domenica 30 dicembre 2012

my own kind of origins: los angeles de la guarda (2)



Henry piangeva. Teneva la mano sottile di sua moglie nelle sue e dondolava il busto chinato sul letto sfatto in una catatonia disperata. Il dottore si era ritirato in un angolo, sconfitto, e l'ostetrica cullava vigorosamente un neonato che strillava come se nei suoi polmoni si fosse annidato un presagio oscuro. Ad eccezione del suo grido stridulo e dei singhiozzi spezzati di Henry, nella stanza era calato un silenzio nebbioso e stordito, un'incredulità così grande da creare quasi imbarazzo.

Jack era rimasta a tre metri dal letto costringendo i due Barclay che l'avevano accompagnata a rimanere fuori. Quando era arrivata la notizia che la sua migliore amica stava partorendo, stavano al saloon a festeggiare e a vantarsi di come fossero riusciti ad aggiudicarsi la commissione degli Hanborne. Avevano visto dalla finestra l'imponente ostetrica affrettarsi verso ovest e avevano capito che era ora. Tutta l'eccitazione di conoscere Jonathan o Patricia era stata rimpiazzata da un terrore incompleto perché scettico. Ora fissava Sally cercando di scorgere un movimento del petto, un fremito delle palpebre. Aveva la pelle madida di sudore, le labbra tinte di un blu gelido. I lineamenti complessi, con guance piene e mento appuntito - si prendeva sempre in giro dicendo di somigliare ad un roditore - erano distesi in un'espressione abbandonata che la faceva più bella. Jack mormorò qualcosa di sconnesso: voleva dire al dottore di aspettare, che si sarebbe ripresa. Tutta quella disperazione le pareva fuori luogo: si sarebbe ripresa. Avanzò per protestare, ma due mani salde la presero per le spalle e la tirarono via con una gentilezza sicura. Riconobbe Chris a stento. "Le stanno tutti addosso, devono lasciarla respirare...". Lo disse in modo composto e distante mentre lui la portava fuori, nonostante la resistenza passiva dei muscoli. 
"Usciamo..."
"Ma devono lasciarla respirare, le stanno addosso..."
"Jack, usciamo". 

Uscirono. Raul, stretto nelle sue spalle secche e nervose, si appese allo sguardo di Chris e spalancò gli occhi quando ricevette in risposta un gesto di desolazione muta. Jack continuava a voltarsi verso la porta, come se una forza indipendente la tirasse inevitabilmente verso quella stanza. Sally era diventata il centro di gravità, e lei non poteva fare a meno di pensare che se non l'avesse detto lei a quelli lì, di lasciarla respirare, non l'avrebbe fatto nessuno. Aveva gli occhi spalancati. 

"Siediti"
Chris la condusse sugli scalini della veranda e la spinse fisicamente a sedersi. Lei continuava a guardare dietro di sé, troppo stordita per opporsi alla guida sicura del più vecchio dei fratelli Barclay. E così, mentre lui la teneva seduta tenendole una mano serrata attorno alla spalla, Raul si chinò sulle caviglie di fronte a lei. Le mani le tremavano, Raul le prese. La chiamò due volte, cercando con pazienza di agganciare uno sguardo sfuggente, senza bussola. Jack. Jack. Jack gettò gli occhi nei suoi cercando un appiglio. Qualcosa nel suo respiro non andava, era breve e faticoso. Jack, respira. Jack, guardami. Raul le strinse le mani più forte, le fece quasi male. Ha solo vent'anni. Lo so. Ad un certo punto era giorno, il cielo era color turchese e non lo sporcava nemmeno una nuvola. Era una mattinata di dicembre più calda del solito. Eppure lei si sentì l'inverno dentro. Si piegò su se stessa come fanno le foglie secche, con le mani che le tremavano ancora e senza riuscire a respirare. Raul puntò un ginocchio a terra e la raccolse nelle braccia. Chris era lì, con le labbra strette e il cuore rattrappito. Impararono allora che nel dolore non regge nessuna dignità.


* * *

Raul accompagnò Jack a casa, mentre Chris e Cain - strappato alle gonne di una rossa del sud dalla notizia appena giuntagli - rimasero sui gradini della veranda di Henry e Sally. Era una tradizione di tutta la zona a ovest della Trinidad e, come ogni tradizione di cui si erano fatti arrogantemente gioco durante l'adolescenza, si era piantata nei loro cuori e tra le lenti con cui guardavano ogni cosa. Era una cosa semplice, e consisteva nel lasciare le persone sconvolte da un lutto recente da sole in casa con i cari più prossimi, rimanendo però subito fuori dalla porta a fare la guardia, in modo da raccogliere i cesti di cibo portati ai vedovi ed essere costantemente a loro disposizione. Era notte fonda da un po', e Cain tornò dal saloon più vicino con un mazzo di carte che stava già mischiando. La promessa di una lunga notte.

"Pensi che Jack starà bene? - chiese Chris, vagamente apprensivo. - non l'ho mai vista così" tagliò il mazzo.
"Si dice che la vita continua, no?" Cain si strinse nelle spalle iniziando a distribuire le carte con gesti rapidi da vero professionista dell'azzardo.
"Non lo so. Se ci pensi è una grande ingiustizia. La domenica mattina fuori dalla chiesa vedi sempre vecchie che sembrano avere cent'anni, e stanno ancora lì"
"Quando qualcuno muore non ti sembra mai giusto."
"E Henry, come ti aspetti che si ripigli? - continuò - e il neonato... venire su senza madre. E lei non aveva neanche una famiglia, se non gli zii a Madrida. No?" scosse la testa cupo e allargò a ventaglio la brutta mano che gli era stata consegnata.
"Well, all'avvocato toccherà fare il padre. Seriamente" nella voce di Cain c'era un accenno di inspiegabile risentimento. Buttò sul tavolo un quattro di cuori e ne pescò una dal mazzo. Iniziarono a giocare e continuarono in silenzio, per un po'. Erano distratti entrambi, ma ad un certo punto Cain lo diventò di più. Gettò le carte sullo scalino e sospirò a fondo. Si tolse il cappello e si passò una mano tra i capelli, mentre gettava gli occhi di un verde torbido sulla strada polverosa. Senza il sole faceva freddo.
"E' che a venti, trent'anni, uno dovrebbe pensare di essere immortale, no? - criptico - a me aveva fatto strano anche quando avevano detto che era incinta, per dire. Ma morire così, porca puttana..."
"Aveva un debole per te, lo sai no?" commentò l'altro senza pensare.
"Vaffanculo Cristobal" Cain si alzò in piedi con un movimento brusco.
"Che c'è?"
Nessuno rispose. Chris rimase sul gradino e Cain si avviò al saloon, che tanto era vicino. Aveva comunque l'impressione che il povero Henry non avrebbe chiesto niente, quella notte.


* * *

Jack rimase buoni due minuti dietro la porta socchiusa della stanza prima che Raul se ne accorgesse. Si tirò sul letto e andò a cercare i fiammiferi, una volta tanto senza avere il problema di Chris che si lamentava perché veniva svegliato dal suo agitarsi tra le coperte, come lo chiamava lui. Accese la candela sul comodino e la sollevò verso la porta, riuscendo ad intuire meglio i lineamenti di Jack con camicia da notte, calze di lana ascellari e un maglione terribilmente logoro e altrettanto caldo che suo zio le aveva regalato dieci anni prima, quando le arrivava ancora praticamente alle caviglie. Non le aveva mai visto gli occhi così rossi e le spalle così abbattute. 

"Non riesco a dormire da sola". 

Raul si spinse fino all'estremo limitare del letto e lei andò a mettersi accanto a lui, stendendosi supina e tirandosi le coperte fin sotto le occhiaie. Lui spense la candela e rimase scomodissimo nell'angolo più estremo di quel vecchio materasso sfondato ad una piazza scarsa, concavo al centro, con un paio di molle saltate che gli graffiavano le gambe tutte le notti. Jack non pareva provarne grande fastidio. Il modo in cui teneva le coperte tirate su il più possibile la facevano sembrare terribilmente spaventata dal mondo là fuori, per la prima volta nella sua vita. Per la prima volta nella sua vita si sentiva schiacciata dalla fatalità, inutilmente impotente. 

"Ti ricordi di quando si mise a lavorare all'emporio di Sutton?" lo sussurrò, come se avesse paura di svegliare qualcuno. 
"Aye, per rimpiazzare Darlene"
"Ay. E riorganizzò tutto in due settimane e Darlene tornò, ma tutti quelli che andavano all'emporio chiedevano sempre di Sally perché la preferivano?"

Risero in maniera stupida. Raul rischiò di cadere dal letto per quanto era sul bordo, e Jack si fece più di lato per fargli posto senza dovergli stare troppo attaccata. Lui non rideva spesso. Molta della gente che conosceva avrebbe detto in fede che non rideva affatto. Sembrava un ragazzo nervoso e sempre arrabbiato, insofferente. In verità era solo molto insicuro. "Sai come l'hanno chiamato?"
"Non so nemmeno se è maschio o femmina - Jack scosse il capo e la coperta le finì di nuovo sotto le ciglia lunghe e nere. - vorrei fosse morto il bambino al posto suo. Avrebbero potuto farne un altro" confessò spietatamente, con un filo di voce. Continuarono a guardare il soffitto nero: tutte le imposte erano sbarrate con una tale precisione da non far trapelare neanche un alito di luna.

"Qual è l'ultima cosa che vi siete detti?" chiese lei ad un certo punto, con una certa ansiosa urgenza. 
Raul ci pensò un po'. "Mi disse che se volevo potevo sentire il bambino che scalciava"
"E tu l'hai fatto?"
"No". 
Ancora un lungo momento di silenzio. Pian piano rilassavano i muscoli, si sfioravano in maniera più distesa, naturale.
"Perché non te ne vai mai, Ray? - lo chiamava così solo quando erano da soli - dici sempre che te ne vuoi andare ma non te ne vai mai"
Lo sentì sollevare le spalle.
"Sally diceva che è per me che resti". Si girò sul fianco e, anche nel buio, Raul si sentì gli occhi di lei puntati addosso.
"Forse non è un buon momento per parlarne, Jack" si crucciò.
"No, forse no". Convincerla era stato facile. Rimasero zitti ancora un po', poi la sentì che gli scivolava con la testa tra la spalla e il petto. 
"Ne... ne parliamo domani, okay?"
"Ay. Posso stare così?"
"Aye... certo, sì. Puoi stare così".
Stette così e dopo un po' si addormentò. Il giorno dopo si alzò presto e andò a dare il cambio a Cain e Chris. Finì che non ne riparlarono più.



