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venerdì 21 novembre 2014

(my own kind of song for Red Wright)


Sweet Waters, Shadetrack
Quella che fu Madrida, a ovest del Toledo River.

La posta a Shadetrack arriva una volta ogni due mesi, quando arriva. Hanno fatto una colletta per i materiali con cui Sterling ha rimesso insieme un vecchio light cruiser buono a reggere fino allo skyplex più vicino, dove raccoglie tutte le lettere e i pacchi diretti a Sweet Waters. Sono parecchi: di satelliti dedicati non ne hanno ed è difficile che il segnale cortex arrivi a più di un decimo di pianeta. Sharpe ha finito il suo turno di notte e ha dato il cambio a Chris Barclay. Si sono scambiati il fucile (ne hanno pochi, ma ben tenuti) e il 'tracker le ha detto che sono arrivate brutte notizie, non sa che notizie esattamente. Che tutti dormono. Che Bolivar e i loro figli dormono, che Ritter e Sterling dormono, che André e John e Sam e Maryanne e Sean Rooster, figlio di Cain Rooster, che ormai è quasi un uomo, e Cecilia Ritter che non è più una bambina, e tutto quell'esercito di spiantati e disperati alla ricerca di un posto dove stare e che continuano a chiamare Jack ammiraglio

Ammiraglio.

Sharpe la trova nella sala bassa della casa principale, seduta di fronte al camino acceso, con il suo cane tra le braccia, avvolto dalla coperta più calda che ha tolto al suo letto. Acab respira con la fatica della vecchiaia, il pelo una volta bianco ha ormai perso di lucentezza, e anche dal suo unico occhio non riesce a distinguere più nulla. Una vita di servizio e fedeltà l'ha reso esausto, ma anche Jack Rooster si conta addosso le sue rughe. Se vivi su un pianeta distrutto, non vivi a lungo. Sharpe le si va a sedere accanto.

"Ti ricordi quando l'abbiamo trovato?" E' la prima cosa che Jack le chiede, ma sa la risposta. "In una nave alla deriva, nel vuoto. Ultimo sopravvissuto. Tutti quelli che stanno qui sono come questo cane: gli unici sopravvissuti di qualche strage. E' per questo che abbiamo perso la guerra di Polaris: quando loro dicono l'ultimo sopravvissuto, parlando di quello che è ancora vivo, quando lo diciamo noi, parliamo di quelli che sono morti. La sconfitta ce la portavamo dietro dalla prima fucilata."

Sharpe osserva il cane. E' un mezzo lupo con i denti ancora buoni, nonostante il tempo. Non si è mai lasciato toccare facilmente, e lei tende la mano per fargli finalmente una carezza. Poi la ritira: chi muore ha diritto a morire come è vissuto. Anche le bestie.

"Questi qui sono ancora vivi, ammiraglio, e magari sarebbero tra i morti se non fosse per te. Tutti vivi che vogliono restare vivi. I tuoi figli avranno figli loro, un giorno - Susan Patricia e Samuel."
"Pete ha gli occhi di suo padre, e la testa. Quando vede una cosa storta le si pianta dentro e non ha pace finché non la raddrizza. Mi preoccupo per lei. Mi preoccupo per Bolivar, anche."
"Tu ti preoccupi per tutti."
"Ci conosciamo da quanti anni?"
"Da prima che facessi salire a bordo questo cane."
"Hai passato una vita al timone di una nave e mi hai seguito qua dove puoi pilotare a stento i cavalli."
"Sono invecchiata, ammiraglio. Uno non può essere un soldato per tutta la vita."

Jack Rooster, anni prima, era convinta che lo sarebbe stata. Accarezza Acab dietro le orecchie e ricorda di quando passò settimane accucciato ai suoi piedi mentre lei combatteva per restare viva, continuare a respirare. La sua pelle è sempre stata dura come il nodo delle conchiglie che trovi in riva al mare. Ma Jack l'ha visto raramente, il mare.

"Red Wright è morto a Fargate."

Lungo la schiena di Sharpe si arrampica la desolazione. Il migliore pilota della Resistenza è morto nell'inferno di Fargate. Jack percorre con le dita il muso del suo cane, e non ha il coraggio di dire che avrebbe potuto scommettere ogni cosa che Red Wright, almeno Red Wright, sarebbe stato la persona che sarebbe uscita fuori da Fargate viva. L'ultimo sopravvissuto. Aveva chiesto a Chris se sarebbe riuscito a costruire un altro pezzo di casa grande abbastanza da accogliere una famiglia di tre. 

