domenica 18 agosto 2013

my own kind of past reaching out to me




Agosto 2515, Bullfinch


"Se la guerra finisse domani"

Sharpe passò la bottiglia. Erano stese entrambe sulla pancia della nave e guardavano il cielo straripante di stelle.

"Se la guerra finisse domani - riprese - dov'è che andresti, ammiraglio?"

Jack ci pensò qualche istante. Tirava tanto vento che aveva la pelle d'oca.

"Tu dove andresti?"
"A casa."
"Non l'ho mai capito, dov'è casa tua"
"Non l'ha mai capito nessuno"

Era così. Jack non fece più domande.

"Tu torneresti a casa?"
"Non lo so. Sai che si dice dei mondi distrutti, dalla fine della guerra"
"Che non puoi tornare a casa perché non è più dov'era una volta"
"Aye"
"E allora dove?"

Jack riconsegnò la bottiglia e si infilò le mani in tasca. I polpastrelli sfiorarono la superficie liscia e dura di un diamante imperfetto.

"Non lo so."

* * *

Giugno 2515, Skyplex Spacebird


Le spalle gli erano diventate più grosse, il viso più magro, i lineamenti sgranati in quelli di un uomo adulto. Maryanne ebbe problemi a riconoscerlo nella calca rumorosa che affollava gli attracchi. 

"Non pensavo ti avrei più rivista in vita mia, senorita" scherzò lui. Lei sorrise, nonostante tutto. Si abbracciarono e lui cercò dietro di lei gli occhi simili a quelli di Cain, ma non li trovò. Chiese dove aveva lasciato suo figlio, lei rispose che avevano bisogno di parlare. Andarono a sedersi e parlarono di Sean. Lei spiegava come andasse bene a scuola e quanto fosse intelligente, di come parlasse alla perfezione il cinese e l'inglese e stesse imparando il russo. Lui chiedeva se fosse in salute, se fosse robusto e ben nutrito. 

"Chris, sto cercando Jack".

Lui spalancò gli occhi. 

"Por qué?"
"E' una lunga storia. Ho bisogno del suo aiuto."
"Sei sicura che sia ancora viva?"

Maryanne boccheggiò qualche istante: l'ipotesi che non lo fosse non l'aveva mai sfiorata.

"So per certo che non lo era qualche anno fa"
"Come lo sai?"
"E' venuta a Horyzon"
"Non ti ha detto dove avresti potuto trovarla, dato un contatto o--"
"Non - Maryanne guardò altrove - no. L'ho mandata via."

Lui si passò una mano sulla faccia.

"L'ultima volta che l'ho vista è stato nell'undici"
"Vuoi dire che non è su Shadetrack?"
"Nay, di certo non a Sweet Waters. Pensavo fosse morta perché... well, non è tornata"
"Nell'undici, vuoi dire..."
"A giugno, dopo Serenity Valley. E' venuta a seppellire Cain e da quel che so io non è più tornata"

Abbassò lo sguardo sulle mani di lei: le dita giravano nervosamente un anello all'anulare sinistro. Si irrigidì appena e premette il busto contro lo schienale della sedia. Beveva whisky.

"Come vanno le cose... a Sweet Waters?"

Lui si limitò a scuotere le spalle. La miseria ce l'aveva scolpita agli angoli degli occhi, gli si era annidata sotto le unghie nere. 

"So che la prese a bordo una nave, la Lucky Bastard. Il capitano si chiamava John Cassidy. Magari lavora ancora per loro."

Lo sguardo bruno di Maryanne si riaccese. Si cercò in tutte le tasche fino a trovare il c-pad. Vi appuntò il nome della nave, del capitano. 

"Grazie. Mi aiuta molto."
"Yo sé. Ascolta: se la trovi--"

Mosse le labbra senza dire nulla. Lo sguardo gli si fece più cupo, le sopracciglia più contratte.

"--potresti dirle che alla fine non sono andato da nessuna parte. Che sono ancora a Sweet Waters."

Maryanne sorrise, annuì.

"Gracias". 

Non dissero più molto altro, e quando il silenzio divenne troppo pesante si salutarono.


 * * *

I'm workin' on the high hope
And if it all works out, you might just see me
Or hear from me in a while

I'm gonna make it across this tight rope
And I'm comin' for my prize
No more I'll be waitin' 'round
While life just passes by

Maybe when our hearts realign
Maybe when we've both had some time
I'm gonna see you there

I'm gonna see you there, lay
Where we can be natural, lay

'Cause I've been livin' in the half life
Not sure which way to turn
Why must a man lose everything
To find out what he wants

I'm gonna wait until it feels right
And when that time has come
Wild horses won't keep me back
From where you have gone

Maybe when we're both old and wise
Maybe when our hearts have had some time
I'm gonna see you there

I'm gonna see you there, lay
Where we can be natural, lay

After all we've seen
We can do anything, lay
Where your heart is strong
Where we can go on and on, lay
Where your good times gone
Where we are forever young, lay
Where your heart is strong
Where we can go on and on, lay, lay!