Soledad "Sally" Rodriguez, 18/11/2482 - 23/12/2502


Raul Barclay. Shadetrack, 2502 (2480 - 2510)

Cristobal "Chris" Barclay, 2502 (2478 - )

Cain Rooster, 2502 (2476 - 2511)








sabato 22 dicembre 2012

my own kind of origins: los angeles de la guarda (1)



"Avete deciso come chiamarlo?" non poté fare a meno di far cadere un'ennesima volta lo sguardo sull'enorme pancia di Sally. 
"Se è maschio, Jonathan... se è femmina siamo indecisi tra Emily e Patricia"
"Patricia?" Jack storse le labbra.
"La madre di Henry" spiegò la ragazza, placida.
"Non è male, a pensarci - considerò mormorando - Pat"
"Patty"
"Che ha Pat che non va?"
"Che è da uomo" Sally scosse leggermente il capo. La gente lo diceva, e di solito non era vero. Lo era per lei, però: la gravidanza l'aveva fatta fiorire. I capelli castani erano diventati più morbidi, la pelle più luminosa.
"Come stanno i ragazzi?"
"They're fine. Raul giusto... è strano"
"Più del solito?" 
"A volte gli prendono dei momenti... non so. Inizia a dire che vuole andare via. Da quando aveva sedici anni. Che si sente in trappola, stronzate così"
"Jack..."
"Oh, scusa" si morse la lingua e tese un braccio per sfiorarle il ventre con la punta delle dita, come a scusarsi con il bambino.
"Insomma, inizia a dire... stupidaggini. Che ha bisogno di andarsene, di una via d'uscita. Di fuga, la chiama lui. Te l'ho detto che di solito viene a parlarmi nella mia stanza..."
"E io ti ho detto che non c'è niente di strano nell'addormentarsi vicini una notte su tre a parlare..." Sally sollevò gli occhi al soffitto stringendosi nello scialle di lana. Era un inverno particolarmente freddo, mentre la sua ironia era sempre tiepida.
"Insomma - Jack sorvolò - ad un certo punto mi ero stufata, e gli ho detto che se voleva andarsene, non doveva che farlo. Imbarcarsi su una nave e andarsene, e che o lo faceva o la piantava di lamentarsi..."
"Il tuo solito tatto"
"... e lui mi fa: magari ci sono altre cose che mi tengono a Sweet Waters. E io gli dico: e che cose sarebbero? E lui si è alzato e se ne è andato. E da lì ha preso ad essere più strano del solito"
"Non sei mai stata molto sveglia, in queste cose" considerò innocuamente Sally.
"Di nuovo?"
"Finché non mi darai retta"
"Ci conosciamo da una vita"
"E lui farebbe di tutto per te da una vita. Compreso non imbarcarsi su una nave, rimanendo a Sweet Waters"
"A una certa età uno dovrebbe togliersele queste cose di testa, no? Tu volevi lasciare Sweet Waters, e invece ora hai un lavoro che ti piace, e stai per metter su famiglia..."
Sally si strinse nelle spalle. Disse: "ogni persona è diversa, Jack".
Jack sospirò e affondò un po' nella poltrona sfondata. Henry e Sally non erano particolarmente ricchi, ma riuscivano a vivere in modo dignitoso: lei aveva preso in gestione la libreria di Mexican e lui, diplomatosi di recente, stava facendo praticantato da avvocato in uno studio poco lontano dal centro della città. Era un ragazzo allampanato, sottile e ossuto, con un naso importante e degli occhiali da vista molto spessi. Non aveva mai visto una coppia più felice di loro.
"I guess it's true - mormorò, e dopo pochi istanti si rimise in piedi un po' stanca. - ti saluto, Sal. Domani è una giornata importante"
"In bocca al lupo" disse lei sorridendo. Jack la baciò sulla fronte e si rimise il cappotto. Uscì dalla casa calcandosi lo stetson sulla testa.

* * *

Jack scese lentamente le scale della catapecchia che avevano preso in affitto a Mexican. Si erano trasferiti nove mesi prima, ossia due mesi dopo che Jack aveva compiuto diciannove anni. Il legno delle scale scricchiolava sotto la suola dei suoi vecchi stivali. Sentì il profumo del caffè prima di arrivare in cucina, e quando varcò la soglia vide Raul che ne sorseggiava lentamente una tazza bollente, poggiato con la schiena sullo stipite del camino. Chris si girava la seconda sigaretta della mattina, con un paio di occhiaie che gli arrivavano sotto il naso.

"Giorno"
"'morning" rispose Raul con la voce ancora roca. Lei prese il pentolino del caffè e se ne versò abbondantemente in una tazza sbeccata che aveva comprato una settimana prima da un rigattiere, vietando categoricamente a tutti i suoi coinquilini di utilizzarla. 

"Cain dorme ancora?"
Chris alzò le spalle senza neanche guardarla: "tornati tardi, ieri. Lui ha avuto fortuna" borbottò invidioso.
"Di nuovo?" chiese lei vagamente esasperata.
"Aye".

Jack inspirò a fondo l'odore amaro del caffè, poi poggiò la tazza e diresse verso la stanza di Cain, l'unica al piano terra. Bussò un paio di volte e non aspettò neanche l'avanti per spalancarla.

"Cain" lo chiamò a voce alta, guardandolo con una certa severità dalla soglia, con le braccia incrociate. Prima di lui si risvegliò l'esile ragazza bruna che gli si era addormentata affianco. Si tirò imbarazzata il lenzuolo fin sotto le spalle, guardando sdegnosamente Jack a occhi spalancati.

"Cain" ripeté lei, con calma.
"Mmmmh"
"Cain, muoviti. Dobbiamo incontrare Bart Madsen tra poco"
"Perché?"
"Lo sai perché"
"Ricordamelo"
"Cain..."

Cain aprì gli occhi e si mise le mani sulla fronte, come faceva ogni volta che si alzava con un mal di testa dopo una bella sbronza. 

"Mi sto alzando"
"Di corsa"

La ragazza richiuse la porta nel modo più rumoroso possibile e, scrollando le spalle, tornò a prendere il suo caffè. Si sedette a capotavola e spezzo con le mani un paio di gallette di riso che andò poi a intingere. Cain e la ragazza bruna uscirono dopo un quarto d'ora, lui con la camicia fuori dai pantaloni e lei con un vestito da sera, i capelli legati e una buona dose di vergogna sulla faccia. Rimasero tutti a guardarla per un po' come dei morti di fame guardano una torta lasciata a freddare su un davanzale, finché Jack non alzò gli occhi al cielo e provò a rivolgersi a lei con un minimo di delicatezza.

"Fai colazione con noi?"
"Non vorrei disturbare..."
"Non disturbi. Io sono Jack. Cristobal, Raul"
"Hey"
"'giorno"

Cain guardò persistentemente da un'altra parte.

"Jennifer... piacere" disse timidamente, sedendosi accanto a Jack. Cain si preoccupò di procurarle caffè e gallette, che lei mangiò spezzettandole in frammenti minuscoli che infilava compostamente tra le labbra.

"Com'è che Madsen sta a Mexican?" chiese Cain, vago.
"Sei incredibile" mormorò sua sorella, scuotendo il capo rassegnata. 
"Burroughs dei cavalli...? - provò a fargli ricordare Raul, altrettanto perplesso - che ci ha detto che aveva ordinato uno stallone e sarebbe andato a ritirarlo oggi...?" 
"Tipo il più grosso colpo di culo delle ultime settimane" semplificò Chris a beneficio dell'amico.
"Aaah. Ay, certo - riuscì a recuperare Cain, annuendo con una certa verve, per poi esibirsi in uno spontaneo slancio di galanteria - un altro po' di caffè, Jessica?"

Tutti fissarono le rispettive tazze.

"Jennifer..." corresse la ragazza, indecisa se essere gelida o tiepidamente imbarazzata.
"Jennifer, certo. Cosa ho detto?" provò a recuperare lui, versandole altro caffè.

Rimasero zitti per un po'.

"Cain mi ha detto che spostate mandrie... tutti voi, vero?"
"Aye" rispose Chris accendendosi la terza sigaretta. Jennifer tossì in modo leggero. 
"Mi ha detto anche che gli affari vanno a gonfie vele - sorrise in maniera delicata - in un periodaccio come questo, è una splendida cosa"
Chris si fece sfuggire una mezza risata sarcastica.
"Non è così?"
"Lo sarà presto - rispose Jack con calma, spezzando in due un'altra galletta - oggi prendiamo una commissione dagli Hanborne"
"Non c'è un sacco di concorrenza per la commissione dagli Hanborne?" chiese lei, tentennando appena. 
"Ay."
"E quindi... come farete a convincerli?"
Gli sguardi di tutti cofluirono in maniera apparentemente casuale verso Jack. Lei sorrise appena girando il restante caffè con un cucchiaio, in modo che si intepidisse.
"Abbiamo una buona idea - disse lei con la massima sicurezza - la migliore"

* * *

Arrivarono da Burroughs al galoppo, e Raul rischiò di passare sopra un paio di ragazzini in mezzo alla strada per la fretta. Jack e Cain no: con i cavalli erano agili come dei benedetti grilli e si lasciavano sempre una nuvola di polvere alle spalle. Quando tirarono le briglie dei cavalli, Burroughs li stava già aspettando fuori a braccia conserte, insieme a Ramon Guzman e Jim Clayton. Il primo era un ragazzo con l'entusiasmo facile e un umorismo vagamente infantile che gli faceva voler bene da tutti. Jim Clayton, invece, aveva l'età di Cain - quasi ventisei anni allora -, aveva le spalle grosse e un'incredibile propensione a ficcarsi in ogni guaio possibile. Non era troppo svelto a cavallo, né ci sapeva fare con le mandrie: aveva fatto lo scaricatore per anni e ad un certo punto si era stancato. Cain aveva deciso di prenderlo perché un armadio a due ante di quel tipo avrebbe fatto comodo alla loro immagine pubblica. Ramon invece aveva un occhio particolare per i manzi e si era reso conto che sarebbe potuto crescere. Insomma: erano entrambi in società con loro.

"Dov'è Madsen?" chiese Jack prima che il resto del gruppo potesse anche solo realizzare che non fosse lì.
"L'avete mancato" rispose Burroughs, poco preoccupato, scoprendo un paio di denti marci.
"Che vorrebbe dire?" Jack allargò lo sguardo sui due soci.
"Abbiamo provato a trattenerlo - intervenne Ramon - ma non ha sentito ragioni, dice che andava di corsa"

Jack fece ruotare il cavallo su se stesso e alternò lo sguardo sui vari presenti, incredula. Ma lo fissò su Cain.