"Non ho voluto svegliare nessuno. Dovrò dirlo a Sterling, e a Bolivar. A John... a Chuck. Quando lo dirò ai miei figli non sapranno neanche collegare una faccia al suo nome. Abbiamo passato cent'anni sulla Almost Home, ma ora io sono a casa, a Red Wright che è stato catturato sotto il mio comando-- non ci è mai tornato."
"La guerra uccide le persone, ammiraglio. L'ha sempre fatto. Red Wright lo sapeva, ed era pronto a morire per la causa."
"Non è morto in battaglia. Almeno questo glielo dovevo: farlo morire combattendo."
"Non sai com'è morto. Di battaglie ne combattiamo ogni giorno."

Jack smette di respirare insieme ad Acab, rimane sospesa nel vuoto per un istante lunghissimo. Quando il mezzo lupo muove il petto in un respiro profondo, lei fa lo stesso, con un sollievo temporaneo. Lo copre meglio quando lo sente gemere di dolore.

"E' tempo, ammiraglio. Dovresti abbatterlo."

Forse dovrebbe. E' la cosa umana da fare: suo zio aveva fatto così con tutti i suoi cavalli vecchi o con le zampe rotte, dopo averli salutati. Se si sfogliava indietro poteva ancora trovare il suono del suo fucile, l'odore della clemenza che era uguale a quello dello xentio. Jack si china col busto su Acab. Gli poggia le labbra sul fianco, ad occhi chiusi, percependone il respiro. Pensa a Red Wright e a come non sia mai andata a trovarlo, perché il viaggio era troppo lungo. A come non gli abbia scritto, perché temeva che loro sarebbero riusciti a rintracciarla, ad arrivare al suo angolo di pace così remoto - o forse perché non aveva abbastanza cose da dirgli, perché si vergognava a parlargli di come Pete avesse gli occhi blu di Bolivar e Samuel l'aspetto e l'odore di suo fratello. Di come crescessero forti e determinati, con due genitori accanto, mentre suo figlio cresceva senza un padre a Saint Andrew, e tutto per colpa sua. Pensa a tutte quelle cose rimaste incastrate nelle reti della loro educazione spartana, rimmer, mondi e vite in cui nessuno li aveva abituati ai sentimenti. Ad avere pazienza per gli addii.

"Possiamo farlo adesso, prima che i ragazzini si sveglino."

Jack solleva il busto, scuote il capo con energia, ostinazione. 

"No", con lo stesso tono con cui dava gli ordini quando era davvero un ammiraglio.
"Non ancora."

* * *


Due giorni dopo, fanno un grande funerale in cui indossano il browncoat. I giovani piangono Acab e i vecchi piangono Red Wright, ma ci sono alcuni giovani che piangono Red Wright e alcuni vecchi che piangono Acab, ma ciò che è certo è che in ogni cuore piantano una croce in più. Ne piantano due anche dietro la casa: Jack Rooster dà al suo cane e al suo pilota posto accanto alla sua famiglia, anche senza un corpo. Bolivar e André la aiutano a scavare mentre Sterling dà un pugno sul naso di Ritter e fa ridere i ragazzini, per dimostrare bene il rapporto affettuoso che avevano suo marito e Wright. Ognuno racconta la sua storia su Red, ognuno si prende il suo tempo per aggiungere un pezzo alla memoria collettiva. Chuck, che lo conosceva e lo chiamava ancora zio Red, la sera va da Jack e con l'espressione scura le chiede: come è morto?
Jack le bacia la fronte. Le risponde: combattendo. Sa che è la verità.

martedì 3 dicembre 2013

our own kind of freedom


E' il dodici dicembre 2505 e balliamo dietro il saloon. Fa così freddo che ti chiedo di stringermi e tu invece fingi di farmi cadere, e quando io ti insulto tu ridi e dici che come faccio a non fidarmi, sei tu, come faccio a non fidarmi? Quella notte facciamo l'amore tenendoci addosso quasi tutti i vestiti, e quando dopo ci stendiamo sul fondo del fienile tu ti lamenti di avere la paglia nelle mutande, e dici che sant'iddio, non è possibile fare l'amore e preoccuparsi della paglia nelle mutande, e che un giorno costruirai una casa solo per andarci a fare l'amore con me.

