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sabato 9 novembre 2013

my own kind of ghosts



Al tavolo dove mangiava tutte le sere, di fronte al camino che aveva visto lei e Cole Scott felici, per una notte brevissima. Sulla veranda da cui aveva puntato il fucile in attesa che arrivassero i desperados dei tre fratelli Bolton. Nelle stalle dove aveva tenuto Shamrock, tra i cavalli che aveva curato, ormai vecchi. Nella sala in cui avevano tenuto il corpo ripulito di Buck Blackbourne, con le mani sul cuore e il browncoat macchiato. Nell'infermeria dove l'avevano vaccinata, lungo i campi in cui aveva rischiato la vita contro scorpioni geneticamente modificati grandi come pecore. Dietro la finestra che guardava mentre progettava un omicidio. 

Jack Rooster si muove nella bella casa colonica e la casa le parla di quando c'era Ritter a difendersi dietro i muri, di quando c'era Sterling a bussarle alla porta e Roona Mei Wilson a scartare regali. Le parla di quanto ha dato, quanto ha preteso, quanto non le è stato restituito. Parla di tutti i pugni dati ad Arkan McCorvin e di quando fu cacciata, e il giorno dopo aspettò la squadra di alleati al Crazy Horse Saloon. Parla di Jimbo nascosto in cucina e del ruggito delle notti senza luna. Segue sul pavimento le tracce di una nostalgia piena di rancore. Conta sulle tacche del mauler le volte che ha rischiato la vita per gente che non l'avrebbe rischiata per lei.

"Ammiraglio, è tutto pulito. Procediamo?"

La voce nell'auricolare sfrigola. 

"Aye. Prendete le provviste, e il bestiame. Prendete ogni cosa."



Never took the chance to be
Something I thought I lacked
The only things I give away
Are things I don't want back

domenica 1 luglio 2012

my own kind of quiet








Sono calma.

Calma, mi sfoglio al contrario alla ricerca dell'ultimo ricordo positivo che ho non legato a morti ammazzati, non legato alla lotta e ai pochi successi che ci siamo conquistati col sudore della fronte.

Il sudore della fronte. Mi poggio la mano sulla testa e la sento bollente. Mi poggio la mano sul cuore e lo sento bollente. Non voglio sentirmi così. Non voglio più sentirmi così. Voglio sentirmi calma, quieta. Pagina dopo pagina, cerco l'ultima volta in cui sono stata quieta. 

Montavo l'amaca per Scott. Ero sicura di avere un paio d'ore, durante il suo turno di ronda. Senza fretta, pensavo alla faccia che avrebbe fatto vedendola lì. Ero calma, il natale è una festa che mi è sempre piaciuta, anche dopo la guerra. Ero calma e quieta mentre mi stendevo sull'amaca e la provavo, dondolandola e chiedendomi se avrebbe retto due persone.

Cercavo un libro ad una bancarella. Alcuni li avevo già letti, molti invece non li avevo mai neanche aperti. Cercavo un libro ad una bancarella per il compleanno di Roona Mei, pensavo a mia madre che leggeva le storie a tutti i bambini di Madrida di fronte al falò e a Scott che se ne era andato, ma ero calma, ero quieta. Anestetizzata dalla consapevolezza che non avrei potuto fare di meglio. Anestetizzata dal rileggere quel vecchio racconto, Il Gabbiano. Tenerlo tra le mani e sfogliarlo. Mentre scorrevo le parole, sentivo in testa la voce di mia madre che lo leggeva. 

Roona Mei e Scott non sono pensieri giusti. Non sono ricordi giusti, col senno del poi. Il senno del poi getta tutto in ombra.

Dormivo sulla Almost Home per la prima notte dopo averla comprata. Mi ero scelta una cabina spaziosa e vuota, ci avevo portato un materasso sottile che, mi assicuravano, era stato interamente spulciato, e una coperta da metterci sopra, così da potermi stendere. Senza cuscino, dopo la nostra prima cena insieme da equipaggio, fumavo un'erba profumata in grado di rilassarmi i muscoli, e mi rendevo conto che, da quando ero partita per la guerra, era la prima volta che possedevo qualcosa, che avevo una cosa mia. Ed ero quieta, ero calma.

Ero dietro il saloon, con la schiena premuta sul muro esterno e una siringa nel braccio. Ritter tirava via l'ago e mi diceva che dopo poco avrebbe fatto effetto. Io sentivo il dolore scivolare via come sciacquato dall'acqua fresca in estate, e tutti i terribili pensieri che si erano agitati fino ad un attimo prima tornavano in ordine, diventavano semplici e luminosi. Ogni cosa era rischiarata dalla propria luce, ogni cosa aveva un senso perfetto ed era inserita in un puzzle che combaciava senza forzature, restituendomi un'immagine chiara e accogliente del futuro e del passato. Tutte le cose insensate avevano un senso. La guerra, le persone che ho incontrato, tutti i passi che ho fatto, Cain che moriva tra le mie braccia, il funerale di Blackbourne, John Cassidy che mi cacciava dalla sua nave, ogni cosa aveva un ordine preciso, ed ero svuotata di tutto il rancore, di tutto l'amore, di tutta la felicità, di tutto il dolore e della rabbia. Ero calma. Ero quieta. 

Ero poggiata contro il bancone di Jimbo, con un dolore così forte da farmi riempire gli occhi di lacrime. Avevo il respiro affannato e gli occhi stretti, e sentivo di poggiare le mani nel mio stesso sangue. Affogavo nelle mie emorragie mentre intorno a me continuavano a sparare e a spararmi, e pensavo a quando mia madre ci portava in chiesa a sentire il reverendo Pelton parlare del paradiso e di come tutti abbiano un loro destino e un loro tempo, e di come fare il volere di Dio voglia dire compiere il proprio destino, morire al momento giusto, e che alla fine Dio ci avrebbe perdonati tutti, perché dio è perdono e misericordia e bene infinito. Ero poggiata contro il bancone di Jimbo e stavo morendo.

Ero calma.

Ed ero quieta.



oh mother, I can feel the soil falling over my head, / and as I climb into an empty bed, / oh well, enough said, / I know it's over still I cling, / I don't know where else I can go, over. / oh mother, I can feel the soil falling over my head, / see the sea wants to take me, / the knife wants to slit me, / do you think you can help me, / sad veiled bride please be happy, / handsome groom give her room, / loud loutish lover treat her kindly, / though she needs you more than she loves you, / I know it's over - still I cling, / I don't know where else I can go - over; over. / I know it's over and it never really began, / but in my heart it was so real, / and you even spoke to me and said, / "if you're so funny, then why are you on your own tonight?" / "and if you're so clever then why are you on your own tonight?" / "and if you're so very entertaining then why are you on your own tonight?" / "and if you're so very good looking, why do you sleep alone tonight?" / I know,/ because tonight is just like any other night, / that's why you're on your own tonight, / with your triumphs and your charms, / while they're in each other's arms, / it's so easy to laugh it's so easy to hate, / it takes strength to be gentle and kind, / over and over and over. / it's so easy to laugh it's so easy to hate, / it takes guts to be gentle and kind, / over, over. / love is natural and real, / but not for you my love, / not tonight my love. / love is natural and real, / but not for such as you and I my love, / oh mother, I can feel the soil falling over my head, / oh mother, I can feel the soil falling over my head, / ohhh-ohh, / oh mother, I can feel the soil falling over my head.

martedì 26 giugno 2012

my own kind of bleeding


Devo restare sveglia.