"Ti rendi conto che è colpa tua, ay?"
"Mia?" si difese lui.
"E di chi?"
"Come sarebbe a dire?"
"Se non ci avessi fatto perdere tempo con la tua fottuta amica..."
"Sei tu che l'hai invitata a colazione!"
"E che cazzo dovevo fare, dirle che sei uno stronzo e cacciarla di casa?"
"Well, why not?"
"Perché se lo facessi con tutte quelle che ti porti al letto adesso avrebbero già fatto un fottuto comitato per ammazzare te prima e me poi!"
"Hai dei problemi con la mia vita privata, cub?"
"Puoi scommetterci il tuo culo grosso che ce li ho, i problemi! Quella è casa mia quanto tua, eppure non devi stare a sentire il mio cazzo di letto che cigola tutta la notte, tutte le notti, mi pare!"
"Non è un problema mio se tu non--"
"NON OSARE!"
"E poi con questa è diversa, mi piace, la voglio sposare, farla diventare Jessica Roos--"
"SI CHIAMA JENNIFER!"

Chris scivolò con il suo cavallo tra loro due, onde evitare che si prendessero a schiaffi dalle rispettive selle. Più o meno mentre Jack si stava adoperando per spingersi fino alla sella di Chris in modo da poter saltare più agevolmente al collo del fratello, Soledad "Sally" Rodriguez li raggiunse a passo spedito, tenendosi l'orlo della gonna alzato fino alle caviglie e una mano sul ventre gonfio di otto mesi di gravidanza.

"Jack!" la chiamò, e Jack rischiò di scivolare sulla staffa che stava usando come perno per slanciarsi oltre Chris.
"Sally?"
"Non dovevate incontrare Bart Madsen, oggi?"

Sally si aggiustò i capelli. Conosceva i Rooster e i Barclay da anni, ormai, e aveva recuperato i rapporti quando si erano trasferiti a Mexican.

"Aye... l'abbiamo perso" disse Jack con la gola quasi annodata.
"L'avevo immaginato... l'ho incontrato con Henry mezz'ora fa, sulla strada. Il padre di Henry lavorava per il ranch degli Hanborne e lo conosce..."
"Damn. Ci siamo giocati il fottuto lavoro della nostra vita" Jack imprecò contro una serie di entità più o meno divine.
"Secondo me potete recuperarlo... ha detto che era diretto al valico, se correte - suggerì, e conoscendo Jack si preoccupò di togliersi di mezzo - lo anticipate e riuscite a beccarlo". 
Gli occhi di Jack si fecero enormi.
"Sally, sei il mio àngel de la guarda" disse, e un attimo dopo non era più lì.

* * *

Gestendo le commissioni del ranch più grande e più influente di tutta Sweet Waters, Bart Madsen era un uomo discretamente potente e piuttosto ricco. Nonostante ciò non aveva mai abbandonato uno stile di vita semplice, rifiutando stoicamente tutte le comodità a cui persone con molti meno soldi di lui si erano abituate. Non era ingrassato. Non andava in carrozza ma ancora a cavallo, anche per percorsi estremamente lunghi e stancanti. Alla veneranda età di cinquantacinque anni, aveva ancora nelle gambe la muscolatura nervosa dei cowboy, e lo stetson sulla testa gli gettava in ombra dei grigi baffi spioventi tenuti con poca cura, ma che gli donavano una certa altera dignità senile. Ed era ancora attento a ciò che gli accadeva attorno: quando due giovani e una ragazza gli piombarono ai fianchi, ognuno sul rispettivo cavallo, li aveva già sentiti arrivare da mezzo miglio di distanza, e si era preoccupato tirare indietro il cane del revolver che portava al fianco. Voltò il cavallo. Jack, la più leggera e la più veloce, sollevò le mani continuando a guidare il cavallo con le sole gambe, seguita da Cain e Chris. "Mister Madsen - Cain si portò avanti - sono Cain Rooster. Questi sono mia sorella Jack e Cristobal Barclay. La cercavamo per parlare".
Bart Madsen tenne a freno il cavallo. Abbassò il cane del revolver, ma continuò a tenere morbidamente la mano sul calcio. Ricordò per un attimo il suo vecchio che diceva non fidarsi è meglio. Era una lezione che aveva rimparato ogni giorno, da allora. La vita era sempre stata prodiga di lezioni.

"E di che vorreste parlare, ragazzini?" mosse le labbra sotto i baffi.
"Della commissione per gli Hanborne, signore. Vogliamo proporci" Cain fece avanzare di un paio di metri il cavallo. Considerò la mano di Madsen ancora sulla pistola. Non si avvicinò oltre.
"Avete esperienza?" 
"Sissignore. Abbiamo iniziato spostando mandrie per la Deepmotte Farm, oltre la valle. Abbiamo preso commissioni dal Mitchell Ranch, a ovest. E dagli Olmos, anche"
L'uomo aggrottò le sopracciglia: "le bestie degli Hanborne sono cinque volte quelle di qualsiasi ranch da questa parte della Trinidad, ragazzo. E noi abbiamo già un paio di gruppi fidati, che conosciamo bene. Che sanno gestire le nostre mandrie"
"E dove le portano a pascolare, le bestie, signore? - incalzò - tra gli affluenti dello Shenandoah, scommetto. Spazi stretti, e dicono che il Lincoln quest'anno ha comprato metà di quelle zone. Dovrete minimo spingervi tra le montagne, signore. E tra Monte Cobrero e Monte Fuerte si sa quanti animali si perdono. Dio sa se ce ne sono, di lupi. Di ogni genere"
"E perché, voi dove li portereste?"
"Noi li portiamo alle Cattlestand Plains, signore"
"Alle Cattlestand Plains? - Madsen rise forte e poggiò entrambe le mani sul pomolo della sella - e avete intenzione di volare sulla foresta, Rooster?"
"Nossignore. La attraverseremo" 
"Allora tutta la gente che ha desistito deve essere pazza, o stupida - scrollò il capo - nay. Non ci sono sentieri, nella foresta. Arrivi dall'altra parte con metà delle bestie con cui sei partito."
"Noi avremo un sentiero, signore"
"E come? Andrete ad abbattere gli alberi uno per uno?"

Cain aggrottò le sopracciglia e inspirò a fondo, alzando le spalle. Si voltò verso Jack che era rimasta indietro e la guardò. Lei si sentì all'improvviso a disagio ed evitò il suo sguardo, scuotendo leggermente il capo nel contempo. Cain spostò lo sguardo su Chris, che prese a parlare al posto suo.

"Non noi, nay. - disse con la spigliatezza tutta sua. Montava un palomino dorato che aveva domato a forza - i taglialegna lo faranno. E' inverno, inizieranno a buttare giù gli alberi contrassegnati"
"Gli alberi malati, Barclay"
"Gli alberi contrassegnati, Madsen. Noi abbiamo un contatto con quello che li coordina, e ci spianerà il terreno dove gli diciamo noi" era una bugia ben raccontata. Avrebbero lasciato passare quelli che contrassegnavano, poi sarebbero andati nel bosco con secchi d'acqua, vecchi stracchi e gessetti bianchi, a rimischiare il mazzo a loro favore.
Madsen sembrò pensarci. Aveva colto lo scambio di sguardi e rimase con gli occhi su Jack per un po'.
"Well kids. Ci pensero, ay? - Madsen si sfiorò la visiera dello stetson e voltò il cavallo - mi faccio vivo io" garantì con poca convinzione e, senza neanche aspettare risposta, spronò l'animale a proseguire.

Si lasciò dietro tre giovani sui venti che si guardavano spaesati. Il cavallo di Jack percepì una certa tensione, si agitò. La tenne ferma tirando le briglie e saettò uno sguardo smarrito verso Chris, poi verso suo fratello.
"Cain..." disse piano, con una certa urgenza.
"Aye, sto andando" rispose lui cupamente, e spronò il suo cavallo fino ad andare ad affiancarsi a quello di Bart Madsen.

"Devi avere le orecchie foderate o una testa molto dura, ragazzo"
"So che questo lavoro lo possiamo fare meglio di chiunque altro, signore"
"Ay... con una donna nel gruppo? Che vi salta in testa?"
"Jack fa questo lavoro da quando ha sedici anni, signore"
"E' una ragazza, Rooster. Sono cose fragili, e non è un lavoro per cose fragili, quello che fate voi. Mi vuoi far credere che non si è mai fatta male?"
Cain si scurì. Gli apparse davanti agli occhi l'immagine di sua sorella a terra, con le costole fracassate e la testa sanguinante. Fu solo un momento. "Tutti ci facciamo male, signore. Jack ha la pelle dura"
"Immagino"
"Con tutto il rispetto, signore, non credo che lei immagini davvero. - scalciò i fianchi del cavallo e lo mise in mezzo alla traiettoria di Madsen, costringendolo a fermarsi. L'uomo sollevò il mento e inspirò a fondo dalle narici. A dispetto delle apparenze, Cain Rooster era un ragazzo ostinato. E aveva degli occhi che ti passavano da parte a parte. Da sempre - Jack ha sempre lavorato il doppio per dimostrare che poteva stare al passo. E se non fosse per lei, staremmo ancora a spostare le dieci mucche dei Deepmotte, a quest'ora. Tutti noi. E' una seria, nessuno si è mai lamentato del suo lavoro, né del nostro. E sa bene anche di partire in svantaggio rispetto a tutti gli altri. Ma l'idea per passare nel bosco è sua. E voi sareste i primi a sfruttarla." 
Madsen fece per aggirarlo.
"Non pagateci"
Madsen alzò le sopracciglia.
"Se perdiamo anche solo un capo di bestiame, non ci pagate" esplicò con più precisione, maledendosi nel momento esatto in cui pronunciava quelle parole.
"Seriously?"
"Aye."
Madsen rise piano e scosse il capo.
"Hai appena concluso un affare, ragazzo"

sabato 8 dicembre 2012

my own kind of niece



"Oh, che fai?"

Jack si chinò un po' di più con le spalle sul fuoco, tentando di combattere il freddo. Se nella tenda avesse avuto luce e riscaldamento, l'avrebbe preferita di gran lunga al falò con gli altri.

"Una cosa"
"Che è, una mucca?"

Non era una mucca. Era un cavallo. Un cavalluccio di legno, per la precisione, un giocattolo. Un soprammobile. Ci aveva messo due giorni per trovare il pezzo di legno perfetto. L'aveva sottratto al fuoco, con grande disappunto dei compagni.

"E' un cavallo"
"Aaaaah, ora lo vedo, yae. E che lo fai a fare?"
"Per una persona"
"E che persona?"
"Una ragazzina. Lo spedisco alla prima stazione postale che incrociamo"
"Non sapevo avessi una figlia"

Jack si strinse nelle spalle. Faceva un freddo porco. Come l'inferno all'incontrario, dicevano a Sweet Waters.