E' il 2510, ed è novembre. Mentre sono in una trincea a Boros e vengo informata che ciò che rimane del sesto reggimento verrà inviato a combattere a Hera, tu sei al lazzaretto di Madrida, dietro la chiesa, e leggi a mia madre una poesia che lei vuole che ti ricordi. La poesia, come tutte le più belle poesie di questo mondo, parla d'amore. Quella notte continui a leggere e a tenerle la mano, finché non ti rendi conto che il polso non le batte più. 

E' il 2514, settembre. Ho appena ucciso un soldato alleato mio prigioniero. L'ho fatto dopo averlo torturato in modo barbaro, alla ricerca di informazioni che non mi ha voluto dare. So che Eivor non mi guarderà più con gli stessi occhi. So di avere danneggiato John in maniera irrimediabile, facendogli pensare che ciò che ho fatto è giusto, ma non c'è niente di giusto nel far soffrire un uomo, neanche se è un tuo nemico. Mi chiedo che fai e se ti vergogneresti di me, se vorresti ancora sposarmi, dopo aver visto ciò che sono stata capace di fare. 

E' un giugno tiepido. Mentre io sto morendo, schiacciata con la schiena contro il bancone di un saloon di Greenfield, tu, a parsec di distanza, punti un fucile contro un ragazzino che è venuto a rubare in casa tua le uniche due galline che ti sono rimaste, e che ti permettono di sfamare te e tua madre. Gli dici di andare via, o altrimenti spari. Lui ti guarda con degli occhi enormi, in cui puoi leggergli l'indecisione tra il morire subito, fucilato, o più tardi, di fame. Lui se ne va correndo con il bottino, e tu scopri di non avere il coraggio di sparare a un innocente.

Ho otto anni e tu dodici, e nonostante ti odi più di qualsiasi altro ragazzino a Madrida, ci casco come una stupida quando mi fai credere che i pesci volanti esistono davvero, e che ne troverò un raro esemplare su quell'albero alto e pieno di vespe. Tuo padre ti prenderà a cinghiate per due giorni, più o meno il tempo che ci impiegherà mia madre a togliermi i pungiglioni dalla pelle.

Nel 2513, una notte, mi sveglio accanto a Scott. Mentre lui dorme io scivolo fuori dal letto e mi rivesto molto lentamente. Nello stesso momento tu stai raccontando di me a una prostituta che adora le storie d'amore, e che ti dice che dovresti partire e andare a cercarmi, e sposarmi, e avere con me tanti figli, e riportarmi a Shadetrack. Per una notte intera ti chiedi se non abbia ragione lei, ma il giorno dopo ti riporta un po' di buonsenso, e ti dici che alcune cose sono perse.

E' la primavera più bella che abbia mai visto su Shadetrack, e tu cerchi nell'erba i tuoi pantaloni per estrarne un anello avvolto in un fazzoletto. Quando ti dico che non rinuncerò alla guerra per te, replichi che va bene, che ti risponderò quando la guerra sarà finita, che avrò un sacco di tempo per pensarci.

Cinque anni dopo è il 2511 e attorno ho soltanto morte. Mentre a te, a Mexican, arrivano le prime voci della fine della guerra, io imploro John Cassidy di aiutarmi a riportare il corpo di mio fratello a casa. Non imploro a voce, lo faccio con gli occhi. Quando mi dice che non gli basterebbe il carburante, io ripesco quell'anello dal fondo di una tasca, e gli dico che potrà usare quello, per il carburante e per il servizio.

Quattro anni più tardi, tu stai provando a sistemare un apparato di filtraggio dell'acqua da solo. Non ci riesci, imprechi ad alta voce perché a breve non saprai più che cosa bere, e nella disperazione pensi che saresti dovuto morire te invece che tuo fratello, che lui avrebbe saputo ripararlo. Intanto, su Bullfinch, io ho appena dato un pugno a John Cassidy e lui ha appena dato un pugno a me. Ma è già passato, e prima di salutarmi poggia quello stesso anello che gli diedi una vita prima sulla branda nella mia cabina, dicendomi che dovrei tornare dove qualcuno mi aspetta.

Non ricordo che anno è. Sono ubriaca e terrorizzata, perché ho perso Eir Sterling nell'esplosione di una nave. Tu intanto hai trovato un fiore (è così raro trovarne a casa, ormai), e pensi di raccoglierlo e andare a trapiantarlo vicino alle tombe della famiglia Rooster. Non mi passi nella mente neanche per un istante.