I wanna see you there

mercoledì 14 agosto 2013

my own kind of salted wound


Arriva alla Almost Home lasciandosi trascinare da Shamrock, curva sulla sella, e quando trova John Cassidy seduto in fondo alla rampa non se ne sorprende. L'ha visto dodici ore prima a Timisoara, prima che il 'Verse si rovesciasse su se stesso come un guanto. Resta in silenzio mentre scende di cavallo e lui si alza in piedi, resta in silenzio mentre imbocca la rampa e lui la segue. Resta in silenzio passando sulla catwalk, davanti agli sguardi perplessi di un equipaggio perfettamente in grado di riconoscere una faccia straniera. Resta in silenzio quando entra nella sua cabina e John entra dopo di lei, richiudendosi il portellone alle spalle.

Lui la guarda. Ha la polvere incrostata sulla pelle e getta le mani sotto l'acqua per liberarsene. Le passa sul viso, sulle braccia, sul collo. Lui rimane in piedi in un angolo, con le spalle arrese e gli occhi svuotati che cadono progressivamente a terra, quasi temesse di invaderne il dolore. Lei aggrappa le mani ai bordi del lavandino, tende le braccia umide e si fissa nello specchio.

"Scriverò una risposta e ti pagherò per portargliela di persona, così come lei ha pagato te"
"Jack..."
"E' il motivo per cui sei qui, no? Le scriverò che posso aiutarla, di fare i bagagli e di raggiungermi"
"Non verrà più, Jack"
"Mi ha scritto chiedendomi di--"
"Non fingere che non sia successo niente".

Lei stringe le dita sull'alluminio tanto da far sbiancare le nocche. Ha bevuto due bicchieri d'acqua e ha sudato per dieci ore quasi consecutive. Non ha più energia, forza. Solo la rabbia affranta e bendata delle bestie ferite.

"Non sei tu che devi decidere. Devi solo portare il messaggio"
"Sei sconvolta, ma devi ascoltarmi"
"Devi solo portare il messaggio"
"Ascolta: se le dici adesso di raggiungerti ti penserà pazza. Non sarà disposta a mettere a rischio suo figlio"

John si avvicina, le poggia le mani sulle spalle, la fa girare. Lei se lo scrolla di dosso con una scarica di elettricità convulsa a fior di pelle.

"Non saranno a rischio: li manderò su Tauron. Ho gente che può occuparsi di loro, può assicurarsi che stiano bene"
"Non si affiderà a degli sconosciuti"
"Non sono sconosciuti. Sono fidati, sono come la mia famiglia"
"Loro due sono la tua famiglia, Jack"

Lei spalanca gli occhi. Tende le braccia, ma si rende conto di averlo spintonato due secondi dopo averlo fatto. Nel momento in cui lo realizza, sente di poter tornare indietro, di dover continuare sulla stessa linea poiché un dietrofront sarebbe inammissibile. Allora, nonostante gli occhi spalancati e stupiti di John Cassidy, fa un passo avanti e lo spintona di nuovo, scoprendo che spingerlo via la fa sentire più forte e più potente, padrona delle sue azioni, più forte di lui, più grande e imbattibile.

Urla.

Qualcosa come "So che sono la mia famiglia", e "li ho cercati per anni", e "per questo dobbiamo stare insieme". E a ogni frase la voce diventa più potente e le spinte più aggressive, nonostante Cassidy irrigidisca le spalle e le dica di smetterla, di ragionare, di provare a capire che Polaris andrà in guerra e Maryanne non accetterà di tornare sotto le bombe, non accetterà di portare suo figlio di undici anni cresciuto negli agi del Core fino a Tauron solo perché conosca la guerra da cui sono fuggiti quando non c'era nessuno a proteggerli.

C'ero io a proteggerli, urla Jack, c'era mio fratello, suo marito, suo padre.

John, con le spalle ormai contro la paratia gelida della cabina, argomenta che lei e suo fratello sono andati in guerra su pianeti lontani mentre tutti a casa loro morivano.

Cosa ne puoi sapere tu?

Me l'ha raccontato lei.

Quello che segue è una confusione di urla e pugni che li stringono più vicini nella rabbia e li spingono lontani quando un naso rotto e un labbro spaccato sembrano ad entrambi un bilancio sufficiente. 