Se rimango sveglia, non tiro le cuoia. 


Se rimango sveglia sopravvivo.


Voglio svenire.


Se svengo smetto di sentire dolore, ma se svengo muoio.

Ooh, che succede adesso, ti senti debole? Che succede adesso, ti ficchi in situazioni così e poi non ti aspetti di morire dissanguata sul pavimento lurido di un saloon di periferia? E' la tua vita che è lurida, lo sai bene. E' la tua vita che è lurida, che tiene lontana la gente, ed è la tua vita lurida che ti rende così ridicola quando metti su la faccia calma e dentro sei una povera disperata. Lo diceva anche lui che in testa non hai un'idea buona, che avanti così ti farai ammazzare, e ora muori, no? Pensi che non veda lo schema? Pensi che non veda il sottile filo rosso che tiene insieme tutte le tue azioni apparentemente senza senso? Roona Mei che si mette in mezzo, Scott che si mette in mezzo, Sterling che si mette in mezzo, Maryanne che si mette in mezzo. Mei mei che ti caccia, Demidov che si mette in mezzo, Sterling e Wright al gabbio, vedere McCorvin ancora vivo, quella visita che hai fatto alla lapide di Blackbourne da lontano, il ritorno del ragazzino che ti ha colpito come un pugno in pieno stomaco, togliendoti il respiro, aggredendoti alle spalle con tutto il carico di passato che vorresti tenere lontano e che invece deve tornare a cercarti e a farti male. Jim. Dio santo, cos'è successo a Jim?

Dio santo, perché penso a Jim? Perché tra le centinaia di persone a cui potrei pensare, penso a Jim? Perché non posso morire con la voce di mia madre nelle orecchie, il sorriso di mio fratello davanti agli occhi? Perché Jim? Perché James Murdock?

Perché Jim ha tradito. Non è stato il primo né l'ultimo, non è stato il più doloroso ma è stato il più chiaro, il più ovvio. Segui il filo rosso. Segui il filo rosso della tua felicità interrotta, della tua vita stuprata da eventi troppo grandi per una persona piccola come sei tu. Sei piccola, è questo che sei. Sei minuscola, e il 'Verse è gigantesco. Sei debolissima, e l'Alleanza è un gigante forte. Sei una sola, e il resto dell'universo ti rema contro. Sei una sola, e remi contro il resto dell'universo.

Non devo svenire.


Se svengo smetto di sentire dolore, ma se svengo muoio.

Non so se ho iniziato tutto perché volevo morire. Non so se ora mi sforzo di non morire perché voglio vivere o perché devo vivere. Non so chi non lo supererebbe in poche settimane. Non so se quello che devo fare devo farlo, o è una scusa per continuare a vivere. 

Non devo svenire.

Se svengo smetto di sentire dolore. 


Se rimango sveglia sopravvivo.

Voglio dormire.


lunedì 28 maggio 2012

my own kind of public relationship


Con Roona Mei al capezzale di Thomson e Sterling uguale, mi sono ritrovata a dovermi occupare di mille cose che al ranch non ho mai fatto. La mattinata intera al banco della frutta e verdura alla piazza del mercato, per dirne una: mai vista una trafila di individui con richieste più ridicole. E i carciofi né piccoli né con le spine, e le pesche noce, e i cavoli verza che non sono uguali ai cavoli cappuccio, e come mi consigli di cucinare queste rape, e quali sono le carote buone per lo stufato, e queste mele che mi hai dato sono tutte ammaccate, e dove stanno i cavalli che ci stanno di solito? Appena è passato Carradine gli ho mollato tutto, e poco me ne fregava che fosse solo passato per portare i cavalli che mi ero scordata. 

C'era quel tipo, quel Mickey, l'oste nuovo dei Marshall. E' uno strano, che non porta armi con sé perché "non gli piacciono" ma che potrebbe voler imparare ad usarle per proteggere "qualcuno", quella di cui è innamorato, dice lui. Deve essere stagione, sono tutti con gli ormoni strani.

Non so se Sterling e Ritter si sono resi conto di ciò che ho fatto. Non so se si sono resi conto che, per quanto volessi sbattere le loro teste contro il muro fino a sfondarlo, non avrei mai ucciso Ritter. Non so se si sono resi conto che quello che li ho obbligati a fare non l'ho imposto solo per tutelare noi, ma anche per proteggere Ritter. Da me. Gli ho dato un biglietto per entrare nella mia famiglia - perché Sterling, nonostante mi abbia deluso, resta famiglia -, una garanzia che non gli farò mai del male, perché non faccio male ai miei. L'ho costretto ad essere dei miei perché in questo modo non potrà sottrarsi. Perché il matrimonio tiene la gente insieme anche quando non si sopporta più, perché in questo modo - quando avrò Sterling col cuore spezzato a bersi l'anima in sala macchine - non dovrò preoccuparmi di prendere il revolver e andare a cercare il suo ex-fidanzato che, senza più il collegamento che li tiene uniti, diventerebbe un rischio che non possiamo permetterci di correre.

Sono stanca. Sono esausta, a ben vedere. La gamba non mi ha mai fatto così male, a volte il dolore mi fa venire le lacrime agli occhi. Di notte, soprattutto. Mi stordisco di antidolorifici finché non sento più neanche il peso della mia vita. John Cassidy diceva che c'è solo un certo numero di cose che una persona può sopportare, e che dopo averle sopportate tutto basta, fine, non può reggere nient'altro. Giorno dopo giorno mi sento sempre più vicina a quel limite. 

Però prendo respiri profondi fingendo che vada tutto bene, che non ci pensi mai a tutto questo. Che non pensi mai a lui, che non sia andata quel pomeriggio a Safeport a cercare il suo tatuatore a Sunset Tower per farmi dire che non torna a casa sua da una vita, che non sia andata a cercare conforto sul corpo di una puttana che puzzava di sudore.

Uno in completo di Koroleva mi ha chiesto, oggi al mercato, se faccio ciò che è giusto. Io gli ho ripetuto quello che diceva mia madre, e che faccio ciò che devo. 

Spero solo di avere abbastanza forze da continuare a farlo.


venerdì 25 maggio 2012

my own kind of poison













"Che hai fatto alla gamba?"

Jack Rooster si accende una sigaretta mentre è ancora distesa nel letto ad una piazza e mezzo, ripiegando il braccio sinistro dietro la nuca, per sostenerla.

"Mi hanno sparato, parecchio tempo fa."

"Ti fa male?"

"No"

Sente l'odore di legno marcio e di muffa, il tipico profumo dei bordelli in legno e metallo che confinano con la baraccata di Sunset Tower. Espira il fumo e studia le lenzuola, considerando che dovrà passare almeno mezz'ora sotto le docce della Almost Home prima di togliersi di dosso tutto lo sporco. Piega le labbra e cerca il posacenere sul comodino, ciccandoci dentro approssimativamente. Della cenere esce fuori. Lei non se ne accorge.

"Sei mai andata con un uomo?"

"Certo"
"E con una donna? Prima d'ora, intendo"
Jack non risponde. Espira il fumo dalle narici e lancia un'occhiata alla ragazza distesa al suo fianco. Avrà una ventina d'anni, forse venticinque. I capelli di un biondo color paglia, morbidi anche se un po' sporchi. Ha fianchi stretti e seni pesanti. L'ha scelta per i capelli lei, però. Non per gli occhi: ora che li guarda bene, sono di una tonalità d'azzurro privo di qualsiasi intensità. Ha una faccia slavata, delle labbra troppo grandi e dipinte di un rosso troppo acceso che la fanno sembrare una puttana. Chiude gli occhi e scuote appena il capo, ripetendoselo a mente: lo è, una puttana.