"Non ce l'ho. E'... una nipote. Una specie. Nata da poco"
"Nice... congratulazioni. Com'è che si chiama?"
"Cecilia V. J. Ritter Sterling"
"Un nome impegnativo"
"Abbastanza"
"V. J. per che sta?"

Jack scosse il capo.

"Che ne so. Vallo a capire che cazzo gira nella testa dei genitori"

Sorrise involontariamente mentre da sotto la lama sottile del coltellino iniziavano a spuntare le gambe dell'animale. Soffiò via la segatura e lo rigirò tra le dita, davanti agli occhi. 

"Bisogna trovarle un soprannome" ragionò ad alta voce.

"Mh?"
"Un soprannome. Altrimenti ogni volta che la chiami si fa notte. Una ragazzina ha bisogno di un nome rapido, per venire su bene. Disciplinata."

"Che ne dici di Cece?"
"Mmmh..."
"Cecil?"

Jack si passò la lingua sul labbro inferiore, sentendola congelare un attimo dopo. Freddo fottuto.

"Pensavo a Chuck"



martedì 4 dicembre 2012

my own kind of warriors

"E' arrivata adesso una cortex wave"

Jack Rooster balzò nel sacco a pelo e prese la pistola. Era un movimento automatico, dai tempi della guerra: se qualcosa ti sveglia all'improvviso, non è mai una cosa buona.

"Oooh, calmati"
"Checcazzo, è ancora notte..."
"Tra due ore sorge il sole"
"Ho una certa età, per dio..."

Si tirò su, protetta dalla tenda improvvisata. Sentì il freddo gelido nel momento esatto in cui tirò le braccia fuori dal sacco. Guardò male il suo interlocutore. Era un ragazzino di nemmeno venticinque anni, con le guance rosse e la barba tenera.

"Porco mondo...
- borbottò - cos'è che dice quest'onda?"
"La Corona Hunting League... o comesichiama"


Improvvisamente fu più attenta. Nonostante gli occhi impastati e il brutto sapore di alcol scadente che aveva dietro il palato.

"Buttata giù, tutta. Con dentro i fottuti corer."
"Ci sono morti?"
"I corer, ti dico. Dozzine"
"Non me ne frega un cazzo, dico morti nostri"
"Nee. Hanno solo catturato uno"
"Dice chi?"
"Nee. Dice che hanno fatto la rivolta, però. Guidati da un certo Ronvald, Ronland..."
"Rognvaldr"
"E che ne sai?"


Jack Rooster si passò le mani sul volto e sospirò a fondo. Buttò la schiena all'indietro, di nuovo separata dal terreno da uno spesso strato di tessuto termico.

"That's my boy"
mormorò.

martedì 13 novembre 2012

my own kind of origins: when my time comes

So I took what I wanted and put it out of my reach
I wanted to pay for my successes with all my defeats,
And if heaven was all that was promised to me
Why don't I pray for death?


"Com'è che la chiamano?"
"Affettuosamente?"
"Anche"


I fratelli Barclay e i due Rooster sedevano in fila sul bordo del tetto del capannone in cui si tenevano i vagoni. Erano rimasti in piedi fino a notte fonda per vedere, insieme ad un'altra cinquantina di persone, l'arrivo di un macchinario agricolo per i Deepmotte. In un paese piccolo come Madrida, l'arrivo era stato accolto come un autentico evento dall'intera popolazione, e tutti coloro abbastanza giovani da potersi permettere di passare la notte in bianco si erano radunati a guardare la macchina scendere dalla piattaforma attaccata alla locomotiva. Era un macchinario imponente, con ruote di gomma e un corpo di duro metallo. La parte frontale era composta da quasi una ventina di lunghi e spessi aghi biforcuti.

"Seminatrice"
disse Raul.
"La seminatrice, aye".

Rimasero seduti sul bordo del tetto, con le gambe penzolanti nel vuoto e una sigaretta profumata che si passavano l'un l'altro con una certa disinvoltura. Chris e Cain, essendo i maggiori, se la tenevano sempre un po' di più degli altri due.

Era una nottata afosa di un agosto torrido e secco. Le maniche di tutti erano rimboccate fino alle spalle, e gli uomini avevano le camicie sempre slacciate fino a metà del petto, tranne quando andavano in chiesa. Lì si abbottonavano anche il colletto, salvo poi farsi il più vicino possibile alle donne sperando di entrare nel raggio d'aria fresca costantemente prodotto dallo sventolare di libri dei salmi e ventagli.

"E' la prima volta che ne vedi una?"
chiese Raul.
Jack diede una gomitata a suo fratello e rispose: "ne abbiamo viste un paio ai ranch tra il fiume e la Trinidad."
"Aye, ma questa è più grande - confermò Cain, sovrappensiero - ogni volta che ne comprano una licenziano decine di lavoratori dei campi. Conoscevo un tizio, alla fattoria dei Delgado. Uno che s'è sempre spaccato la schiena, metteva i soldi da parte per costruirsi una casa... poi arriva una di queste cose - indicò la macchina - e all'improvviso di trenta coltivatori ne basta uno che impara a guidare quella roba".

Rimasero tutti in religioso silenzio.

"Nostro padre fa il coltivatore" osservò Chris improvvisamente mettendo le cose insieme, anche se lo stavano già pensando tutti da un pezzo.

Intanto, la seminatrice veniva fatta scendere dalla pedana dalle mani di un guidatore arrivato apposta da Mexican per insegnare agli uomini dei Deepmotte come utilizzarla. Tutti la osservavano con un misto di diffidenza e ammirazione, e i ragazzini più coraggiosi si arrampicarono sulle ruote fino all'abitacolo. Richard Deepmotte, il figlio giovane dei Deepmotte, la guardava invece tronfio e orgoglioso, con i pugni sui fianchi. Era noto in tutta la zona per le sue idee rivoluzionarie che comprendevano chiacchiere su come la meccanizzazione dei processi produttivi avrebbe dato una spinta all'agricoltura intensiva e avrebbe promosso i prodotti di Sweet Waters su un mercato interplanetario. Interplanetario. Jack ripensò a quelle parole mentre fumava. Aveva diciassette anni e raramente era uscita dalla regione di Sweet Waters, mai da Shadetrack. Parlare di commerci interplanetari le metteva una sensazione di disagio addosso, le provocava un rigetto spontaneo, fisiologico.

"Dobbiamo fare qualcosa"

Tutti guardarono verso Cain, tranne Jack. Sapeva già esattamente cosa avrebbe detto. Rimase al suo posto, a guardare il giovane Deepmotte.

"Raul, tu con questa roba ci sai fare, no?"
"Che roba?"
"Roba di macchine"
"Well. So come dovrebbe funzionare"
"E quindi sai anche come non farla funzionare, no?"


Cain aveva quasi ventitré anni, allora. Era il più vecchio del gruppo e quello con la voce più calma.

"Stronzo"
disse Jack, dandogli un pugno sulla spalla. Lui sorrise in modo sardonico, mentre Raul e Chris si sporsero sul vuoto, guardando verso di lei.
"Vuole solo vantarsene con la ragazza che è venuta da Quay, come si chiama? Polly, Molly... Malone, comunque. Suo padre e tutti i suoi fratelli seminano dai Deepmotte" rivelò Jack. Chris Barclay rise, Raul sollevò gli occhi al cielo, sospirando.
Cain si giustificò dicendo: "E' comunque una buona azione". Continuarono tutti a prenderlo in giro, e rimasero lì a fumare e a parlare finché l'alba non si affacciò a colorare il fumo sputato dalla locomotiva del primo treno del mattino.


* * *


Richard Deepmotte aveva qualcosa di particolare. Una carnagione un po' più chiara di quella di tutti gli uomini in zona, con del rosso a colorargli le guance tonde e quasi sempre rasate. La bombetta che si poggiava sui capelli biondo cenere e pettinati con la riga di lato, le spalle larghe e le dita sottili da musicista. Non indossava mai abiti troppo costosi, ma in qualche modo riusciva sempre ad essere ordinato. Figlio del vecchio Ernie Deepmotte, patriarca ancora in vita della famiglia seppur ormai settantenne, era il minore di cinque figli venuti l'uno dopo l'altro: Robert, Francis, Tomas e Callaghan. La totalità della componente maschile nella prole era probabilmente all'origine del detto popolare ai tempi diffusissimo: "nessuno lo fa come mister Deepmotte".

C'è da dire che il carattere particolare del minore dei figli - Richard, appunto - aveva affiancato alle superstizioni sulle doti amatorie di Deepmotte senior anche un secondo adagio, che faceva più o meno così: se te ne escono quattro dritti fermati, o Dio ti manderà il quinto storto. Sia chiaro: il povero Richard non era una persona malvagia, né uno di quei canonici matti del villaggio, nè effettivamente un individuo che, in un ambiente di più ampie vedute rispetto a Madrida, sarebbe apparso così incredibilmente eccentrico. Ma, nel suo categorico rifiuto di smussare il suo carattere, era diventato uno di quelli, se capite cosa intendo. Così, se era raro vederlo in chiesa come tutta la gente normale, non era altrettanto insolito trovarlo a blaterare il venerdì sera al saloon, brillo  - ma mai abbastanza -, sui suoi strampalati progetti per incrementare il rendimento dei campi dei Deepmotte, a cianciare su come l'agricoltura intensiva invece che estensiva avrebbe cambiato il modo di lavorare, su come tutti l'avrebbero copiato, sul modo in cui avrebbe riorganizzato la gestione della fattoria rendendola competitiva al livello interplanetario. Ripeteva tutte quelle cose in modo quasi ossessivo, e altrettanto ossessivamente raccontava dei suoi viaggi fuori Shadetrack, su come avesse visto città con case tanto alte da sembrare quasi toccare il cielo. Su come lì fosse prezioso ciò che su Shadetrack esisteva in abbonanza, e su come aveva già i contatti per proiettare la Deepmotte Farm su tutta una nuova dimensione.

Nessuno gli aveva mai dato retta, finché un giorno il primo Deepmotte - Richard - si fece convincere a investire in una macchina. Dopo una serie di contrattazioni, si erano incontrati su quella benedetta seminatrice. E sebbene tutti sapessero che Richard non aveva dormito quella notte per controllare che lo scarico si svolgesse senza problema, la mattina dopo il più giovane dei Deepmotte si fece trovare al mercato mattutino lavato e stirato per bene, con il mento più alto del solito e la solita bombetta che, però, portava con una dignità tutta diversa. Quando Jack gli passò di fronte masticando un uovo sodo che le aveva dato la madre prima di farla uscire di casa, Richard era seduto a gambe accavallate su una panchina di pietra al limitare della piazza, intento a prendere profonde boccate da una pipa di legno scuro.