"Ascoltami bene, John", dice mentre lui si respira pesantemente sul palmo chiuso.

"Ascoltami bene, John: hai presente la bomba a Capital City? L'ho messa io."

Lui sgrana gli occhi, lei si morde il labbro rendendo il taglio più profondo, il sangue più salato.

"Ho messo quella bomba e ne metterò altre cento, se è quello che ci vuole. Le metteremo a casa loro. Sotto le loro sedie e sopra la loro testa. Abbiamo già perso una guerra pensando che il nostro primo compito fosse difendere la posizione, invece che guadagnarne di nuove".

Lo sguardo di lui vacilla stordito. Fissa Jack Rooster e trova un'immagine che conosce bene; la stessa terrorizzata ferocia di quando la raccolse dalla Valle. Ma allora era diverso, allora ognuno aveva la stessa paura negli occhi, quella di chi ha perso ogni singola cosa al mondo e se ne sta progressivamente rendendo conto. Anche lui era così. Ma mentre John Cassidy ha deciso di arrendersi, chi ha di fronte preferisce sbucciarsi le nocche contro i muri piuttosto che ammettere che è finita, che è persa.

"Tu andrai da Maryanne e le dirai che il Core non è più un luogo sicuro. Che ho abbastanza soldi da parte da comprare a lei e a Sean una casa, qui a Polaris, e che se non vuole che quel fottuto bastardo con cui ha pensato di sposarsi le porti via suo figlio farà bene a mettere il culo su una nave, e a farlo in fretta".

"Finirà come su Shijie, Jack. Finirà come su Shijie e su Shadetrack"
"Non sono più la figlia di nessuno arruolatasi come soldato semplice. Sono l'ammiraglio del Terzo Aviotrasportato Polaris - si avvicina al portellone e lo spalanca, rimanendo in piedi al suo fianco, aspettando che Cassidy le sfili davanti - per me le cose funzionano diversamente, adesso".

Lui ci pensa. Si asciuga il sangue che cola dal naso con la manica della camicia, mischiandolo alla barba ispida e incolta.

"Sono venuto di persona perché volevo darti una cosa."

Si fruga una tasca. Jack rimane a fissarlo con un distacco severo. Una crepa sottile e scomposta le apre l'espressione quando Cassidy schiude il pugno che le porge, svelando l'anello di oro lavorato attorno a un diamante appena scheggiato. Il groppo alla gola che deglutisce è ruvido e le si aggrappa dentro.

Non lo vede dal maggio del 2511, e fino a quel particolare momento era convinta che John l'avesse venduto per pagarci il carburante. Lei non si muove, per cui lui si limita a poggiarglielo sul letto, con delicatezza. Torna sui propri passi, ma le si ferma davanti.

"Ho sempre pensato che presto o tardi avresti deciso di tornare a casa tua, e allora te l'avrei restituito. Dio solo sa se non lo farei io, se avessi qualcuno da cui tornare".

Ma Jack Rooster rimane immobile, pietrificata, e non dice niente.

"Gàobié, mǔ shī. Wǒ xīwàng nǐ huì hěn gāoxìng with your new life and all"

Se ne va via da solo, col passo incatenato dei fantasmi più ingombranti.

sabato 3 agosto 2013

my own kind of fading courage




Bolivar è morto.

Ne è sicura - sono giorni che non pensa a nient'altro, dal momento esatto in cui il portellone della Leviathan si è richiuso alle sue spalle e lei non era a bordo. Il proiettile non era entrato nel cranio, ma il sangue a terra era più di quello che una persona può perdere senza morire. Muove i polsi anchilosati, li ruota, li tende, e l'unico risultato che ottiene è far avvicinare le corde alla carne un millimetro in più. Più ci pensa, più nel petto le si scioglie un grumo di rassegnazione. Se lo sente colare sulle costole e dentro i polmoni. Trasuda fin dentro le vene ogni volta che respira, contagia il sangue e dal sangue si fa trasportare fino ai capillari più sottili. Le fa venire sonno (non fa che dormire, non può fare nient'altro). Le portano da mangiare ogni giorno, tre volte al giorno, e lei mangia lentamente ogni cosa senza sentirne il sapore. Un uomo con un occhio bendato la guarda in silenzio per ore, annoiato e con lo sguardo pieno di diffidenza. Non parla, però, e Jack fa lo stesso. Impiega un'ora per finire ogni pasto, come se anche masticare e deglutire fosse diventata una pericolosa professione di intenti. Mangia per inerzia. Ogni tanto, la notte, quando prende due pasticche invece di una sola e il sonno diventa più pesante, si riscuote violentemente dagli incubi e passa infiniti momenti a ricacciare in gola il vomito. 