"Non ti devi vergognare, qui vengono un sacco di donne che magari non si vogliono far vedere dai mariti. E anche un sacco di mariti, a cercare i ragazzi... è normale"

"E vi pagano anche per stare zitti?"

"Cosa?"

"Perché l'accento di Safeport è una merda, fa male alle orecchie". 

Non osserva nemmeno la ragazza mentre ha il tempo di offendersi. Continua a fumare osservando il soffitto, assente. Si gode quei momenti di silenzio, prima che rinizi a parlare. Ha una voce stridula, pensa. Una voce stridula e fastidiosa.

"Come ti chiami?"

"Non puoi andare via?"

"Il padrone mi picchia se esco prima della fine dell'ora. Io mi chiamo Shoshanna"

"E' quasi come se tua madre avesse saputo che lavoro saresti finita a fare, mh?"

Lascia la sigaretta nel posacenere e si mette a sedere sul letto, riprendendo i primi vestiti. Sente le mani sottili della ragazza poggiarsi sulle sue spalle, il tocco delle unghie lunghe le fa venire i brividi, e non quelli piacevoli. 

"Resta un altro po'... se te ne vai prima il padrone mi batte..."

Chiude gli occhi, irrigidisce i muscoli mentre sente i suoi baci risalirle il collo. Sente quanto il rossetto è appiccicoso, se lo immagina stampato addosso. Scrolla le spalle e si passa una mano là dove è stata baciata, tentando di liberarsene. Non è solo il rossetto. E' l'intera sensazione. La sporcizia di quella maledetta stanza, il profumo dolce e dozzinale che lei le sta attaccando addosso.

"Hai dei bei capelli, lunghi, puliti... posso spazzolarteli se vuoi"

"Non voglio"

"Possiamo rimetterci al letto se vuoi"

"No."

"Resta un altro po'..."

Jack inizia a raccogliersi i capelli dietro la nuca, alza la coda, si cerca attorno il laccio e lo prende, legandoli alti. Si rimette in piedi per rivestirsi rapidamente, dando le spalle a Shoshanna. Non la guarda nemmeno, cupa nello sguardo e nella piega delle labbra.

"Posso chiederti una cosa?"

"Ho come l'impressione che me la chiederai lo stesso"

"Le donne che vengono qui di solito... sono vecchie, o molto molto brutte... tu invece non sembri una che ha difficoltà a trovarsi donne, o uomini, per conto suo..."

"Non ho molta fortuna con gli uomini"

"Che vuol dire?"

Jack si infila la camicia senza ancora abbottonarla, poi i pantaloni. Controlla che i soldi siano ancora nelle tasche, quindi sposta lo sguardo sul cinturone che ha lasciato vicino al comodino. Si china a raccoglierlo stringendoselo in vita ancora prima di essersi abbottonata la camicia. 

"Vuol dire che scappano a gambe levate ogni volta"

"Ogni volta?"

"Ogni volta che stanno con me per un po'"

"E perché?"

Sorride in modo amaro, le palpebre pesanti di tutti i pensieri che quelle domande portano a galla. 

"Mai avuto modo di chiedere"

"Forse non hai ancora incontrato la persona giusta. Basta avere un po' di fiducia, però. Io sono sicura che la incontrerò, prima o poi. La persona giusta, intendo. L'uomo che mi tirerà fuori di qui".

Lei si volta verso la ragazza mentre si sta ancora abbottonando la camicia, la osserva dall'alto verso il basso con un velo di scettico sarcasmo sul viso, una forma di pietà superiore che non arriva ad essere compassione o partecipazione. Abbottonata la camicia, se la infila nei pantaloni. Poi il gilet, infine il browncoat. Controlla le tasche un'ennesima volta, poi prende il rotolo di banconote che ha con sé. Pesos. Conta il giusto concordato e lo lancia sul letto, di fronte a lei, senza la benché minima delicatezza.

"Apri gli occhi, ragazzina, nessuno si prenderà mai una puttana - e lo dice con la massima asciuttezza, senza lasciarsi impietosire dallo sguardo ferito della ventenne - se vuoi una via d'uscita, inizia a risparmiare per comprartela". 

Si mette i pochi soldi che restano in tasca e si volta, dirigendo verso la porte. 

"Aspetta... è tuo questo? Cos'è?"

Si volta, nelle unghie fragili la biondina tiene un pezzo di metallo tagliato con gli angoli smussati, cui è stata applicata una clip. Lei si porta le mani alla catenina militare che ha al collo, da cui si è chiaramente sfilato.

"E' la scheggia di una bomba."

"Oh"

Shoshanna la osserva da vicino, poi la tende cautamente verso Jack per restituirgliela, con delicatezza, come se avesse paura che potesse ancora esplodere.

Jack la guarda. Assottiglia le palpebre per osservarla bene, stringe le labbra. Si ricorda l'amaca a Natale, il libro, la scheggia, il modo in cui si erano stesi insieme a dondolare per mezz'ora prima di andare a mangiare con gli altri. Si ricorda il calore della sua pelle, i muscoli tesi sotto la carne delle spalle, i giorni in cui ancora sorrideva quando la vedeva, tutti i litigi, tutta la rabbia irrisolta, il modo in cui le aveva urlato in faccia vicino alla quercia nera di notte, il mulino, la speranza di poter risolvere le cose, l'impegno preso a risolvere le cose, le parole con cui le aveva chiesto di riprovarci sulla Almost Home, le sue mani sui fianchi, la prima volta che era scivolato nella sua cabina di notte, dopo il turno di sorveglianza, il camino del ranch, le ore passate davanti al portellone chiuso della sala macchine senza avere il coraggio di superarlo e parlare, i silenzi, la durezza delle parole, quella volta in cui si era ubriacata al Crook Saloon e lui l'aveva presa in braccio dicendole che in un'altra vita, magari, l'avrebbe addirittura sposata, il dolore di quell'addirittura, il dolore di dovergli dire vorrei averti conosciuto in un'altra vita, la freddezza in cui demoliva ogni suo slancio, il distacco dei momenti in cui, rassegnato, rifiutava di parlare, le braccia coperte di tatuaggi sottili, il suo modo di fumare senza inghiottire mai veramente il fumo, la sua ostinazione nel non prendere i soldi della Almost Home, i loro stessi passi in cui quasi inciampavano quella volta che andarono verso la sua cabina attaccati, la soddisfazione di risvegliarsi accanto a lui di mattina, quella volta che disse, neanche un mese prima, che già si sentiva il suo uomo, quella volta che lui gli disse che le ricordava sua sorella, le sue labbra tra i denti, gli sguardi severi ogni volta che prendeva una pillola, la sera in cui organizzò una cena con vino e candele nella sua cabina, il modo buffo in cui non sapeva andare a cavallo, la paura di averlo portato alla morte sicura sulla Cecilia Carter, il distacco con cui trattava il resto dell'equipaggio, il gelido calcolo con cui era uscito dalla Almost Home e dalla sua vita. 

"Tienila", le risponde. 