"Ma guarda un po', la figlia di Susan Rooster" la salutò lui, sollevandosi per un istante il cappello, in segno di rispetto. Quando Jack lo vide, lo salutò a sua volta e andò a sedersi accanto a lui.
"Come sta tua madre?"
"Bene. Come sempre"
"E il lavoro con i ragazzi?"
"Come al solito"
"Senti un po', so che lavora tutte le mattine. Ma pensi che nel pomeriggio riuscirebbe a prendere un altro bambino?"
"Perché?"
"Vorrei che Danny iniziasse a prendere lezioni"
"Ma non ha tipo... sei anni?"

Richard Deepmotte sorrise come uno che la sa lunga: "ci sono parecchie cose da imparare, a questo mondo, è meglio che si avvii presto. O diventerà come quella gente che ha la Bibbia come unico libro in casa"

Jack aggrottò le sopracciglia. Lei in vita sua ne aveva letti, di libri, tutti sotto la benevole imposizione della madre. Ma quel Deepmotte si credeva meglio di tutti gli altri, e a lei la gente così non piaceva. Incrociò le braccia e guardò per terra con una certa, crucciata intensità.

"La metterai subito al lavoro, quella... cosa?"

L'uomo si illuminò. Non gli sembrò vero che qualcuno volesse ancora sentire le sue chiacchiere sull'argomento. In parte, in effetti, non lo era.

"Aye, è il periodo giusto. Una settimana e iniziamo la semina. Giusto il tempo di insegnare ai nostri come si usa"


Jack rimase in silenzio.

"Vedrete. Sarà un cambiamento epocale. Dimezzeremo i costi e raddoppieremo il raccolto."
"Se lo dici tu"


Richard Deepmotte sembrava sicuro. Guardava l'orizzonte oltre il mercato con una forza visionaria negli occhi piccoli.

"Dovrete ricredervi tutti, sai
- disse, tirando un paio di boccate dalla pipa - alla fine dovranno tutti ringraziarmi. Ve lo prometto."


* * *


Due giorni dopo, andarono tutti a Mexican in sella ai loro cavalli. Jack aveva ancora la puledra dell'anno prima, con cui ormai si intendeva alla perfezione. Andarono a pranzare e a bere nel saloon sulla piazza, e Jack si sedette vicino a Raul al tavolo rotondo che avevano trovato libero per miracolo: sulla piazza avevano già montato, il giorno prima, una forca piuttosto alta, con dei gradini ripidi per arrivare in cima. Accorrevano sempre tutti, quando c'era un'impiccagione.

Raul e Cain andarono a sgomitare al bancone per ordinare, così Jack rimase sola con Chris.
"So, kid..." iniziò a parlare lui, mentre Jack era distratta nel guardare, dalla finestra, il cappio ancora vuoto che dondolava lentamente. Nella sua vita aveva visto decine di esecuzioni. I banditi omicidi veri e propri raramente arrivavano vivi alla forca, mentre aveva visto appesi parecchi ladri di cavalli e di bestiame.
"So, chap" rispose lei, tamburellando le dita sul tavolo di legno in un momento di noia.
"So. Come va? Non parliamo mai io e te, mh?"
Jack continuò a guardare dalle finestre, rispondendo senza pensarci troppo.
"Non è che abbiamo tutto questo granché da dirci"
Chris sorrise in maniera storta, tanto per non lasciar emergere una vaga delusione.
"Perché, con Raul di cosa parli tutto il tempo?"
Jack spostò gli occhi su di lui e sollevò un sopracciglio.
"Che ti frega a te di cosa parlo con Raul?"
"Well, hai appena detto che non hai niente di cui parlare con me..."
"E allora? Io non vengo a chiederti di cosa confabulate tu e Cain tutto il tempo, no? O i fatti tuoi."
"Potresti anche farlo"

Jack sbuffò dalle narici un certo sarcasmo.
"Come no"
"Avanti"

Lo valutò con un occhio e mezzo, cercando di capire dove fosse il trucco. Chris si spinse con la sedia in avanti e poggiò le braccia conserte sul tavolo. Sorrideva in maniera arrogante, di sfida.
"Te l'ho detto, Chris. Non ho niente da dirti... né da chiederti"
Lui scosse il capo e si passò la lingua sull'interno della guancia, mimando una mal recitata incredulità.
"Ci conosciamo da tipo... che ne so, da sempre? Che cosa ho fatto per farmi odiare così tanto?"
Jack non rispose, limitandosi a guardare da un'altra parte con un'aria scocciata. Cain e Raul riemersero dalla calca al bancone con le scodelle e una mezza pagnotta di pane già affettato che poggiarono al centro del tavolo.
"Devo ancora capire perché diavolo siamo dovuti arrivare fino a qui per parlarne, comunque"
disse Chris con un sospiro, affondando il cucchiaio nella sua scomposta porzione di stufato tiepido.
"Ho bisogno di torce" rispose Raul al fratello senza guardare niente che non fosse il suo piatto.
"E che bisogna alzarsi all'alba e fare decine di miglia per due bastoni e un paio di pezze bagnate nell'alcol?"
Raul brontolò qualcosa di inizialmente incomprensibile. Talvolta riteneva suo fratello ottuso, con poco spirito pratico. "Quella cosa va a carburante e tu ti ci vuoi mettere sotto con un fuoco del cazzo in mano?"
"Ebbè?"
"Sai cosa, fallo, mh? Fai un bel falò nel serbatoio e poi vieni a dirmi come è andata"

Era qualche tempo che sembravano costantemente ai ferri corti. Cain fece rimbalzare lo sguardo tra tutti e tre, senza perdere troppo tempo a chiedersi cosa stesse accadendo o fosse accaduto. "Insomma, Raul, che torce ci servono?"

Raul si riempì la bocca con una cucchiaiata di fagioli e si prese un momento estremamente lungo per masticare. Rispose solo dopo aver deglutito. "Sono delle torce con un pannello di vetro che vanno a cherosene. Le chiamano lucciole... Delle specie di grosse biglie luminose, ma tra il fuoco e il resto c'è una lastra di vetro trattato e un sistema di areazione per cui il fuoco non"
"Ma insomma
- tagliò corto Jack - a che ci servono?"
"Ad illuminare quello che faccio senza rischiare di saltare in aria"
"Well. Direi che è fondamentale, no? Finiamo qui e andiamo a comprarle"
e la parola di Cain era l'ultima. Finirono di mangiare e Jack continuò per tutto il tempo a guardare dalla finestra, finché non fecero arrampicare sulla forca il condannato. La folla nel saloon sciamò nella piazza. Si trattava di un uomo di una cinquantina d'anni, con i capelli brizzolati e una barba disordinata. Da lontano, Jack riuscì appena a indovinarne la tonalità abbronzata della carnagione rovinata. Dissero il suo nome, qualcosa di ciancicato che suonava come roba proveniente dai territori di The Quay, sul mare. Fecero l'elenco dei suoi reati e poi gli chiesero le sue ultime parole. Non riuscì a capirle bene, ma sentì la sua voce roca e la sua parlata da mic. Il cappio si strinse attorno al suo collo e lui non supplicò. La botola si spalancò come la bocca dell'inferno.

Jack rimase ad osservarlo oscillare. Pensò che sembrava un vecchio pendolo, e per un attimo si sentì il cuore stretto in maniera strana. Durò poco, però: le esecuzioni di ladri di cavalli erano una cosa piuttosto comune, a Sweet Waters. Finì di mangiare e poi uscì dal saloon con i ragazzi, rimettendosi lo stetson in testa.


* * *


Jack sistemò i cuscini in modo che sembrasse che fosse ancora sotto le coperte, dopodiché lasciò la stanza in cui sua madre dormiva profondamente, con gli stivali in mano per non fare rumore. Dovette camminare per mezzo miglio buono prima di trovare Cain e i due Barclay.

"Ce ne hai messo di tempo"
protestò il fratello.
"Tu non devi giustificare dove vai ogni cazzo di volta
- rispose lei a mezza bocca, evidentemente di cattivo umore. - e non hai dovuto fartela a piedi"
"Ma perché non hai preso il cavallo?"
chiese Chris.
"Come no, per farmi sparare da Sam"
"Non è uno che grida al ladro, mh?"
"Dopo le prime due fucilate, forse"


Chris le tese il braccio per primo e lei lo afferrò, tirandosi in sella dietro di lui con un movimento appena rallentato dal sonno. Gli poggiò poi le mani sui fianchi piuttosto blandamente.

"Reggiti bene"
l'avvisò lui.
"So come si sta in sella"
"Non dietro qualcuno"
"Infatti dovrei starci io davanti"
borbottò. Non fece in tempo a finire la frase che Chris era già partito al galoppo. Lo strattone l'aveva quasi fatta cadere indietro, ma si curò bene di far finta di niente.

Un po' andarono veloci, perlopiù al passo. Raul non disse una parola per tutto il percorso e Jack fu l'unica ad accorgersene. Per quanto avrebbe voluto parlargli, la presenza di Cain e Chris la frenava come sempre. Rimase zitta finché il cuore dei campi dei Deepmotte non si fece più vicino e loro decisero di scendere dai cavalli e proseguire a piedi. Raul si caricò la vecchia cassetta degli attrezzi che aveva rubato a casa sua. Jack colse l'occasione per rallentare un po' il passo e affiancarlo.

"Va tutto bene?"
chiese a mezza voce, come una confidenza. Raul grugnì piano e lei non fu sicura che contasse come risposta. Ma visto che non sembrava intenzionato a dire molto altro, se la fece bastare.

Trovare la seminatrice non fu difficile: non avendo capannoni adatti a contenerla, l'avevano semplicemente lasciata vicino ad un capanno piccolo, coperta da un telo fissato a terra che avrebbe dovuto proteggerla dalla pioggia, nel caso fosse piovuto. Ma non pioveva. Cain e Chris iniziarono a tagliare tutti gli spaghi che tenevano il telo issato al terreno e presto dal pallore del tessuto economico emerse la figura minacciosa del macchinario.

"All right... da dove si inizia?"
chiese Chris, battendo la mano sulla spalla di Raul per fargli fretta. Lui, di tutta risposta, rimase imbronciato, e si approcciò al macchinario con l'eccessiva cautela dei temporeggiatori. Mentre Cain e Chris si guardavano con dei punti interrogativi al posto dello sguardo, Jack iniziò a sentire un certo senso di disagio sulla pelle che Raul stesso le stava trasmettendo.

Il Barclay più giovane si chinò a terra. Aprì la cassetta. Prese le lucciole che avevano comprato a Mexican. Prese i fiammiferi. Le accese una ad una lasciandole rotolare sotto la seminatrice così che facessero luce. Poi selezionò gli strumenti che gli sarebbero serviti. Sembrava non accorgersi di come la sua lentezza stesse gradualmente estenunado gli altri uno ad uno, in maniera diversa. Scivolò sotto il macchinario e per un minuto o giù di lì nessuno potè vedere niente di diverso dai suoi piedi. Quando ne riemerse, ripose gli attrezzi nella cassetta con la medesima lentezza, commentando con la massima tranquillità: "non lo so fare".

