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sabato 23 febbraio 2013

my own kind of loose cannon


E' bellissima.

E' una roba minuscola, con la pelle che sembra una pesca e il profumo di una cosa nuova e pulita. Anche se la madre se la tiene nella sala macchine, dove non dovrebbe stare, e la fa dondolare con un fagotto appeso ad un gancio. E quella si diverte.

Chissà come diventerà da grande. Un padre tossico e una madre alcolizzata che la amano più della loro stessa vita. Un'infanzia da non registrata, passata a Safeport nel migliore dei casi. Se Ritter si ripulisce, come dice di voler fare, e lascia quella banda di scalmanati con cui viaggia, potrebbe trovarsi un posto a Greenfield e tenersela lui, la bambina. Non vedrebbe la madre quasi mai, ma potrebbe crescere con i cavalli e il cibo vero, e fare una vita decente, e - Dio voglia - non conoscere mai la guerra in vita sua.

Sarebbe bello che vivesse in pace. Sarebbe bello vivere in pace. Speravo di aver trovato un po' di tranquillità, quando sono tornata, quando ho visto lei per la prima volta. Da quando la mia vita ha iniziato ad essere come stare perennemente sul ciglio di un burrone? L'unica pace che trovo è sul fondo di un tubetto di painkillers. Ho letto l'etichetta, le scritte piccole, che dicono come l'abuso possa portare a interruzione della respirazione, coma, dipendenza, overdose, morte.  

Non è più neanche una questione di dolore. E' come mi pulisce la testa e rende ogni cosa lenta e trasparente. All'improvviso non ho più bisogno di ordine. Ogni problema posso rimandarlo, ogni incubo scompare. Scivolo in un sonno pesante e senza sogni, senza gli incubi che mi hanno tormentato per anni. Senza la puzza di morte nelle narici e un vetro tagliente piantato in mezzo al petto. Divento pesante. Scivolo fino al cuore della terra.

Dura quattro, cinque ore, poi è di nuovo l'alba. Ogni cosa mi torna nella testa spinta a martellate. Abbiamo così pochi soldi che tra un po' non ce ne saranno più neanche per pagare le provviste e gli stipendi. Non so fino a dove posso spingermi con la Almost Home e non ho macchinisti non ricercati dai bluejacks. Non ho detto a nessuno dell'equipaggio della fuga di informazioni. Fuga di informazioni: tanto vale ribattezzarla Eir Sterling. So che non lo direbbero in giro. Ma se lo facessero? Se lo venisse a sapere Renshaw? La fucilerebbero. Me lo ripeto da giorni, settimane: la fucilerebbero. La immagino fucilata. Chiudo gli occhi è c'è lei quell'infinito numero di volte che l'ho raccolta da terra ferita e sanguinante.

E' un problema, non posso far finta che non sia un problema. Non posso far finta che Quinn Thomson non sia una minaccia per tutti noi. Lo ha ripetuto allo sfinimento, Eir: ha sempre saputo e non ha mai detto niente. Ma il giorno che faremo qualcosa che non le piace? Il giorno che cambierà idea, il giorno che lo confiderà a qualcuno meno discreto di lei? Quinn Thomson a piede libero vuol dire una mina inesplosa nascosta appena sotto la sabbia. 

Ma non indossa una giacca blu. E' una ragazzina che si lamenta, ma non indossa una giacca blu. E' una mina sotto la sabbia, ma non mi ha mai puntato una pistola contro. Che persona sono? A vent'anni non avevo mai ucciso un uomo in vita mia. La guerra ti sfigura dentro, ma per quanto sia un ammasso di pezzi staccati e morsi ho sempre voluto pensare di conoscere cosa sia la vera giustizia e saperla applicare. Uccidere i nemici... quello è un conto. Tutto un altro conto. Ma uccidere per proteggere la tana... 

Forse non mi è rimasto davvero niente, e mia madre non mi riconoscerebbe oggi. Sono un coyote più di quanto sia un essere umano. 

lunedì 28 maggio 2012

my own kind of public relationship


Con Roona Mei al capezzale di Thomson e Sterling uguale, mi sono ritrovata a dovermi occupare di mille cose che al ranch non ho mai fatto. La mattinata intera al banco della frutta e verdura alla piazza del mercato, per dirne una: mai vista una trafila di individui con richieste più ridicole. E i carciofi né piccoli né con le spine, e le pesche noce, e i cavoli verza che non sono uguali ai cavoli cappuccio, e come mi consigli di cucinare queste rape, e quali sono le carote buone per lo stufato, e queste mele che mi hai dato sono tutte ammaccate, e dove stanno i cavalli che ci stanno di solito? Appena è passato Carradine gli ho mollato tutto, e poco me ne fregava che fosse solo passato per portare i cavalli che mi ero scordata. 

C'era quel tipo, quel Mickey, l'oste nuovo dei Marshall. E' uno strano, che non porta armi con sé perché "non gli piacciono" ma che potrebbe voler imparare ad usarle per proteggere "qualcuno", quella di cui è innamorato, dice lui. Deve essere stagione, sono tutti con gli ormoni strani.

Non so se Sterling e Ritter si sono resi conto di ciò che ho fatto. Non so se si sono resi conto che, per quanto volessi sbattere le loro teste contro il muro fino a sfondarlo, non avrei mai ucciso Ritter. Non so se si sono resi conto che quello che li ho obbligati a fare non l'ho imposto solo per tutelare noi, ma anche per proteggere Ritter. Da me. Gli ho dato un biglietto per entrare nella mia famiglia - perché Sterling, nonostante mi abbia deluso, resta famiglia -, una garanzia che non gli farò mai del male, perché non faccio male ai miei. L'ho costretto ad essere dei miei perché in questo modo non potrà sottrarsi. Perché il matrimonio tiene la gente insieme anche quando non si sopporta più, perché in questo modo - quando avrò Sterling col cuore spezzato a bersi l'anima in sala macchine - non dovrò preoccuparmi di prendere il revolver e andare a cercare il suo ex-fidanzato che, senza più il collegamento che li tiene uniti, diventerebbe un rischio che non possiamo permetterci di correre.

Sono stanca. Sono esausta, a ben vedere. La gamba non mi ha mai fatto così male, a volte il dolore mi fa venire le lacrime agli occhi. Di notte, soprattutto. Mi stordisco di antidolorifici finché non sento più neanche il peso della mia vita. John Cassidy diceva che c'è solo un certo numero di cose che una persona può sopportare, e che dopo averle sopportate tutto basta, fine, non può reggere nient'altro. Giorno dopo giorno mi sento sempre più vicina a quel limite. 

Però prendo respiri profondi fingendo che vada tutto bene, che non ci pensi mai a tutto questo. Che non pensi mai a lui, che non sia andata quel pomeriggio a Safeport a cercare il suo tatuatore a Sunset Tower per farmi dire che non torna a casa sua da una vita, che non sia andata a cercare conforto sul corpo di una puttana che puzzava di sudore.

Uno in completo di Koroleva mi ha chiesto, oggi al mercato, se faccio ciò che è giusto. Io gli ho ripetuto quello che diceva mia madre, e che faccio ciò che devo. 

Spero solo di avere abbastanza forze da continuare a farlo.