Poi esce e si chiude la porta alle spalle.

you only know what I want you to / I know everything you don't want me to / your mouth is poison, your mouth is wine / you think your dreams are the same as mine / oh I don't love you but I always will / I always will / I wish you'd hold me when I turn my back / the less I give the more I get back / your hands can heal, your hands can bruise / I don't have a choice but I still choose you / I don't love you but I always will / I don't love you but I always will / I don't love you but I always will / I always will / I always will


domenica 29 aprile 2012

my own kind of falling out of love


"Abbi fiducia in me"


Litigare, urlare, perderci il sonno, cercare di aggiustarlo, crederci un minimo.

E' tutto inutile. Lui resterà il mago che non rivela i suoi trucchi, e io quella che resta sempre un passo indietro.











Haven't you seen me sleep walking?
'Cause I've been holding your hand
Haven't you noticed me drifting?
Oh, let me tell you, I am

Tell me it's nothing
Try to convince me
That I'm not drowning
Oh let me tell you, I am


Please, please tell me you know
I've got to let you go
I can't help falling
Out of love with you

Why am I feeling so guilty?
Why am I holding my breath?
Worry 'bout everyone but me
I just keep losing myself

Tell me it's nothing
Try to convince me
That I'm not drowning
Oh let me tell you, I am

Please, please tell me you know
I've got to let you go
I can't help falling
Out of love with you

Won't you read my mind?
Don't you let me lie here
And die here

Please, please tell me you know
I've got to let you go
I can't help falling
Out of love with you

Haven't you noticed?
I'm sleepwalking

venerdì 20 aprile 2012

my own kind of decision to make



Guardo Roona Mei che si dirige in casa dopo un sorriso stirato. La gamba mi fa male. 

Giro la testa verso il sentiero, la jeep della Winter è già lontana. Prendo un respiro profondo come mi ha insegnato mia madre, e mi concedo il lusso di zoppicare fino ai gradini della veranda. Ho bisogno di tenermi ad un palo per mettermi giù seduta, così da non caricare troppo peso sulla gamba. Un altro respiro profondo. Come mi ha insegnato mia madre: non c'è paura che un respiro profondo non possa spazzare via.

Di paura ne ho avuta. Quando la Coyote Queen è calata sui campi di Greenfield, ero sicura che avrebbe sparato. Nel migliore dei casi avrebbe bruciato ettari di campi, nel peggiore avrebbe ammazzato qualcuno. No, nel peggiore avrebbe ammazzato tanta gente. E in quel preciso momento, mentre avevo il cuore in gola, ho risentito ciò che mi aveva detto Edwards solo poche ore prima. Aveva detto: "abbiamo intenzione di lasciar fare il bello e il cattivo tempo a James Murdock ancora a lungo?". Maledetta, me lo sono tra i denti: maledetta voce della ragione, maledetto grillo parlante, avrei dovuto pensarci io e avrei dovuto pensarci prima. E ora che abbiamo evitato di un soffio la peggiore delle tragedie, ora devo fare quella scelta. E farla presto, prima che ritorni.

La verità è che mi sento in colpa, per Jim. Jim è stato tra i miei compagni più cari e uno dei primi a mettere piede sulla mia nave. Uno dei primi a credermi quando gli dissi che c'era un fronte organizzato, uno dei primi a darmi fiducia. Non gli ho piantato io negli occhi quello che ha adesso, ma se non l'avessi voluto nel mio equipaggio ora non potrebbe vedere così lontano, e aver perso allo stesso tempo così tanto la testa. E' pazzo: non vedo un motivo, un pattern, una ragione precisa in nessuna delle azioni che compie. E' mosso da pulsioni quasi infantili, è completamente pazzo: e dio sa che parte ho avuto io, nella sua pazzia.

Rivedo gli occhi velati di lacrime di Roona Mei, poco prima di andare a dormire. Ha il cuore grande come quello di un leone, ma resta pur sempre una bambina, con soli vent'anni e una bontà smodata, e niente di ciò che le sta succedendo se lo merita. Tutti abbiamo perso Blackbourne, ma tutti noi l'avevamo messo in conto tra le possibilità, tutti noi ci eravamo abituati. Lei si è occupata del funerale, lei è minacciata dai Bolton, lei ha James Murdock col fiato sul collo, alla ricerca di una ridicola vendetta per seicento dollari. 

Seicento dollari. Ci avrebbe ucciso, per seicento dollari. 

Un respiro profondo e uno ancora, per smettere di tremare. Me lo ripeto: no, Roona Mei non si merita niente di tutto questo. Non si merita di essere in pericolo, non si merita neanche di avere nemici. Nei suoi occhi neri si tuffa tutta la bontà e l'innocenza del 'Verse, e per quanto sia sbagliata questa vita, non c'è verso che lei debba scontarne il prezzo. Non è giusto. Va fermato.

Devo avvertire Scott... Cole, devo avvertire Cole. Devo parlare con lui del dafarsi. Stanotte ho dormito serenamente, come non mi capitava da mesi. Ritrovarmi la mattina l'odore di motori che si porta dietro fin dentro le narici mi ha fatto sentire in buona compagnia. Vorrei che durasse, ma per quanta serenità mi possa mettere dentro mi troverò sempre davanti Donna Winter, prima o poi, a ricordarmi che per quanto la sua fedeltà sia consegnata a me e nella Almost Home, sarà sempre un uomo spaccato in due. Ho provato a fare un passo avanti. Non so nemmeno se volevo trascinarlo per vedere fino a dove si sarebbe spinto. So che ogni volta che lo guardo negli occhi cerco l'incertezza e il rancore, e il modo particolare che ha per dimostrare la frustrazione, e quel lampo di rassegnazione che gli attraversa il volto quando si sente incompreso e indesiderato. 

Non è il modo giusto per iniziare niente, forse per finirlo. Ma non voglio finire. E adesso non saprei neanche che paracadute garantirgli: con Donna Winter fuori dai giochi di Hall Point, non avrei niente da consigliargli né da offrirgli. Ma forse mi sto facendo troppi problemi, e lui ha in verità molto meno bisogno di me di quanto immagino. Se l'è cavata, mentre non c'ero. Si era trovato un buon lavoro, non onesto forse, ma quale lavoro lo è al giorno d'oggi?

Devo smettere di pensarci. Devo smettere di sentirmi sul filo di un rasoio, devo smettere di pensare che lo sia lui. Devo concentrarmi su Jim, sul problema che costituisce, sui danni che potrebbe fare in futuro, su quanto sia diventato pericoloso per tutti, nonché per il nome di tutti quelli che in vita loro hanno indossato un browncoat.

Devo prendere una decisione. 



venerdì 13 aprile 2012

my own kind of ideal


Ci sono delle persone.

La prima è una donna elegante. Si fida della mia parola, nonostante io non mi fidi della sua. Non mi odia nonostante sappia benissimo quanto io odi lei, per mille e uno motivi che giocano a scavalcarsi nella mia testa. Il primo è che lui si è già messo in pericolo, per lei. Il secondo è che lui mi ha chiesto di mettermi in pericolo, per lei. Il terzo è che è uguale a tutti quelli della sua razza: invece delle armi avrebbe conquistato il rim con la cultura e la tecnologia del Core. E' un ragionamento sbagliato, sbagliato fino al midollo delle ossa, e nessuno di loro se ne rende mai conto quando lo pronuncia. E' sbagliato perché parte dall'assunto che il Core sia più evoluto, che abbia una missione di civilizzazione nei confronti dei "meno fortunati", dei barbari, di noi. Come è convinta che sia Josephine Leroux. Lei non è da meno. Lei è uguale.