"Come non lo sai fare?"
chiese Cain.
"Non lo so fare"
"Ma dicevi di saperlo fare"
"Lo so fare. Non lo posso fare"
"Ma che cazzo dici?"
intervenne Chris con la solita sofisticatezza.

Raul si rimise in piedi e inspirò a fondo, forte di tutta l'onestà intellettuale che il figlio di una sarta e di un contadino potesse possedere in vita sua.

"Deepmotte ha ragione. Una macchina così ti permette di fare roba che non riesci a fare con cento uomini"
"Mi stai prendendo in giro"
concluse Chris.
"Non è uno stronzo, è uno che sa quello che dice. Gli stronzi siamo noi. Su questo cazzo di pianeta facciamo le cose come le facevamo ancora cent'anni fa."
"Mi stai prendendo in giro"
"Pensala come ti pare"


Cain scuoteva il capo mentre Jack alternava lo sguardo tra i due fratelli come se fosse dovuto scoppiare il finimondo da un momento all'altro.

"You must be fuckin' kiddin' me"
"Get off my back, Chris"


Raul prese la cassetta con tutta l'intenzione di rincamminarsi verso i cavalli, con il muso scuro e gli occhi fissi a terra, come se non avesse il coraggio di guardare nessuno in faccia.

"Raul..."
lo chiamò debolmente Jack.
"Raul!" ringhiò Chris tendendo le mani verso di lui.
"Chris..." protestò Cain con troppo ritardo: Chris aveva già strappano la cassetta di mano al fratello e l'aveva buttata a terra con un gran fracasso.

"Ti sei bevuto il cervello? Stai appresso alle stronzate di Richard Deepmotte, adesso?"
non si regolava: la voce era troppo alta.
"Sto dietro alle stronzate mie, semmai"
"Checcazzo, ti fai la moglie o cosa?"
"Piantala"
"Ay, devi farti bello e speciale con lei, adesso"


Fu completamente gratuito, ma Raul gli puntò gli occhi contro. La sua attenzione era quello che voleva.

"Un ottimo modo per far vedere quanto vali: non fare un cazzo"
"Piantala"

Si voltò verso Jack: "che mi dici, kid, fino ad ora sta funzio--"

Non finì la parola che Raul gli saltò addosso sventolando i pugni chiusi e urlandogli di stare zitto. Jack lo tirò via mentre Cain afferrò Raul per le braccia. Chris barcollò indietro un livido che gli si allargava sullo zigomo, poi ritrovò l'equilibrio e si fece avanti di nuovo con i pugni stretti. Jack lo spinse indietro la prima volta e anche la seconda. Quando per la terza volta lui provò a passarle sopra, lo colpì con il palmo aperto con tanta forza da stampargli tutta la mano sulla faccia. Non se l'aspettava nessuno, e tutti si congelarono. Lui stesso la guardò con gli occhi sottili e interrogativi, come quelli di un animale che viene punito senza capire il perché.

"E ti chiedi perché non ti reggo
- ringhiò lei a bassa voce, prima testimone incredula di ciò che aveva appena fatto - perché sei uno stronzo. Fai sempre quello simpatico che non ha problemi con nessuno, ma poi si vede che sei solo uno stronzo"

Quella volta fu lei a dire l'ultima parola. Ne avrebbe dette parecchie altre, se Cain non l'avesse presa per un polso e trascinata via di peso con tutta la fretta che poteva avere in corpo. Lei vide a stento la lingua di fuoco liberatasi dalle lucciole schiacciate per sbaglio nella rissa. Vide però le fiamme prendere piede e sentì un onesto terrore diffondersi sotto la pelle. Sentirono il boato dell'esplosione quando galoppavano ormai da buoni trenta secondi. Nessuno di loro pensò a fermarsi, o a guardare indietro.


* * *


"Che ti prende ultimamente?"


Dopo due settimane passate ad essere abilmente schivata, Jack era finalmente riuscita a incastrare Raul Barclay. Vicino al ponte che lui stava riparando con una manciata di altri manovali, se l'era trascinato sulla riva e l'aveva costretto a sedersi e a parlare. O perlomeno ad ascoltarla.

"Non è solo quello che è successo. Sei strano da un pezzo. Che hai?"

Lui non rispose, preferendo osservarsi la punta degli stivali. Era seduto per terra con le gambe distese e le mani poggiate sulle rocce.

"E con Chris, anche... che succede?"
"E' uno stronzo."
"E' tuo fratello..."
"L'hai detto anche tu che è uno stronzo"
"Ma non è mio fratello"


Raul scosse il capo spazientito, come se lei non stesse capendo.

"Mi sono stancato, è solo questo. Di Chris, dei miei, di Madrida... di Sweet Waters. Mi guardo davanti e sta tutto già lì. Ancora cinquant'anni a lavorare come un mulo, se sono fortunato, una moglie rompicoglioni, due o tre figli, la predica tutte le domeniche e poi il resto dell'eternità in una buca per terra al cimitero su a nord"

Jack continuò a guardarlo con un velo di preoccupazione sul volto.

"Non ci voglio vivere così. Voglio andare via. Ho preso ad andare a Mexican quelle volte che scende una nave, ma non se ne fanno niente di uno come me. E per un passaggio chiedono così tanti soldi che dovrei cavarmi l'occhio destro per permettermelo. E' come se fossi...
- assottigliò lo sguardo sui propri stivali - ... intrappolato"

Poté sentire l'angoscia nella sua voce: era la prima volta che vedeva Raul in quello stato. Esausto, svuotato.

"Ma non posso crederci che sia... tutto qui. Che devo morire dove sono nato, che è tutto quello che mi aspetta. Io voglio... di più. Di più di quello che hanno avuto i miei genitori, e i miei nonni, e i loro genitori prima di loro. Di quello che vuole Chris, di quello che vogliono tutti. E se anche è un discorso da stronzi... lo so che lo è, Chris dice perché non posso farmi bastare quello che va bene a tutti. Ma quanto può essere sbagliato? - il respiro gli si era fatto più corto, più agitato. Insoddisfatto, rabbioso - voglio qualcosa di più."

In un gesto insospettabilmente spontaneo, Jack gli prese una mano e la strinse gentilmente tra le sue. Lui si voltò sorpreso, a bocca mezza aperta.

"Non è sbagliato. Per me devi avere pazienza, arriverà il momento."
"Lo credi davvero?"
"Aye. Your time will come, Raul. Sei... diverso da un sacco di gente che conosco. Vedi più lontano"

Lui rimase stordito per qualche attimo, perdendo la strada nei suoi occhi verdi.
"Anche tu sei... diversa"
Jack sorrise, poi rise piano.
"Mi mancherai, quando te ne andrai per davvero"

Si sporse verso di lui e gli poggiò un bacio sulla guancia, sentendo sotto le labbra un velo di barba giovane, ancora tenera. Poco dopo i manovali iniziarono a fischiare e a urlargli di darsi una mossa, che non veniva pagato per amoreggiare. Lui si alzò e tornò al ponte stretto nelle spalle, con un sorriso vagamente ebete sulle labbra.

giovedì 18 ottobre 2012

my own kind of upset



"Perché ti turba?"

"Come perché mi turba? Non è chiaro perché mi turba?"

"Perché non vive su un'amaca dentro una sala macchine?"


Booze is the damn best truth serum you'll ever need.


sabato 6 ottobre 2012

my own kind of origins: the prairie waltz



Jack si sciolse i capelli e ci passò in mezzo le dita, cercando di sciogliere tutti i nodi. Avevano cavalcato dall'alba al tramonto raggiungendo finalmente il valico tra Monte Fuerte e Monte Santo. Le cime verdi affondavano in un cielo pieno di stelle in cui si smarrivano. Jack tese le mani per prendere la ciotola di fagioli che suo zio Sam le porgeva.

Sam era il più vecchio, là in mezzo. L'aveva portata con sé nonostante fosse una donna perché era sua nipote e perché sapeva che era tagliata per il lavoro. Resisteva a cavallo non meno degli altri ragazzi, e quando si trattava di guidare i manzi aveva un tocco speciale. Sapeva anche che stava bene nel gruppo: conosceva tutti i ragazzi che partivano con lui: ci era cresciuta insieme, e da ragazzini andavano tutti alla Valle de la Viuda a guardare i selvaggi e fare il bagno se l'acqua del fiume era tiepida. 

"Stanotte la copriamo tutta - disse Sam parlando mentre masticava. Passò gli occhi sul gruppo vario. - finché non passiamo il valico dobbiamo averci tutti gli occhi anche dietro la testa: oltre ai lupi, ci sta pure in giro la banda di Tom Walker"
Cain soffiò dalle narici come un toro: "quei fottuti bastardi ci rubarono quindici capi l'anno scorso... a casa mangiammo gallette per tre mesi."
Jack intanto mangiava. Ogni tanto guardava verso Bob Carson. Bob Carson era il più vecchio, dopo Sam: una trentina d'anni portati come se li portano i cowboy, una barba ispida che radeva una volta a settimana e il cappello calato sul volto così tanto che non gli si vedevano gli occhi sottili. Quando non c'era Sam, tutti pendevano dalle labbra spaccate di Bob Carson che, dal canto suo, parlava molto poco e perlopiù per metafore e massime. Tutti i ragazzi, abituati a percepire metafore e massime come perle di saggezza popolare, prendevano quindi molto sul serio qualsiasi cosa dicesse.
"Il primo turno di controllo lo fate voi due - disse Sam, e indicò Jack e Bob Carson. Non li scelse a caso: lui era il miglior tiratore, e se fosse successo qualcosa sua nipote sarebbe stata più al sicuro con lui - Hernandez e Gordon poi, i Barclay prima dell'alba. Con te, ragazzo" batté una mano sulla spalla dell'altro nipote: Cain. Cain aveva già ventidue anni e lavorava con lui da sei. Chris Barclay da due, Raul Barclay anche. Ma erano tutti stagionali: quando non c'era da spostare le mandrie, lavoravano ai cantieri dei ponti o nelle fattorie di zona.

Finirono di mangiare e tutti si misero a dormire tranne Jack e Bob Carson. Jack prese il vecchio fucile di famiglia e Bob Carson prese il suo fucile e un revolver. Sellarono i cavalli e iniziarono a fare il giro di quel lembo di valico, intorno intorno alla mandria che dormiva o brucava in silenzio. Jack montava una puledra pezzata piena d'energia, che lei però riusciva a contenere e indirizzare come nessun altro. Tanto che quella andava al passo accanto allo stallone baio di Carson che, per qualche motivo a tutti imperscrutabile, aveva chiamato "Asino". 

