un fastidio preciso e costante, altre volte è un dolore così lancinante da svegliarmi. Ho l'impressione che con un coltello sottile con una lama affilata potrei scavarmi nella carne fino a reciderlo.

Gli antidolorifici non si trovano facili. Ogni volta faccio una scorta al mercato nero di Safeport, ma c'è qualche roba strana in quelli che trovo, mi fanno venire da vomitare. Mi servirebbe Blackbourne, per farmi dare gli analgesici che mi passava lui. Oppure andare a Hall Point, lì si trova roba migliore. Ma ho promesso di non rimetterci piede. Non sul breve tempo, comunque.

E' stato il mio compleanno oggi, comunque. Trentadue. Passato a guardare il sole a scacchi.

Forse c'è qualcosa di terribilmente sbagliato in me.


lunedì 9 aprile 2012

my own kind of battles




Cosa sta succedendo qui?
E' un parente di Jack Rooster?
Lavora per me, sono il suo capitano. Che è successo?
Miss Rooster ha rifiutato di collaborare con un ufficiale alleato per dei controlli di routine, ed è stata per questo condotta allo sceriffato locale per accertamenti sulla sua identità e attività.
Di nuovo?

Sto bene. La gamba ancora regge, in fondo. Il dolore è sopportabile. Mi hanno tolto tutto. Le armi, la cintura, anche la targhetta militare e la scheggia. Gli antidolorifici. Ma sto bene. Devo solo resistere alla notte. Finché tengono la luce accesa, non ci sarà problema. Devo solo addormentarmi. Devo addormentarmi, così se spegneranno la luce non me ne renderò conto, sarò in oscurità diverse, passate. Basta isolare il dolore alla gamba, tagliarlo fuori dal resto delle sensazioni. Fare respiri profondi, sentirli dentro i polmoni, poi espirare.

Grazie per aver pagato la cauzione.
Hanno già detto che la prossima volta non te la caverai con la cauzione, ti porteranno in tribunale.
Vedrò di prenderli a calci in culo solo sugli skyplex che attracchiamo, allora.
Mi sembra che di calci in culo ne stai prendendo tu più di tutti.

Mi va bene che non sia intervenuto, quando è successo. Mi va bene che sia sceso da cavallo, che abbia alzato le mani, che abbia fornito il suo IdN e che sia stato lì a guardare mentre quel bastardo di Phillps mi disarcionava da cavallo e mi stringeva le braccia al collo per impedirmi di prendere il respiro... mi va bene.

Qual è il tuo cazzo di problema, Jack?
Il mio cazzo di problema è che tu hai combattuto dall'inizio alla fine come me, che hai perso ogni singola cosa come me, e che nonostante questo, quando quei bastardi vengono a pretendere da noi identificativo tu glielo dai, e fai pure un inchino, quando dovresti essere incazzato come me e coprirmi le spalle, perché sono io che sono dei tuoi, e sono io che ha combattuto la guerra dalla tua stessa parte, e sono io che ho ragione a non voler chinare la testa così in basso da riuscire a vedermi solo la punta dei piedi.

Mi va bene, me lo ripeto. Ho scelto lui come mio primo ufficiale per un motivo preciso: perché qualcuno tenga la testa sulle spalle quando quei bastardi mi fanno perdere ogni bussola. So che se avessi avuto veramente bisogno di lui sarebbe intervenuto. So che dire tutte quelle stronzate, e parlare con loro come se non fosse un loro nemico, è il suo modo di gestire la situazione. L'ha gestita bene: lui se ne è andato, e ora sono io che sto in questa cella del cazzo. Devo solo ripetermelo abbastanza volte. Se lo faccio, poi mi convinco.

Ma la guerra è finita.
La guerra è finita un cazzo, John: tutta la nostra gente non è morta solo perché poi noi perdessimo. Il conflitto aperto sarà finito, ma la guerra no, ci puoi giurare. Fossi l'ultima persona che la combatte, la fottuta guerra non è finita.
E come la combatti, pigliando a pugni un paio di assaltatori?
Uno alla volta. Prima o poi finiranno 'sti stronzi, no?