E' uguale, ma mi dà risposte quando pongo domande. Poi mi dice che sono un'idealista.
Le dico non sono un'idealista. Sempre combattuto per cose concrete: la terra, la libertà di decidere per se stessi. Non sono un'ingenua, so che abbiamo perso la guerra.
Lei è ubriaca e mi dice che questo è il punto. Che sono un'idealista perché lo so, e continuo a combattere.

Ai suoi occhi, questo è essere un'idealista: andare contro le proprie possibilità. Ma non mi ha sentito, non a fondo. Le ho detto non sono un'ingenua. Le ho detto che o così o morirei. Le ho detto, e l'ho detto chiaro: "io non ho molto altro, per cui vivere". Ma non ascoltano, non lo fanno mai.

L'altra è Roona Mei Wilson.
Lei dice che parlo per entità astratte, perché definisco la gente la mia gente. I suoi occhi danno al 'Verse una forma diversa, in cui nessuno ha mai vinto la guerra, in cui adesso siamo solo tanti pesci in un mare infinito che non fa distinzioni. Dice che non c'è mai stata Giustizia, che la Giustizia non è di questa vita. Che siamo tutti persone, che siamo tutti uguali.
Io so che non è così. So che quando mi alzo in piedi, la mattina, mi alzo in piedi da sconfitta. So che ogni mattina, quando mi alzo in piedi, sono costretta a chiedermi se ne sia valsa mai la pena, se non avremmo fatto meglio ad arrenderci subito e a farci conquistare, col senno del poi. Vivo la giornata da sconfitta, mangio con altri sconfitti come me e medito vendetta come solo gli sconfitti sanno fare. Quando provo a dormire, la notte, sogno l'odore di decomposizione che emanava il corpo di Cain, dopo notti passate all'addiaccio, a piangere e a vomitare, abbandonati da tutti, arresi. Questo a Roona Mei non potevo raccontarlo. Non potevo perché lei è giovane, e ha la dolcezza della gioventù negli occhi, e dovrei odiarla per strappargliela via e trascinarla nella mia miseria.

Non lo faccio. Imbraccio il mio benson sei colpi e tengo gli occhi fissi sullo sterrato, in attesa di sentire le vibrazioni del terreno che annunceranno l'arrivo dei Bolton e della loro banda. Stringo il cannone come fosse il mio più caro amante e mi dico all'inferno, è così che morirò io, perché quando ci hanno invasi mi hanno tolto ogni altra scelta e ogni altro posto e ogni altra possibilità e ogni altro modo di vivere che non fosse quello in cui stringi il tuo benson sei colpi come se fosse il tuo più caro amante, e aspetti di morire, perché se non accadrà stanotte accadrà presto, e inizi ad immaginare il proiettile col tuo nome sopra che ti aspetta dietro ogni angolo.

Con una giacca blu.

Con venti cavalli.

Con un cappotto nuovo che ha sostituito quello marrone.

Con le unghie lunghe e curate.

Con gli occhi che immaginavi di tuo padre.

Mi dico che non sono sola. Punto gli occhi su Sterling che è agguerrita, su Edwards che è selvatica, penso a Cole e ai suoi sbalzi di umore, e mi ripeto che il giorno in cui non potrò tenerli più al sicuro Sterling avrà Edwards ed Edwards avrà Sterling, e lui avrà una chance su Hall Point, un lavoro adatto che gli permetta di costruire qualcosa, e una donna che può occuparsi di lui, che dice che lo ama, e mi ripeto che è giusto che sia così, perché le cose devono fare il loro corso, gli sconfitti devono rassegnarsi ed andare avanti, e provare ad essere felici con ciò che resta loro, perché non sono tutti come me, non sono tutti pieni di rabbia e odio e insoddisfazione.

Ma io ho ancora il benson tra le dita, e la voce di Cain nelle orecchie, quando ripeteva quell'adagio.

"Qual è l'unica cosa che diciamo alla morte, Jack?"
"Not today"



lunedì 9 aprile 2012

my own kind of battles




Cosa sta succedendo qui?
E' un parente di Jack Rooster?
Lavora per me, sono il suo capitano. Che è successo?
Miss Rooster ha rifiutato di collaborare con un ufficiale alleato per dei controlli di routine, ed è stata per questo condotta allo sceriffato locale per accertamenti sulla sua identità e attività.
Di nuovo?

Sto bene. La gamba ancora regge, in fondo. Il dolore è sopportabile. Mi hanno tolto tutto. Le armi, la cintura, anche la targhetta militare e la scheggia. Gli antidolorifici. Ma sto bene. Devo solo resistere alla notte. Finché tengono la luce accesa, non ci sarà problema. Devo solo addormentarmi. Devo addormentarmi, così se spegneranno la luce non me ne renderò conto, sarò in oscurità diverse, passate. Basta isolare il dolore alla gamba, tagliarlo fuori dal resto delle sensazioni. Fare respiri profondi, sentirli dentro i polmoni, poi espirare.

Grazie per aver pagato la cauzione.
Hanno già detto che la prossima volta non te la caverai con la cauzione, ti porteranno in tribunale.
Vedrò di prenderli a calci in culo solo sugli skyplex che attracchiamo, allora.
Mi sembra che di calci in culo ne stai prendendo tu più di tutti.

Mi va bene che non sia intervenuto, quando è successo. Mi va bene che sia sceso da cavallo, che abbia alzato le mani, che abbia fornito il suo IdN e che sia stato lì a guardare mentre quel bastardo di Phillps mi disarcionava da cavallo e mi stringeva le braccia al collo per impedirmi di prendere il respiro... mi va bene.

Qual è il tuo cazzo di problema, Jack?
Il mio cazzo di problema è che tu hai combattuto dall'inizio alla fine come me, che hai perso ogni singola cosa come me, e che nonostante questo, quando quei bastardi vengono a pretendere da noi identificativo tu glielo dai, e fai pure un inchino, quando dovresti essere incazzato come me e coprirmi le spalle, perché sono io che sono dei tuoi, e sono io che ha combattuto la guerra dalla tua stessa parte, e sono io che ho ragione a non voler chinare la testa così in basso da riuscire a vedermi solo la punta dei piedi.

Mi va bene, me lo ripeto. Ho scelto lui come mio primo ufficiale per un motivo preciso: perché qualcuno tenga la testa sulle spalle quando quei bastardi mi fanno perdere ogni bussola. So che se avessi avuto veramente bisogno di lui sarebbe intervenuto. So che dire tutte quelle stronzate, e parlare con loro come se non fosse un loro nemico, è il suo modo di gestire la situazione. L'ha gestita bene: lui se ne è andato, e ora sono io che sto in questa cella del cazzo. Devo solo ripetermelo abbastanza volte. Se lo faccio, poi mi convinco.

Ma la guerra è finita.
La guerra è finita un cazzo, John: tutta la nostra gente non è morta solo perché poi noi perdessimo. Il conflitto aperto sarà finito, ma la guerra no, ci puoi giurare. Fossi l'ultima persona che la combatte, la fottuta guerra non è finita.
E come la combatti, pigliando a pugni un paio di assaltatori?
Uno alla volta. Prima o poi finiranno 'sti stronzi, no?