"Sam dice che hai fatto la guerra per le Verdes Hills" chiese lei ad un certo punto. Era un'altra guerra, un conflitto di proporzioni regionali - a nord, lontano da Sweet Waters - per il controllo di alcuni terreni, un migliaio di morti dalla parte dei perdenti - ma a Shadetrack sembravano tanti.
Bob Carson non disse niente, ma a Jack sembrò vederlo annuire. Rimase zitta per un po', arretrata. Poi tallonò i fianchi della cavalla, facendola avanzare in un buio fitto illuminato solo dalle stelle. Si affiancarono ad Asino.
"Hai fatto qualche battaglia importante?" chiese puntandogli gli occhi in faccia, o almeno cercando la faccia. Carson si sistemò la cinghia del fucile sul petto.
"Fort Stampede"
"Hell... gli sceriffati hanno dato le medaglie al valore ai sopravvissuti, vero?"
"Già"
"La tua dove ce l'hai?"
Carson voltò il capo verso Jack. Sospirò a fondo e si prese dalla tasca un sigaro. Staccò la punta con un morso e la sputò, accendendola con un fiammifero. Asino andava da solo sotto la pressione delle sue gambe.
"L'ho impegnata un mese dopo, per comprarmi un cavallo"
Jack si strinse nelle spalle. "Se ce l'avessi io una medaglia, me la terrei sempre sul petto" borbottò.
Carson rise e lei si sentì a disagio, tanto da chiedersi se avesse detto una cosa stupida: lui rideva di rado, e solo quando qualcosa lo divertiva sinceramente. Aveva una risata roca, e Jack desiderò di stringersi nelle spalle così tanto da scomparirvi in mezzo.
"You listen to me, kid - disse, e per la prima volta girò la testa verso di lei - you listen to me thoroughly: ain't nothing glorious, in war."
Non c'è niente di glorioso, nella guerra. A Jack sembrò che ci tenesse a farglielo capire, per cui annuì e tornò a guardare davanti a sé. Rimasero in silenzio fino alla fine del loro turno.


* * *

Notte dopo notte lungo il valico, Sam continuava ad assegnare Jack e Bob Carson allo stesso turno. Lei attaccava bottone ogni volta, tanto che alla terza sera di seguito Carson dovette iniziare a sbottonarsi un po'. Iniziarono a chiacchierare a voce bassa, Jack si illuminava ogni volta che diceva qualcosa che riuscisse a farlo sorridere, e più lui le dava retta più raddrizzava la schiena sulla sella della sua puledra. Bob Carson era un uomo abbastanza attento.

"Ci siamo andati una volta sola a Las Cruces, quando c'era la fiera del bestiame. Hai visto come ballano lì? Avevo visto della gente di Las Cruces a Mexican che ballava così, ma quelli che stanno lì sono un'altra cosa."

Erano davvero un'altra cosa. Indossavano abiti colorati e avevano tutti la pelle pura dei marroni. Volteggiavano su loro stessi e le donne allargavano le gonne portando le balze così in alto da farle sembrare ali, e nessuno si scandalizzava se mostravano le gambe tese che scalciavano in aria. E poi battevano i tacchi delle scarpe su ampi pavimenti di legno, e sembrava suonassero i tamburi con i piedi, ed erano così veloci e così vorticosi che così alati che avrebbero potuto spiccare il volo da un momento all'altro e nessuno l'avrebbe trovato strano. Provò a descrivere a parole ciò che aveva visto, ma non ebbe l'impressione di spiegarsi finché Carson non annuì: "hai visto ballare il Jarabe".
"Davvero?"
"Aye, è tipico di lì. Ballano il jarabe e il tango negro"
"Il tango negro?"
"Si balla in due e ci si tiene vicini"
Jack guardò la grande mandria a riposo attorno alla quale giravano: "io non so nemmeno ballare il valzer".
Carson allargò anche lui lo sguardo di lato, poi voltò di nuovo gli occhi verso la ragazzina: "vuoi imparare?"
Jack lo guardò poco convinta: "e che tu lo sai ballare?"
Lui scese di cavallo e le fece cenno di fare lo stesso. Asino e la puledra sembrarono felici di potersi fermare, si misero a brucare l'erba stanchi mentre i padroni si allontanavano di cinque metri. Bob Carson poggiò il fucile a terra, e la stessa cosa fece Jack che, ad onor del vero, lo guardava con diffidenza, nonostante ne fosse attratta. Lui le porse la mano, lei valutò il gesto. Si arrese quando lui piegò le labbra nel suo sorriso sottile e disse: "non mordo".

Ballarono il valzer e poi lei chiese come si ballava il tango negro, e lui continuò a ballare il valzer ma spingendosela più addosso, perché la verità era che il tango negro non sapeva ballarlo. Continuarono a ballare senza musica, Carson portò la mano della ragazza dalla spalla al petto, toccandole il polso, e Jack continuò a seguirne i passi guardandolo con gli occhi luminosi che hanno solo le persone senza conti in sospeso con la vita. Si baciarono e poi si stesero sull'erba. Lui aveva le mani ruvide ed entrambi odoravano di sudore e cavalli.


* * * 

Accadde altre volte, finché una notte non sentirono uno sparo. Erano ormai ad un giorno dalla fine del valico, e nessuno pensava che sarebbe più potuto accadere qualcosa. Jack si rimise gli stivali di fretta e Carson si calcò il cappello sulla testa, afferrando il fucile. Ci furono altri spari, di pistole diverse. Carson ringhiò "maledizione" e lei corse verso i cavalli mentre la mandria si agitava, gettandosi il suo fucile in spalla.
"Che pensi di fare?" chiese lui, tirandosi su Asino. "Vengo con te..." disse lei infilando i piedi nelle staffe. Afferrò le briglie col cuore che le sussultava. "Nay, you listen to me kid - disse lui, spinse Asino al fianco della puledra e afferrò la ragazza per un braccio, con un vigore che le fece male - sali il valico dove non arrivano le bestie e nasconditi". Lei non capiva. Spronò il cavallo a partire verso il campo dove c'erano suo zio, suo fratello e i suoi amici, ma Carson la spinse giù da cavallo facendola rotolare nella polvere. "Nasconditi" le ordinò ruggendo. Voltò il cavallo e andò a galoppo verso il campo, aggirando il bestiame agitato. Jack fu sicura di vederlo estrarre una pistola. Rimase a sentire il dolore della caduta per qualche secondo. Poi riprese il fucile che era caduto con lei e si mise in piedi, e solo quando sentì il terreno tremare si rese conto del perché doveva mettersi in alto, il più in alto possibile. Si voltò e, con il fucile stretto in pugno, iniziò a correre. Dietro di lei galoppavano duecentotrenta manzi imbizzarriti, pronti a calpestarla non appena fosse inciampata.


* * *

Rimase nascosta sulle pareti del valico per almeno un'ora, agitata come una foglia al vento e sentendosi tremendamente stupida per tutto il tempo degli spari. Quando la situazione le sembrò più quieta recuperò il cavallo e si mise a radunare le bestie che intanto si erano calmate. Pregò con tutta se stessa che il grosso della mandria fosse scappato dove gli altri sarebbero riusciti a raccoglierlo, e con il cuore in gola condusse una quarantina di capi verso il campo, girando loro intorno e sentendo da lontano gli hi-haa di suo fratello. Arrivò al trotto, con la testa così bassa che riusciva solo a vedere la sella della sua puledra.

"Ce ne sono altri?" chiese Chris spronando il cavallo per girare attorno alla piccola mandria che Jack portava con sé, per compattarla al resto degli animali che avevano recuperato. Lei scosse piano il capo e lui imprecò a voce alta. Poi volse il cavallo e trottò verso lo zio Sam. "Ne avrà quaranta" gli urlò, e Sam si passò la mano sulla barba.

Jack alzò gli occhi solo quando non poté più proseguire senza guardare dove metteva gli zoccoli. Ebbe un tuffo al cuore quando mise a fuoco la vallata: la prima luce dell'alba illuminava i dorsi della mandria stanca e disordinata, ridotta di numero. Jack non avrebbe saputo dire quanto, ma era sicura che fossero di meno. Molti di meno. "Sam, ne mancheranno tra i cinquanta e i sessanta" le venne in aiuto Hernandez, che si steccava intanto un braccio stringendogli contro un ramo secco. Jack lo guardò preoccupata, ma non osò dire niente. Andò invece a cercare con gli occhi Bob Carson, ma lui non ricambiò lo sguardo.

"Venite tutti" disse ad un certo punto Sam, e come degli agnelli attorno al pastore tutti si raccolsero attorno a lui scendendo dai cavalli, con le facce scure di chi ha già perso. Per la prima volta in vita sua Jack Rooster si sentiva sconfitta, ma non per l'ultima. Guardò suo zio e ascoltò ciò che doveva dire. "Ne mancheranno sessanta... con sessanta capi in meno non ci vengono abbastanza soldi da pagarci tutti, e perdiamo il ranch Lincoln come cliente finché non ci piantano una croce sul petto. Se Tom Walker e i suoi non sono stupidi come dei fottuti muli, saranno diretti verso le sorgenti di Rio Rawlins, facendo i sentieri sulle pareti del valico... dobbiamo tornare indietro."
I ragazzi si guardarono in volto, Jack invece non guardò nessuno.
"Ma i capi rimasti..."
"Ci stiamo separando - disse ad alta voce lei, con la lieve irritazione di chi è costretto a spiegare l'ovvio - un gruppo resta ad aspettare e uno rincorre Walker."
Suo zio la corresse: "nessuno sta ad aspettare: le bestie hanno bisogno d'acqua"
"Le portiamo al Lincoln ranch?" chiede Raul, in una spinta di iniziativa.
Intervenne Bob Carson: "nay - e Jack lo guardava già con gli occhi che le erano diventati due volte più grandi - al Lincoln non ci possono vedere arrivare con sessanta capi in meno. Dovete uscire dal valico e portarli al fiume Shenandoah. E poi aspettarci lì."
"Ci divideremo così - disse Sam contando la gente. Quando passò gli occhi su Hernandez, il ragazzo sollevò il braccio steccato come risposta sufficiente. - Hernandez, Gordon, Jack e Raul: voi condurrete la mandria al pascolo sulle rive del fiume. Io, Cain, Barclay e Carson ci mettiamo sulle piste di Walker. Dovremmo riuscire a recuperarli in un paio di giorni..."
"Io posso esservi utile - protestò Jack, dondolando gli occhi tra Carson e suo zio - seguo le tracce meglio di chiunque, Raul mi ha visto farlo - Raul si strinse nelle spalle - per mezzo miglio mi ha visto farlo, ma le so seguire anche per tratti lunghi, e..."
"You stay here, kid" disse Carson rimontando a cavallo. Tutti gli altri fecero lo stesso.
"But I wanna com' with ya guys"
"We know ya do, kid. But ya ain't doin' what ya want, ya doin' what ya're told"
Jack non ebbe niente da ribattere a proposito. Abbassò la testa e non guardò Carson che si allontanava, né suo zio, né suo fratello.
"Partiamo tra dieci minuti?" chiese Raul con cautela, guardandola salire a cavallo.
"Partiamo ora" disse lei con il muso che le arrivava a terra, e andò a mettersi in coda alla mandria per spingerla a partire.


