lunedì 28 novembre 2011

my own kind of darkness

Hello darkness my old friend
I've come to talk with you again


Una volta amavo il buio.
Amavo il buio perché mi permetteva di vedere il cielo, con un milione di stelle e l'universo che si apriva ai miei occhi come una promessa. Quando ero ancora a casa, a Shadetrack.

Because a vision softly creeping
left it's seeds while I was sleeping

Poi, durante la guerra, l'oscurità era l'unico modo per salvarsi. In trincea anche accendersi una sigaretta vuol dire rischiare la vita, e lo facevamo con gli stivali impantanati fino alle caviglie, quando una sigaretta era l'unico modo che avevamo per riscaldarsi.

And the vision that was planted in my brain
still remains, within the sounds of silence

Ma dopo Serenity Valley... sette notti, sette tra la fine delle ostilità e la pace, e quindi i soccorsi. Sette notti a sentire l'odore dei morti, mentre il corpo di mio fratello mi marciva addosso. L'oscurità erano incubi e lacrime, il mio stesso sangue che mi si incrostava sotto le unghie. Penso di aver vomitato anche l'anima, quelle notti insonni, vomitavo e passavo il resto del tempo a scacciare le mosche dai miei occhi e dal corpo di Cain. Quando svenivo per la stanchezza e la fame, riuscivo a restare priva di sensi per pochi minuti, prima di essere svegliata dall'odore di putrefazione.

In restless dreams I walked alone,
narrow streets of cobblestone
'neath the halo of a streetlamp
I turned my collar to the cold and damp

Adesso, ogni volta che mi ritrovo completamente senza luce, mi sento morire. La mia testa si svuota, mi si chiude la gola e sento di non poter respirare. Sento che l'oscurità potrebbe inghiottirmi, potrebbe uccidere anche me e rendermi un cadavere in putrefazione di cui nessuno si ricorderà.

Ogni tanto ci penso. Se morissi, adesso, quanto tempo passerebbe prima che le poche persone che conosco si dimentichino di me? Qualcuno prenderebbe la nave, forse il mio equipaggio continuerebbe il lavoro che dobbiamo fare, forse prenderebbero strade diverse. E se morissi distante, mi riporterebbero a casa per seppellirmi, o mi lascerebbero lì dove sono morta, buttandomi addosso una manciata di terra e qualche sasso?

Mia madre diceva che hai vissuto una vita piena quando al tuo funerale piangono in tanti.
Non so che funerale avrò io, quando ce l'avrò. Ma so che voglio ritrovare Anne e Sean, prima di morire. E so che voglio finire sotto la terra di casa mia.

domenica 13 novembre 2011

my own kind of choice


"Capitano... posso?"
"Tenente Rooster. Prego, entri pure"
"Non serve, vado via presto. Volevo solo ringraziarla"
"Di che?"
"Di tutto... per avermi aiutato a portare mio fratello di nuovo qui a casa, e... per essere rimasto al funerale, immagino. Lei e tutto l'equipaggio. La ringrazio."
"Non devi. Del resto, penso abbia significato molto anche per loro. Quasi nessuno ha avuto modo di riportare i propri morti a casa, e riuscire a portarne almeno uno..."
"Sì, be'. Comunque."
"Cosa pensi che farai adesso?"
"Non so. Qualcosa, immagino. Aspetterò qua."
"Shadetrack è distrutta, ormai, tenente."
"Lo so, ma magari qualcuno tornerà..."
"Fossi in lei, non ci spererei troppo. I campi sono distrutti, i pascoli... anche. Lei che faceva, prima della guerra?"
"Spostavo mandrie"
"Non ci sono più mandrie da spostare, qui"
"Già, forse ha ragione, ma... troverò qualcosa, non penso di avere troppe scelte"
"Se vuoi, puoi imbarcarti con noi"
"Con voi?"
"Aye, con noi. Ci terremo la Bastarda Fortunata... è un bel cargo, vecchio ma ancora in grado di volare. Con una nave è più facile trovare un lavoro. Se vuole, una pistola in più ci farebbe comoda"
"Non so, dovrei cercare chi resta della mia famiglia"
"Lo potrà fare mentre lavora per me"
"..."
"Pensaci, Rooster. Prevedo tempi duri per la nostra gente. Quando arriveranno, sarà meglio per tutti non stare da soli"