Alesha Baland: l'ho sentito bene, il nome. Alesha Baland, Gregory Phillps. E l'altro, il biondino che è stato dietro il gatlin per tutto il tempo. L'ha chiamato "Nathe". Devo ripetere i nomi, rivedere le facce. Alesha Baland, Gregory Phillps, Nathe. Alesha Baland, Gregory Phillps, Nathe. Mi faccio scivolare i loro volti davanti agli occhi, sperando che la ripetitività di suoni e lineamenti mi faccia addormentare.

Da adesso in poi quello che farai quando ti chiederanno l'IdN, sarà darglielo. E se ti diranno di alzare le mani in alto, alzerai le mani in alto, e ti curerai di tenerle bene in vista. Avanti di questo passo ti farai ammazzare, Jack, e cazzo non voglio altri funerali da celebrare.
Almeno mi risparmierò il tuo funerale tra cinquant'anni, quando morirai grasso e felice in una casetta di campagna, pagando le tasse ogni mese ai nuovi padroni. Aye, preferirei decisamente venire ammazzata che assistere a quello.
Senti, se non vuoi farlo per te fallo per me, d'accordo? Puoi fare questo? Puoi farlo per me?
Devi essere impazzito, se pensi che una stronzata simile possa dissuadermi dallo sparare un proiettile in mezzo agli occhi di un assaltatore, uno di questi giorni.

Devo scegliermi le mie battaglie, Sam me lo diceva sempre, da quando ero ragazzina. Mi diceva kid, you better choose your battles wisely, 'cuz no way I'm gonna be here forever, you know? A volte mi chiedo se non avesse ragione. Lo so che pensava di me, lo diceva spesso a mia madre, mentre io origliavo dalla cima delle scale. Diceva che ero un terremoto, che non guardavo in faccia nessuno. Che non importa quanto fosse sconveniente, controproducente, pericoloso: se ritenevo che qualcosa andasse fatto, lo facevo e basta. Diceva se fosse più sveglia e meno testarda, potrebbe campare fino a cent'anni. A vent'anni di distanza, sto ancora cercando di capire se fosse un complimento o meno.

Forse sono davvero inadatta. Forse dovrei riempirmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una grande base alleata nel Core. Forse è davvero l'unico apporto che sono in grado di dare a questa guerra.

Se solo riuscissi a dormire...

giovedì 5 aprile 2012

my own kind of secrets

2495, Mexican (Shadetrack)

"Oh, ma che fai?"
"Tanto Sam ci mette un'ora a vendere quei cavalli"
"Sai che culo ti fa se scopre che sei andato al porto spaziale?"
"Be', ce lo farà ad entrambi, visto che mi hai seguito..."

Cain Rooster sorride da sotto il cappello che getta in ombra un viso giovane e arrogante, sul quale si affacciano i primi fili di barba. Jack ha tredici anni, capelli arruffati sotto una bandana rossa, degli stivali vecchissimi che suo fratello usava da bambino.

Il whisky inizia a non fare più effetto, sulla gamba. Forse sono tutte queste notizie, queste chiacchiere. Cosa ha detto che è? Istinto. Si fida per istinto... e io posso fidarmi a tal punto di lei da credere al suo istinto?

"D'accordo, ma diamoci una mossa. Che ci siamo venuti a fare qui, comunque?"
"Così, volevo dare un'occhiata"
"E che c'è da vedere? Un branco di ladri spaziali che nel tempo libero trasportano vacche"
"E puttane a volontà e gente di malaffare... sai cub, inizi ad avere una certa età, mica devi credere a tutto ciò che dicono mamma e Sam"
"Non chiamarmi cub..."

Devo fidarmi del suo istinto, anche se ha giocato col suo corpo in quel modo? Dice che l'aveva fatto pure Blackbourne, insieme a lei. Ma non è una cosa naturale. Dio non c'entra niente, ma se nasciamo con due gambe, due braccia e una testa e basta, un motivo deve esserci. Quei giochi genetici hanno fatto impazzire Jim, ne sono quasi sicura. E' uscito fuori di testa. Altrimenti non avrebbe fatto ciò che ha fatto.

"Guarda quella... è una classe firefly"
"E tu che ne sai?"
"Ho trovato delle foto con Tom."
"Il giovane dei fratelli Barclay?"
"Quello è Tim. Il maggiore."
"I Barclay sono teste matte"
"Pensavo ti piacessero proprio per questo, no?"
"Perché stavate ad informarvi sulle navi, tu e Tom Barclay?"

Ma almeno me l'ha detto. Me l'ha detto subito, è più di quanto abbia fatto Scott col suo. Dovrei prenderlo come un gesto di rispetto. Forse lui ha ragione quando dice che non ci vedo bene. Forse dovrei rassegnarmi al 'Verse che cambia, a queste puttanate che ci dicono di iniettarci nelle vene per essere migliori.

"Sai mantenere un segreto, Cub?"
"Non chiamarmi Cub"
"Lo sai mantenere o no?"

La tredicenne solleva una mano e dà un pugno sulla spalla del fratello.

"Io il tuo culo lo copro da quando da ragazzini andavamo a rubare le mele alla vecchia vedova Smith".
"Sarebbe un sì?"
"Aye. Che segreto?"

Niente più segreti sulla mia nave. Non ne voglio. Allora le ho detto il vero motivo per cui sono andata via: che dovevo tenermi lontana da Capital City. Che lì c'è il resto della mia famiglia, e che la mia famiglia non vuole avere niente più a che fare con me. Che Scott non ce l'ha con me perché ho lasciato la Almost Home, ma perché ho lasciato lui. Le ho anche detto che la resistenza ha bisogno di gente come loro: ha bisogno di lei, di Scott. Di persone che sappiano costruire. Io so solo distruggere. L'ho detto anche a lui: io dentro ho solo rabbia, e il giorno che la rabbia non servirà più, io non sarò niente. Mi va bene così. Non sto combattendo per un 'Verse in cui vivere. Il mio treno è passato, lo capisco, l'ho visto. Sto combattendo perché magari a qualcun'altro servirà un mondo libero. Combatto perché se non lo faccio io, lo farà qualche idiota pronto a lasciare famiglia e amici per i suoi ideali. Io non ho più niente da perdere. Io sono sacrificabile.

"Io e i Barclay stiamo mettendo da parte un po' di soldi... tempo qualche anno e ne avremo abbastanza da comprarci una nave usata."
"E che ci vuoi fare con una nave usata?"
"Ci mettiamo in affari... in affari veri, interplanetari."
"Non hai mai messo il muso fuori da Shadetrack e ora vuoi viaggiare?"
"Aye. Voglio un po' di avventura, Cub, un po' di rischio. La vita è una sola, no? Non la passerò tutta a lavorare nei ranch o a condurre manzi."
"Tu ti sei bevuto il cervello, Cain"
"Te lo farò vedere, Jack. E se diventi brava a fare qualcosa, ti farò lavorare sulla mia nave"
"E come si chiamerebbe questa nave?"
"Non lo so, dobbiamo ancora pensarci"

La gamba mi fa sempre più male, dal funerale di Blackbourne. E la paura del buio è peggiorata. Adesso ci metto sempre più tempo anche a chiudere gli occhi, la notte. Ieri un'ora solo per decidermi a tenerceli chiusi. Un'ora, due joint, tre birre.