* * *

Due giorni dopo erano fuori dal valico. Mentre mettevano il campo prima del buio, Jack andò ad arrampicarsi su un albero solitario, con un tronco nodoso e antico, e passò del tempo ad assottigliare lo sguardo sull'orizzonte. Cercava di vedere gli altri tornare con i sessanta capi, ma sforzò gli occhi invano. Quando il sole calò dietro il valico, scese dall'albero e andò a fare il fuoco. Si riscaldò una scatola di fagioli in silenzio, mentre Hernandez e Gordon cantavano una canzone e Raul stava zitto anche lui, alzando ogni tanto gli occhi su di lei.

"State zitti?" chiese Raul mentre mischiava i fagioli.
"Oh, che ti prende?" chiese Gordon gonfiando il petto.
"Sta nervoso" osservò Hernandez scuotendo il capo.
"Che cazzo di casino vi viene voglia di fare? Con quello che è successo?"
"E allora? Mica è morto nessuno
"Ci hanno fottuto da sotto il naso un quarto di mandria, non c'è manco da festeggiare" protestò Raul incupito. Jack continuò a non dire niente, non li guardò nemmeno in faccia. Mangiò la sua scatola di fagioli e poi si alzò in piedi. "Non prendi il cavallo?" chiese Raul, guardandole le spalle mentre si metteva il fucile a tracolla. Jack non rispose e andò via. Il buio si richiuse dietro di lei.

La mattina dopo Hernandez svegliò Raul a calci: Jack non era tornata a svegliarli per il loro turno, né a dormire. Raul saltò in piedi e si infilò la camicia. Saltò sul cavallo anche prima di abbottonarla e fece due volte il giro di tutta la mandria prima di vederla poggiata con la schiena contro un albero, con il fucile in mano e la testa pesante rivolta verso la mandria. Si sorprese quando, avvicinandosi a lei, si rese conto che dormiva.

"Jack..." la svegliò sfiorandole appena una spalla. Lei trasalì e le mani le si serrarono attorno al fucile. Raul alzò le mani e lei si rilassò quando lo riconobbe.
"Merda... mi sono addormentata..."
"Perché non sei tornata al campo?"
"Ho... ahm, ho pensato che facevo la guardia io stanotte, e che se tornavano li beccavo..."
"Jack... a quest'ora gli altri avranno già ripreso la mandria e li avranno messi in fuga..."
"Dici?"
"Aye, ne sono sicuro."
Raul si sedette accanto a lei e le sfilò delicatamente il fucile dalle mani.
"Sono stata un'idiota. Non sono stata buona neanche ad evitare che la mandria si disperdesse... potevo salire sul cavallo e provarci, e invece niente. Carson mi ha detto di nascondermi e io mi sono nascosta. Neanche i topi."
"Carson ti ha detto bene, saresti stata travolta"
"Non lo sai. E comunque a te neanche piace, Carson".
Raul sospirò mettendosi più comodo. Si cercò nelle tasche il tabacco, ma si era svegliato così di corsa che non aveva fatto in tempo a prenderlo. Quindi andò più a fondo, nei taschini della camicia, riuscendo a ripescare i fiammiferi e una sigaretta fumata solo per metà.
"Che poi perché non ti piace?" chiese lei voltando la testa per guardarlo in faccia.
"Non lo so - lui si fece più cupo ed evasivo - certe cose... well, le senti. E comunque non ha mai fatto niente per farsi piacere."
"Come fai il difficile" protestò prendendogli la sigaretta dalla mano e infilandosela tra le labbra senza troppi complimenti.
"E a te perché piace così tanto, comunque?" lui accese un fiammifero e glielo avvicinò alla faccia.
Jack dovette pensarci qualche istante. Fece un paio di tiri, rilassò il busto sul tronco dell'albero e guardò il sole che sorgeva all'orizzonte.
"E' tipo che... non ha paura, no? Sembra che non gli fa paura niente. Deve essere un bel modo di vivere" disse lei, e lui non capì cosa volesse dire.
"Vuol dire solo che è uno che muore presto" borbottò Raul guardando anche lui l'alba, e neanche lei capì che cosa stava dicendo.
Rimasero lì a non capirsi ancora per un po'.


* * *
Bob Carson. Shadetrack, 2498.










my own kind of things I oughta burn


Jack Rooster gioca con uno zippo metallico. E' il ventotto settembre duemilacinquecentoquattordici e, per l'Exodus Day, non brucerà niente neanche quest'anno. L'ultima volta che bruciò qualcosa fu nel duemilacinquecentodieci, circa nove mesi prima della fine della guerra, la sconfitta della sua gente, la morte di suo fratello. In quella occasione scrisse su un foglietto la parola "sola" e lo gettò nel fuoco. Era un simbolo: voleva dire che al suo ritorno, se l'avesse trovato ancora su Shadetrack, avrebbe sposato Chris Barclay come lui le aveva proposto prima di partire. Quell'anno Jack Rooster aveva fatto ventott'anni, e non vedeva l'ora di appendere le pistole al chiodo. La verità è che si stava buttando anche la guerra alle spalle: sarebbe andata come sarebbe andata. Vittoriosa o sconfitta, sarebbe tornata a casa dalla sua famiglia, e avrebbero vissuto. Anche con l'Alleanza, non le importava più: fosse stato per lei avrebbe lasciato la guerra da un pezzo. Ma non era un disertore, né lo era suo fratello. E lei non se ne sarebbe andata senza di lui. Si sentì più leggera, dopo aver bruciato la solitudine. Una vita tranquilla, una casa a Mexican, ma non al centro della città. Le grandi praterie di Sweet Water tutte intorno, le cime rotondeggianti de La Trinidad a vista. Un figlio, magari, se anche Chris l'avesse voluto. La vita che meritava e che adesso voleva. 

"Che bruci?" chiese a suo fratello.
"Ho un brutto presentimento" rispose lui.
"Che presentimento?"
"Non lo so. Il presentimento che qualcuno brucerà il mio nome".

E' di nuovo il ventotto settembre duemilacinquecentoquattordici. Le cose non sono andate come previsto. Jack Rooster recitò la preghiera dei naviganti. "Ma l'abisso ti guarda dentro", ricordò. Non bruciò niente.

giovedì 20 settembre 2012

my own kind of same old



Novikov. 

Ho lo sguardo della madre puntato nel cervello. Sono andata sulla tomba dei loro figli a chiederle di suo marito, il contatto giusto per inserire un po' di armi nella protesta, aumentare l'escalation di violenze. Creare problemi in seno all'Alleanza.

Quindi sono andata da Lara Novikov. Carsen parlava e io stavo zitta, a farmi ribaltare lo stomaco mentre cercavamo di estorcere ad una madre in lutto la posizione di suo marito, l'uomo a cui avremmo messo in mano una manciata di armi da fuoco leggere con le quali probabilmente si farà ammazzare.

Ho sempre ritenuto in qualche modo una cosa naturale, tornare a casa e trovare la mia famiglia morta, mia madre morta. E giusta, in prospettiva: mia madre non avrebbe mai potuto superare la morte di Cain... nessuna donna, neanche la più forte, potrebbe sopportare la morte di un figlio. E lei era forte. E' la persona più forte che in vita mia abbia mai avuto la fortuna di incontrare. Crebbe Cain e me senza un marito, in un paese che male accettava le famiglie non conformi. Mi sono chiesta se il dolore negli occhi di Lara Novikov fosse lo stesso che avrebbe avuto mia madre nel sapere Cain morto in guerra. Sono sicura che sia morta pensando che saremmo tornati a casa entrambi, sani e salvi.

Me ne sono andata via dal quel cimitero di fretta, con il cuore rattrappito. Ho pensato molto, ho guardato molto. Sterling vorrebbe aiutarli di più, e conoscendola non mi sorprende: tutti gli emarginati, i maltrattati, gli sfruttati sono per lei una grande, unica famiglia, e gli operai ribelli e mortificati di Meili hanno diritto alla rivolta quanto i bombardati di Shijie, i tassati di Greenfield, gli schiavi di Clackline, i confinati di Saint Andrew, i mudders della luna di Boyd, i minatori di Seven Hills...

Sterling non può fare a meno di essere come è. E' un cuore di panna, ci ha visto bene Edwards subito. Ha un'anima enorme e nella sua lotta per la giustizia c'è posto per tutti. E' la persona a cui lascerei costruire un nuovo 'Verse, senza un ripensamento, un dubbio.

Vorrei essere anche io così, a volte. Roona Mei mi ha detto qualcosa riguardo il mio cuore che diventa nero e la mia capacità di provare pietà che sta svanendo sotto l'odio. Roona Mei non vede tutto, non ci è mai riuscita: non ha mai capito cosa sia stata veramente la guerra... non ha mai combattuto davvero. La rabbia mi mangia da dentro, ma non perché desideri che sia così. Vorrei essere anche io come Sterling, a volte. Ma non posso. Quando la Almost Home si leva sui cieli di Meili, guardo sotto di me e vedo le fabbriche che hanno costruito le bombe e le navi e le armi che hanno distrutto il mio pianeta. Non il rim: il mio pianeta, casa mia. E nel momento in cui sono di fronte alle tombe di Oscar e Trenton Novikov, non sono di fronte alle tombe di due ragazzi, di due figli, di due rivoltosi, di due giustizieri. Sono di fronte alle tombe di due persone che hanno reso possibile la distruzione della mia terra, l'uccisione dei miei amici e della mia famiglia. Oscar e Trenton Novikov sono responsabili del dolore che mi trascino dietro non meno di chi ha sparato il proiettile che si è quasi portato via il muscolo della mia gamba, non meno di chi ha premuto il pulsante rosso che ha sganciato le bombe su Sweet Waters, non meno di chi ha lanciato quella maledetta granata che ha ammazzato mio fratello a Serenity Valley.

Vorrei essere anche io come Sterling, a volte. Ma mentre la Almost Home si leva nei cieli di Meili, non riesco ad essere nessun altro che la solita me stessa.