Alesha Baland: l'ho sentito bene, il nome. Alesha Baland, Gregory Phillps. E l'altro, il biondino che è stato dietro il gatlin per tutto il tempo. L'ha chiamato "Nathe". Devo ripetere i nomi, rivedere le facce. Alesha Baland, Gregory Phillps, Nathe. Alesha Baland, Gregory Phillps, Nathe. Mi faccio scivolare i loro volti davanti agli occhi, sperando che la ripetitività di suoni e lineamenti mi faccia addormentare.

Da adesso in poi quello che farai quando ti chiederanno l'IdN, sarà darglielo. E se ti diranno di alzare le mani in alto, alzerai le mani in alto, e ti curerai di tenerle bene in vista. Avanti di questo passo ti farai ammazzare, Jack, e cazzo non voglio altri funerali da celebrare.
Almeno mi risparmierò il tuo funerale tra cinquant'anni, quando morirai grasso e felice in una casetta di campagna, pagando le tasse ogni mese ai nuovi padroni. Aye, preferirei decisamente venire ammazzata che assistere a quello.
Senti, se non vuoi farlo per te fallo per me, d'accordo? Puoi fare questo? Puoi farlo per me?
Devi essere impazzito, se pensi che una stronzata simile possa dissuadermi dallo sparare un proiettile in mezzo agli occhi di un assaltatore, uno di questi giorni.

Devo scegliermi le mie battaglie, Sam me lo diceva sempre, da quando ero ragazzina. Mi diceva kid, you better choose your battles wisely, 'cuz no way I'm gonna be here forever, you know? A volte mi chiedo se non avesse ragione. Lo so che pensava di me, lo diceva spesso a mia madre, mentre io origliavo dalla cima delle scale. Diceva che ero un terremoto, che non guardavo in faccia nessuno. Che non importa quanto fosse sconveniente, controproducente, pericoloso: se ritenevo che qualcosa andasse fatto, lo facevo e basta. Diceva se fosse più sveglia e meno testarda, potrebbe campare fino a cent'anni. A vent'anni di distanza, sto ancora cercando di capire se fosse un complimento o meno.

Forse sono davvero inadatta. Forse dovrei riempirmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una grande base alleata nel Core. Forse è davvero l'unico apporto che sono in grado di dare a questa guerra.

Se solo riuscissi a dormire...

giovedì 5 aprile 2012

my own kind of secrets

2495, Mexican (Shadetrack)

"Oh, ma che fai?"
"Tanto Sam ci mette un'ora a vendere quei cavalli"
"Sai che culo ti fa se scopre che sei andato al porto spaziale?"
"Be', ce lo farà ad entrambi, visto che mi hai seguito..."

Cain Rooster sorride da sotto il cappello che getta in ombra un viso giovane e arrogante, sul quale si affacciano i primi fili di barba. Jack ha tredici anni, capelli arruffati sotto una bandana rossa, degli stivali vecchissimi che suo fratello usava da bambino.

Il whisky inizia a non fare più effetto, sulla gamba. Forse sono tutte queste notizie, queste chiacchiere. Cosa ha detto che è? Istinto. Si fida per istinto... e io posso fidarmi a tal punto di lei da credere al suo istinto?

"D'accordo, ma diamoci una mossa. Che ci siamo venuti a fare qui, comunque?"
"Così, volevo dare un'occhiata"
"E che c'è da vedere? Un branco di ladri spaziali che nel tempo libero trasportano vacche"
"E puttane a volontà e gente di malaffare... sai cub, inizi ad avere una certa età, mica devi credere a tutto ciò che dicono mamma e Sam"
"Non chiamarmi cub..."