"Che te ne pare di Almost Home?"
"Mh?"
"Be', se vuoi mandare a puttane tutto, prendere una nave e partire tanto vale che ti porti dietro un pezzo di casa, no?"
"Almost Home... mi piace."
"Almost Home"
"Penso che potrebbe diventare la mia nave".

sabato 31 marzo 2012

my own kind of loneliness

"La tua vita deve essere un inferno, Jack Rooster"
"Non lo è. Non è un granché. Ma ho la mia gente, che siete voi. C'è a chi è andata peggio"

Nel momento esatto in cui le ho risposto, ho temuto di averle mentito. Non le avrei mentito se gliel'avessi detto tre mesi fa, forse. Quando il mio equipaggio era ancora mio, quando Jim era dei nostri e Blackbourne era ancora vivo, anche se lontano, nelle tenute a sud di Greenfield.

Mi piace Edwards. Mi piace che abbia deciso di combattere con noi nonostante abbia vent'anni, o qualcosa di più. Mi piace che non mi stia dando problemi, che mi abbia accolta anche se mi conosce a stento e ha conosciuto solo Scott come capitano. Mi piace anche Sterling, il suo odore di alcol, e questo Sam sembra uno poco sottile ma deciso sul dafarsi. Diventerò il loro capitano, prima o poi, ne sono sicura. E se non ne sono sicura lo devo comunque credere.

Ho portato la scimmia che ho comprato con Ed sulla Almost Home, poi sono andata al Crook Saloon a bere, sapendo che per le ore imediatamente future mi potrò semplicemente buttare sulla mia branda e farmela passare. Ho bevuto. Bevo ancora, qui accettano pesos, vale la pena.

Cole mi manca... quello di prima, intendo. Vorrei ascoltarlo, confrontarmi serenamente con lui sul lavoro, almeno, ma me lo rende impossibile. Ogni parola che dice, ogni occhiata, ogni tono che usa, sembra che la sua missione sia diventata quella di screditarmi, di farmi passare per un'idiota. L'ho detto ad Edwards: lasciandogli la Almost Home, gli ho lasciato tutto ciò che mi resta in questo fottuto 'Verse... a lui, a nessun'altro. Sapevo che sarebbe stato un buon capitano, che avrebbe portato le cose avanti, che non si sarebbe arreso. Mi sono fidata. Se c'è qualcuno di cui mi sono fidata, quella persona è stata Cole Scott.

Qualcuno mi bussa sulla spalla e mi chiede se voglio fare un giro. Poggio delicatamente lo shotgun sul tavolo e gli dico di togliersi dai coglioni senza neanche guardarlo in faccia. Nessuno mi bussa più sulla spalla, suppongo quindi che abbiano capito.

Per qualche motivo Cole Scott non mi ritiene degna della sua fiducia, però. Certe cose ti colpiscono come una sprangata in pieno petto, di quelle che ti fanno mancare il respiro e ti rompono le costole abbastanza da farti aver paura che le schegge buchino i polmoni. Quando lui mi ha detto che sono povera di idee e di inventiva mi sono sentita più o meno così, però presa alle spalle.

Gli uomini non li guardo, si somigliano tutti in questo posto. Tengo gli occhi sulle puttane, però. Indossano dei corpetti che fanno uscire tutto, e queste gonne a balze che sollevano di continuo, a scoperchiare le giarrettiere e gli aborti di una vita che si incrociano sui loro ventri.

Non voglio che stia zitto. Voglio che parli e che abbia il coraggio di alzare la fottuta testa quando lo fa, di guardarmi negli occhi. Ma non mi guarda negli occhi, mi dà solo addosso, e quando gli dico piantala di darmi addosso fa finta che gli abbia detto stai zitto, e sta zitto, e posso vedergli dentro tutto il biasimo, tutto il rancore che nutre nei miei confronti, e mi chiedo cosa ho fatto per meritarmelo. E' come avere un nemico che dorme accanto a te, che aspetta il tuo passo falso per dire che non sei adatta a ciò che fai. Mi ha detto avrai paura di me, Jack. Lì dove cercavo supporto, dove ricordavo amicizia, ho trovato qualcuno che invece vuole lo scontro, la competizione. Vuole che abbia paura di lui. Cole Scott vuole che abbia paura di lui.

Penso a questo e mi chiedo se sia solo un brutto incubo, uno ancora peggiore della mia vera vita. Cerco risposte nel fondo del bicchiere e, visto che non ne trovo, ordino un altro giro. Sally, così si chiama quella coi capelli biondi, canta una canzone sporca dalle ginocchia di un mercenario.

Non me l'aspettavo. Non mi aspettavo che Jim ci avrebbe tradito, andando a fare le stragi, a rubare al ranch e a dire a Donna Winter chi siamo. Non mi aspettavo di tornare e trovare Buck in una bara, non mi aspettavo che sarebbe stata Donna Winter a dirmelo. Non mi aspettavo che Cain sarebbe morto in guerra, non mi aspettavo che Scott andasse a lavorare per lei due settimane dopo la mia partenza e che mi odiasse due mesi dopo. Non mi aspettavo che Anne non volesse vedermi, che avesse cambiato nome a se stessa e al ragazzino. Quando tornai a Shadetrack, dopo la guerra, non mi aspettavo di vedere casa mia distrutta e la mia famiglia sei piedi sotto terra.

Quando ho comprato la Almost Home, non mi aspettavo che mi sarei sentita mai più così sola.

Con le canzonacce di Sally nelle orecchie, scolo un altro bicchiere senza neanche sentire più il bruciore nello stomaco. Rovescio i pochi soldi che mi restano sul tavolo, cercando di capire se sono abbastanza ricca da comprarmi un po' di compagnia.

mercoledì 28 marzo 2012

my own kind of oldest friend

Di persone buone in questo mondo io non ne ho conosciute tante. Anche io mi sforzo ogni tanto, ma poi m'incazzo facilmente e vengo alle mani presto. Ho un verme dentro, me lo diceva sempre John Cassidy.

Buck Blackbourne comunque era una di queste persone buone. La gente non ce la fa più a sentirmi, ma ogni volta che incontro uno nuovo gli racconto di come gli devo la salvezza della mia gamba destra, che tutti dicevano che bisognava amputare. Lui no: lui dei razionamenti degli antibiotici non gli fregava niente... mi conosceva appena, ma in quella guerra maledetta mi aveva preso a cuore, per qualche motivo per cui dovrei ancora ringraziare Dio. Quindi vado in giro a dire di come Buck Blackbourne mi ha salvato la vita.

Di Buck ricordo tante cose piccole. Ricordo il modo caldo e stretto in cui mi abbracciava, ricordo come mi guardava sempre da capo a piedi con quei suoi occhi attenti, cercando di capire sempre se stessi bene, in forze, neanche potesse leggermi addosso tutti gli acciacchi delle vecchie ferite, fisiche e morali.

L'ultima volta che l'ho visto ha fatto lo stesso: mi ha abbracciato fin quasi a sollevarmi da terra, poi mi ha guardata attento e mi ha chiesto come stavo. Era di passaggio, e io ero felice di vederlo.

La penultima volta che l'ho visto fu prima che partisse per le tenute di Mason a sud. Io ero arrabbiata per la brutta questione di quel prete luddista, che eravamo andati ad ammazzare e che poi si rivelò non aver commesso la strage al ranch. Io ero delusa, ed ero arrabbiata, perché avevo fatto un favore gratis a Donna Winter senza che servisse niente al ranch e a lui, mi sentivo stupida per non aver controllato, e gli dissi che era l'ultima volta. Ricordo di come si avvicinò a me a braccia aperte, come sempre, di come non gli andai incontro e lasciai le sue braccia vuote.