* * *

"Pensi mai alla guerra, John?"
"Tutte le notti. A volte non mi addormento per pensarci. Ho la sensazione che mi buchi la testa, da parte a parte. A volte... penso che ci sarei dovuto morire. Che mi sarebbe andata meglio così"

* * *

"Questo dannato gesso..."
"Jack."
"Uh? Mi parli di nuovo, adesso?"
"Devo, e sarò breve. Ciò che è successo non è accettabile"
"Non è colpa mia, e Nadia sta bene, no?"
"Sta bene per puro caso, avresti potuto farla finire ammazzata."
"E' solo un graffio..."
"Jack, io ho delle responsabilità. Parlando con te, sentendoti parlare della tua famiglia, pensavo che capissi cosa significa per me questa nave, che responsabilità porta. Sono il capitano, vuol dire che ho preso un impegno. Di far sopravvivere tutti, e di tenerli al sicuro"
"Me compresa?"
"Sei una donna adulta, e ti lascerò fare le tue scelte"
"Pensavo che almeno tu lo capissi, cosa vuol dire avere quei fottuti stronzi davanti a sputare in faccia a tutto ciò per cui hai..."
"Smettila. Abbiamo combattuto tutti noi la guerra, e tutti noi l'abbiamo persa. Sei l'unica che non si è ancora rassegnata"
"Non vedo perché dovrei farlo"
"Te lo do io un buon motivo: o fai pace con te stessa, Jack, o devo chiederti di lasciare la mia nave".
"... non posso credere che tu mi stia facendo questo..."
"Io ti sto solo dicendo di scegliere. Se preferisci tenerti quel fottuto verme che ti mangia da dentro, piuttosto che restare qui, allora la scelta l'hai già fatta."

* * *

"Allora. Ti ho deluso?"
"Come nessun altro in vita mia"
"Mi dispiace."
"Che farai?"
"Non lo so. Continuerò a vivere, immagino"
"Ti augurerei di iniziare a vivere bene, ma..."
"Chi prendiamo in giro, John? Mio fratello è morto, mia madre e mio zio sono morti. Tuo figlio è morto, tutti quelli che conoscevamo sono morti o dispersi. Credi di poterlo cambiare, di poter essere felice dopo quello che ti hanno fatto?"
"Essere sereno mi basterebbe"
"La serenità l'abbiamo lasciata tutti a Serenity Valley. Mi rimproveri di essere ancora arrabbiata. Lo so, lo sono... ma non sono io quella strana, John. E' giusto esserlo. Non voglio mai smettere di esserlo. Del resto, non possono portarmi via più molto"
"Non mi resta che augurarti buona fortuna, allora"
"Buona fortuna a te."

giovedì 10 novembre 2011

my own kind of skin


Sulla mia pelle ho sentito tutto.

Ho sentito il freddo delle praterie d'inverno, quando non hai nemmeno una tenda che ti ripara dal vento. Il freddo lento, dei momenti in cui a casa non avevamo più soldi per la legna quando ero piccola, quel freddo che ti penetra gradualmente nelle ossa e le rende più fragili.

Ho sentito, sulla mia pelle, il calore della mia casa che bruciava, le guance che mi scottavano perché non volevo allontanarmi troppo, come se la mia presenza potesse calmare le fiamme. Ho sentito il sudore del ricostruire quella casa. Ho sentito la paura, quella autentica, la paura di morire quando di vivere ancora mi importava qualcosa, ho sentito il manto dei cavalli selvaggi e le vibrazioni dei loro nitriti. Ho sentito sulla mia pelle le vibrazioni del terreno al passaggio dei bombardieri, ho sentito le schegge lanciate dalle bombe, la polvere mischiata al sangue. Ho sentito sulla mia pelle la pelle di mio nipote quando era appena nato, con quegli occhi di colori diviersi in grado di aprirti dentro un mondo.

Ho sentito la morte. O comunque qualcosa che vi si avvicinava molto.