Devo fidarmi del suo istinto, anche se ha giocato col suo corpo in quel modo? Dice che l'aveva fatto pure Blackbourne, insieme a lei. Ma non è una cosa naturale. Dio non c'entra niente, ma se nasciamo con due gambe, due braccia e una testa e basta, un motivo deve esserci. Quei giochi genetici hanno fatto impazzire Jim, ne sono quasi sicura. E' uscito fuori di testa. Altrimenti non avrebbe fatto ciò che ha fatto.

"Guarda quella... è una classe firefly"
"E tu che ne sai?"
"Ho trovato delle foto con Tom."
"Il giovane dei fratelli Barclay?"
"Quello è Tim. Il maggiore."
"I Barclay sono teste matte"
"Pensavo ti piacessero proprio per questo, no?"
"Perché stavate ad informarvi sulle navi, tu e Tom Barclay?"

Ma almeno me l'ha detto. Me l'ha detto subito, è più di quanto abbia fatto Scott col suo. Dovrei prenderlo come un gesto di rispetto. Forse lui ha ragione quando dice che non ci vedo bene. Forse dovrei rassegnarmi al 'Verse che cambia, a queste puttanate che ci dicono di iniettarci nelle vene per essere migliori.

"Sai mantenere un segreto, Cub?"
"Non chiamarmi Cub"
"Lo sai mantenere o no?"

La tredicenne solleva una mano e dà un pugno sulla spalla del fratello.

"Io il tuo culo lo copro da quando da ragazzini andavamo a rubare le mele alla vecchia vedova Smith".
"Sarebbe un sì?"
"Aye. Che segreto?"

Niente più segreti sulla mia nave. Non ne voglio. Allora le ho detto il vero motivo per cui sono andata via: che dovevo tenermi lontana da Capital City. Che lì c'è il resto della mia famiglia, e che la mia famiglia non vuole avere niente più a che fare con me. Che Scott non ce l'ha con me perché ho lasciato la Almost Home, ma perché ho lasciato lui. Le ho anche detto che la resistenza ha bisogno di gente come loro: ha bisogno di lei, di Scott. Di persone che sappiano costruire. Io so solo distruggere. L'ho detto anche a lui: io dentro ho solo rabbia, e il giorno che la rabbia non servirà più, io non sarò niente. Mi va bene così. Non sto combattendo per un 'Verse in cui vivere. Il mio treno è passato, lo capisco, l'ho visto. Sto combattendo perché magari a qualcun'altro servirà un mondo libero. Combatto perché se non lo faccio io, lo farà qualche idiota pronto a lasciare famiglia e amici per i suoi ideali. Io non ho più niente da perdere. Io sono sacrificabile.

"Io e i Barclay stiamo mettendo da parte un po' di soldi... tempo qualche anno e ne avremo abbastanza da comprarci una nave usata."
"E che ci vuoi fare con una nave usata?"
"Ci mettiamo in affari... in affari veri, interplanetari."
"Non hai mai messo il muso fuori da Shadetrack e ora vuoi viaggiare?"
"Aye. Voglio un po' di avventura, Cub, un po' di rischio. La vita è una sola, no? Non la passerò tutta a lavorare nei ranch o a condurre manzi."
"Tu ti sei bevuto il cervello, Cain"
"Te lo farò vedere, Jack. E se diventi brava a fare qualcosa, ti farò lavorare sulla mia nave"
"E come si chiamerebbe questa nave?"
"Non lo so, dobbiamo ancora pensarci"

La gamba mi fa sempre più male, dal funerale di Blackbourne. E la paura del buio è peggiorata. Adesso ci metto sempre più tempo anche a chiudere gli occhi, la notte. Ieri un'ora solo per decidermi a tenerceli chiusi. Un'ora, due joint, tre birre.

"Che te ne pare di Almost Home?"
"Mh?"
"Be', se vuoi mandare a puttane tutto, prendere una nave e partire tanto vale che ti porti dietro un pezzo di casa, no?"
"Almost Home... mi piace."
"Almost Home"
"Penso che potrebbe diventare la mia nave".