E' un brutto ricordo e faccio di tutto per togliermelo dalla testa. Ma ce l'ho piantato tra le tempie, così come ho piantata tra le tempie la sequenza che Donna Winter mi ha descritto, momento per momento, e che ha portato alla sua morte. Quando me l'ha detto ero confusa, non ragionavo bene. Sono andata via che mi sentivo barcollare, mi sono chiusa in un cesso dello skyplex e ho pensato bene di vomitare l'anima. Poi ho bevuto, ho vomitato un altro po' e sono andata a trovare la mia nave appena attraccata.

C'era Cole.

Non immaginavo avrebbe fatto i salti di gioia, ma speravo che fosse felice, in qualche modo. Mi ha buttato addosso il resoconto di due mesi e mezzo d'assenza, poi è andato a dormire. Pare lavori ad Hall Point, adesso.

Poi oggi ho incontrato Sterling a bordo, i suoi occhi verdi e il suo sorriso mi hanno fatto sentire bentornata per la prima volta da quando avevo messo piede sulla nave. C'è uno nuovo, un tale Sam Cooper. Abbiamo mangiato insieme, Scott si è rifiutato di sedersi con noi. Be', con me.

Ci ho parlato meglio stanotte, alla quercia nera. Volevo discutere di questo tale che si chiama Smith, dei tre avangers. L'abbiamo fatto, poi mi ha buttato addosso così tanta merda che mi sorprendo di riuscire ancora a respirare. Non ha una grande opinione di me, penso che un po' mi stia odiando. Forse dovevo restare dove stavo, farmi assegnare da Renshaw ad un altro equipaggio. Forse ha ragione lui e questo non è lavoro per me, non riesco a vedere le sottigliezze, a chiudere gli occhi e tapparmi il naso e fare affari con i miei nemici. Potrei sparire di nuovo senza avvisare, questa volta, non farmi più vedere. Sembra se la sia cavata bene con l'equipaggio, con il lavoro e... la guerra. Lasciargli tutto sarebbe un atto di onestà, una gentilezza verso di lui e gli altri.

Ho anche incontrato Deliorra Hopfkin. E' tornata al ranch, mi ha fatto venire una mezza idea di andare a dire a questa ragazza nuova se posso dare una mano, fare qualcosa ora che lui non c'è più. Tre mesi fa l'avrei pensato impossibile, o forse non l'avrei pensato affatto... ma Cole, lui si sta facendo un'altra vita. Forse dovrei farlo anche io, e avere una stanza dove dormire mentre sono a Greenfield, un posto dove stare quando non stiamo in viaggio, dell'altro lavoro da fare... magari mi aiuterebbe a non trovarmelo davanti ogni volta, a dover ripensare a quanto è sfasciato tutto quel poco di buono che avevo qui. A dover ripensare a lui che ribadisce come fosse qui mentre io non c'ero, come abbia ammazzato Gibbs mentre io non c'ero, come tutto sia andato bene finché io non c'ero, come io che ora ci sono sono povera di idee, arrogante, con i paraocchi.

Non lo so. So che ha ragione su una cosa.

Niente è come me lo aspettavo.

Buck Blackbourne è morto.

Mi affaccio sul ciglio del burrone, e tutto ciò che posso fare è avvolgerlo nel suo browncoat e gettargli una manciata di terra sopra.


martedì 17 gennaio 2012

my own kind of leaving

I'd be a version of myself I've never seen
I'd do it right this time
I'd do it right this time

But snow falls down
and dead leaves break apart
Yes, things fall down
and peolpe break your heart
and people break your heart


Ehi Jim.

Qualche giorno fa ho ricevuto dall'ammiraglio Renshaw l'ordine di recarmi presso una base nel sistema Dào, dove mi verranno dati ordini ulteriori. Mi è stato fatto capire che la mia assenza sarà più lunga del solito, e che quindi avrei dovuto provvedere ad un cambio di cariche. In quanto mio secondo, Scott è diventato il capitano e il proprietario della Almost Home, nonché il vostro comandante. In quanto secondo nella catena di comando, voglio chiederti di supportare le sue scelte e di aiutarlo in questo periodo di assestamento: le reclute hanno bisogno di punti di riferimento chiari, seppure per ora sono coinvolte esclusivamente nella parte commerciale del gruppo. In un gruppo con due meccanici e un numero sterminato di piloti, vi converrà iniziare a cercare più potenza di fuoco. Nel frattempo, ti suggerisco di insegnare a tutte le reclute come utilizzare un'arma da fuoco: devono essere in grado non solo di autodifendersi, ma anche e soprattutto di partecipare ad assalti e missioni che richiedono più pistole che timoni.

Ho anche un favore da chiederti. Il mio mustang, Shamrock, si trova in una stalla di Oak Town , in un box per cui ho pagato l'affitto per i prossimi dodici mesi. Avrebbe bisogno di qualcuno che andasse a strigliarlo e che gli facesse fare due passi ogni tanto: è un cavallo nevrile e molto testardo, a cui piace stare libero. Lascialo correre un po', di tanto in tanto, ma prima di farlo assicurati che abbia imparato a tornare da te a comando. Io utilizzo un paio di fischi lunghi, ma sicuramente saprai addestrarlo a ciò che preferisci.

Stai dietro a Scott. Più specificatamente, abbi pazienza con lui: il comando potrebbe renderlo più teso, e avrà sicuramente bisogno di qualcuno che lo consigli nelle decisioni difficili. Sii paziente. A prescindere.

La segretezza di questa base sembra un elemento molto caro ai nostri colleghi, per cui non credo che sarò in grado di comunicare con voi una volta lì; non allarmatevi quindi se non avrete notizie da me. Nel caso in cui mi accadesse qualcosa, darò istruzioni di contattare te e soltanto te nell'equipaggio. Abbi tatto nel riferire la notizia che, comunque, mi auguro non arriverà.

Non ho altri grandi consigli, se non tieni gli occhi aperti e fa' ciò che devi al meglio. E non darti pensiero per me: starò benone.

Jack


[ Accanto al biglietto, James troverà una chiave metallica - quella del box dove si trova il mustang - e una semplice armonica a bocca, dall'aria piuttosto vecchia. Guardandola da vicino, potrà notare che sul lato inferiore c'è un'incisione molto curata, che riporta le iniziali "J.R.", e una seconda incisione più grande e più graffiata, fatta probabilmente con un chiodo o qualcosa di simile. Non è molto leggibile, ma perdendoci un po' di tempo si riuscirà a distinguere "WHEN YOU CANT RUN" ]

venerdì 4 novembre 2011

my own kind of pronouncement

Non ho abbandonato nessuno.

Non ho mai abbandonato nessuno in vita mia, ma Scott non è mio fratello, non è mia madre. Non posso aiutarlo in una missione suicida contro questo tale Ekleston se non può neanche dirmi il motivo per cui vuole prenderlo, o ammazzarlo, o interrogarlo. Non posso dirgli che lo aiuterò con la certezza che moriremo ammazzati. Non c'è tradimento, in questo, non devo sentirmi in colpa. Non ne ho motivo. Voglio rischiare la vita solo quando sono assolutamente sicura che ne vale la pena.

"Sei solo quando decidi di esserlo. E non ti aiuterò a farti ammazzare"