Nel complesso è in salute, comunque. La trattano bene, meglio di quanto lei tratterebbe loro a parti invertite. Non essere scossa, colpita o insultata è - incredibilmente - ciò che le ha permesso di scivolare nella comodità dell'alienazione. Quando è sveglia, impiega il grosso dei propri sforzi a pensare a dettagli irrilevanti di ciò che la circonda. Guarda spesso le scarpe dell'uomo con la benda. Ne percorre con gli occhi le cuciture e immagina una mano sottile che, con ago e filo, ne cuce insieme i pezzi punto dopo punto. 

Bolivar è morto e io mi sono consegnata in cambio di un cadavere.

Sam aveva ragione. Forse non è così, forse Sam non voleva dire questo, ma nella sua mente i ricordi si confondono e si coalizzano contro di lei. Non puoi mantenere la lucidità se dormi con un membro dell'equipaggio: è sbagliato e prima o poi ti presenterà il conto. Nel buio, Jack si stende con la schiena sul materasso sottile e cerca con le mani giunte la targhetta militare che ha sotto i vestiti. La stringe nei palmi e poi la fa scivolare vicino al volto. E' caldo e non arriva aria a sufficienza: una patina di sudore le copre la fronte, ma il piatto metallico della piastrina è fresco. Passa la bocca sulle fessure che compongono le lettere. Le legge con le labbra e raccoglie un leggero sapore di ferro che le è familiare. Se si mordesse molto forte il labbro, potrebbe far raggrumare il sangue. Ci rinuncia.

Si concentra invece su altri dettagli inutili: sulla torta di mele di sua madre. Spazza via frettolosamente ricordi come il profumo delle mele cotte e l'ostinazione con cui lei e Cain si scottavano la lingua ogni volta perché non aspettavano abbastanza per far raffreddare il ripieno. Getta gli occhi all'indietro e pensa invece alle proporzioni tra gli ingredienti (potevo lasciare indietro il corpo e ritirare), ai tempi e ai modi di cottura (sarebbe morto ugualmente ma io sarei sopravvissuta), al giusto trattamento delle mele da mettere nell'impasto (avrei dovuto dire che Roscoe non fa scambi e che potrebbero anche prendere Dio in persona, Black e i suoi due sgherri marciranno in prigione), a dove trovare gli strumenti per setacciare la farina (io marcirò sotto terra straniera)

Bolivar è morto e io mi sono consegnata per non doverlo seppellire.

Avrebbe compiuto trentadue anni oggi. E' sopravvissuto alla guerra di resistenza su Blackrock e a Serenity Valley - pochi sono sopravvissuti a Serenity Valley -, ed è morto ammazzato dalla pistola di un criminale comune. Se ognuno ha il proprio nome scolpito su un proiettile, pensa Jack, Renee Bolivar avrebbe potuto vivere una lunga vita senza doverlo mai incontrare. Il suo posto era in groppa ai tori da rodeo, e se ci fosse rimasto avrebbe comunque potuto vivere su Bullfinch libero. Si strofina gli occhi nascosta dietro il quarto di tenda che le è stato concesso come bagno, uno alla volta perché non può separare le mani. Il petto le si appesantisce tanto da premerla sempre più in basso. La trascina a fondo, le riempie lo stomaco di panico silenzioso. Nel tubetto di analgesici ci sono ancora dieci pasticche. Basterebbero. Se le rovescia sul palmo della mano, le conta di nuovo, le preme sulle labbra chiuse mentre l'uomo con la benda la esorta a darsi una mossa. 

Bolivar è morto ed è colpa mia, trova la sua eco nel cervello e si spande. Cain aveva trentacinque anni quando una granata gli ha stanato la vita dal corpo, e lei ne ha trentatré ora che vorrebbe strapparsi i capelli solo per ravvedersi del più grande errore che ha compiuto da trent'anni a questa parte - pensare che le cose sarebbero potute migliorare. 

Manda giù una sola pillola, le altre le rimette nel tubetto. Sua madre non aveva pietà dei suicidi, e lei non vuole pensarla delusa. Sono le otto di mattina e fa caldo; qualcuno entra con la colazione. Lei la consuma in silenzio mentre l'uomo con la benda la controlla. Torna a pensare ai dettagli.





Do what's easy
steal every red cent out of the wishing well
smoke cigarettes ‘til your chest rattles like hell
just do what's easy

Waste every evening 
don't ever read and don't ever write
never leave home and get drunk every night
just do what's easy

Hate completely
let every wall feel the force of your fist
forget your debts cause forgiveness exists 
just do what's easy