Ora sento un tepore diffuso e un brivido insolito, inatteso ma piacevole. Chiudo gli occhi per trattenere la sensazione, perché non so quanto durerà.

Se c'è una cosa che la guerra mi ha insegnato, è di tenerti stretto tutto ciò che hai, che possiedi. Quello che oggi è tuo, diceva John Cassidy, domani potrebbe diventare di qualcun'altro.

"That's how this big damn' 'Verse works, Jack: you never get what you deserve"

venerdì 4 novembre 2011

my own kind of pronouncement

Non ho abbandonato nessuno.

Non ho mai abbandonato nessuno in vita mia, ma Scott non è mio fratello, non è mia madre. Non posso aiutarlo in una missione suicida contro questo tale Ekleston se non può neanche dirmi il motivo per cui vuole prenderlo, o ammazzarlo, o interrogarlo. Non posso dirgli che lo aiuterò con la certezza che moriremo ammazzati. Non c'è tradimento, in questo, non devo sentirmi in colpa. Non ne ho motivo. Voglio rischiare la vita solo quando sono assolutamente sicura che ne vale la pena.

"Sei solo quando decidi di esserlo. E non ti aiuterò a farti ammazzare"

giovedì 3 novembre 2011

my own kind of justice

A nove anni vidi il primo condannato a morte. Ero a Mexican, sfuggita al controllo di mio zio impegnato in una vendita di cavalli. L'uomo sulla forca aveva un aspetto vecchio: capelli e barba ingrigiti, qualche dente mancante, uno sguardo opaco. Le sue ultime parole, prima che aprissero la botola sotto i suoi pedi, furono: "se potessi tornare indietro, ammazzerei quel bastardo altre cento volte".
Ripensandoci, più avanti, decisi che la vendetta non avrebbe mai dovuto guidare le mie azioni. Cos'è che mi muove adesso non mi è molto chiaro, ma sono abbastanza sicura che la sparatoria di ieri non avesse niente a che fare con la vendetta. Non per me, almeno.

Era vendetta per la Winter, forse: Randolph è riuscito a farle perdere quello sguardo distaccato e inespressivo che ha di solito, mettendole in gola una buona dose di rabbia: abbastanza da commissionare un omicidio, almeno. Un eccidio, lo chiamano.

Era vendetta per Buck. Il ranch è casa sua, i lavoratori del ranch la sua famiglia: se i luddisti avessero ammazzato un membro della mia, di famiglia, non avrei esitato un istante a portarmeli tutti all'inferno, ad ogni costo.

Era vendetta anche per la ragazzina, quella Summer Cotton, con la paura che le si sentiva sulla pelle e una pistola troppo impegnativa per lei tra due mani che hanno smesso di tremare solo per un brevissimo istante, l'unico istante che le serviva per premere il grilletto e centrare uno dei seguaci di Randolph.

Probabilmente era vendetta anche per Jim, pagata al prezzo di un dardo conficcato nella spalla che però non ne ha compromesso l'animo e la capacità di sparare.

Non per me, comunque.

Per me era Giustizia. La Giustizia più antica del mondo, quella che vuole vite in cambio di vite, equa e retta. Era protezione: Buck, o Jim si sarebbero potuti trovare in quel capanno esploso al posto dello sconosciuto che ci è morto dentro, e di cui adesso restano solo le ossa bruciate.

Nonostante ciò, ho questa sensazione di cui non riesco a liberarmi, questo peso sullo stomaco, questo freddo sulla pelle che ho dai tempi della guerra, e che mi torna addosso ogni volta che uccido qualcuno. La sensazione di star sbagliando, in qualche modo. La paura, il terrore di essere nel torto, di aver fatto male i calcoli, di aver ammazzato delle persone innocenti, o comunque non completamente colpevoli.

So che non è così, che non è questo il caso. Ma mi è già successo prima d'ora. Mi è successo in guerra e mi torna in mente ogni singola volta che chiudo gli occhi, che sbatto le palpebre. In ogni momento di buio mi torna addosso, insieme a tutto il resto.

Ho ammazzato due preti, comunque, insieme agli altri. Due preti assassini a loro volta, ma due preti.

Dio non deve avermi molto in simpatia, in questo momento.