E' poco tempo fa. Gli stranieri non sono benvenuti a Sweet Waters: vengono solo a depredare il poco, il pochissimo che c'è. Spari contro Sharpe un colpo di avvertimento mentre scende dalla pedana di stiva, mancandole il piede destro per un soffio. Io sto dentro e dico ai numerosi figli di Ritter e Sterling di nascondersi, non so che sei tu. Quando urlo il mio nome da dietro la spessa paratia metallica della wyoming che ci ha portati a casa, dico che vengo in pace, che sono di Shadetrack, e che sono la figlia di Susan Rooster e la nipote di Sam Rooster. 

E' davvero un istante fa. Nell'abbracciarti d'impeto ti sbatto il fucile contro la schiena. Tu mi sollevi e giri su te stesso, senza che io riesca neanche a toccare terra con i piedi. Non ci diciamo niente per un tempo infinito, ma va bene così. Io ripenso a tutte le volte che non ti ho pensato, e mi chiedo se ti sei fatto le stesse domande che mi sono fatta io, mentre me le facevo io. Ti vorrei chiedere: cosa stavi facendo mentre io riparavo lo steccato a nord di Buckskin Trails? Mi hai pensato quella volta in cui ho riabbracciato Red Wright evaso da Fargate, e hai sentito anche il tuo cuore fermarsi quando lo ricatturarono? Io baciavo Sundance su una tempia perché ci aveva appena sbloccato le prove necessarie ad incastrare i criminali che avevamo catturato, e tu intanto chi baciavi? Mentre io mi legavo i polsi e mi lasciavo trascinare sul fondo, sicura che fosse l'unico modo per vincere la guerra (vincere o morire per lei), tu in quali catene eri serrato? Chi aveva le chiavi di ogni lucchetto? E ora che mi rivedi, ti senti finalmente libero come mi ci sento io?

Non fa niente, va bene comunque, va bene così. Ti amo come un fratello, e gli errori sono tutti nel passato. Ti bacio sulla fronte e ti dico che ho così tante cose da raccontarti che tutta la vita non ci basterebbe. Tu mi guardi e ridi. In quel momento mi viene in mente che sai già tutto, e non ho dubbi. Solo tu potresti. 

E' il 2506, e sto partendo per la guerra. Ti abbraccio e ti dico in un orecchio: "ti ho nelle vene, Chris. E non ti ci posso più tirare fuori".


* * *

[dal libro di poesie di Susan Rooster]

[post n. 100]

venerdì 29 novembre 2013

my own kind of reason I fell in love with each and every one of you



Non sto scrivendo questa cosa a tutti quanti, la sto scrivendo ad alcuni. Uno viaggia centinaia di parsec e passa anni nella stessa nave, e può succederti qualsiasi cosa, e se quella è la prima cosa che capisci, la seconda è che chi sta là dentro in qualche modo diventa famiglia tua. In qualche modo. 
Quindi sto scrivendo a John, a Sun, a Ed e Cortes, e a Schmidt e a Bolivar. A Sam Hale, anche, e ad André Vandoosler, perché li raggiunga dove stanno. A Red Wright perché lo aspetti quando uscirà dall'inferno di Fargate.
A questo punto, in un modo o nell'altro, tutti avranno capito che sto partendo per l'ultimo grande viaggio, e che se Dio me la manda buona, questa volta non torno. Tra qualcosa tipo sette mesi e mezzo avrò un figlio, e voglio che nasca dove sono nata io, e che mi veda provare a ricostruire qualcosa dove i nemici non hanno lasciato più nulla. 
Non è una lettera d'addio, è una dichiarazione d'intenti. Vi dirò quello che farò, perché se a un certo punto qualcosa andrà male, dovrete essere in grado di sapere dove venire a cercarmi e come ripigliarmi per i capelli, perché Dio mi sia testimone: non ho intenzione di crepare proprio adesso.  
Andrò a Safeport, per prima cosa, e vedrò di vendere il Devil's Den al migliore prezzo che riesco. Coi soldi che ci ricavo, insieme a quelli che mi sono messa da parte, comprerò il fertilizzante della Blue Sun, quello speciale che non siamo riusciti a rubare, a suo tempo. Lo farò portare a Shadetrack. Andrò a Saint Andrew, perché devo salutare il figlio di Red Wright, e andrò a Tauron, perché sto tornando a Shadetrack per ricostruirla, e non lo posso fare senza Sterling che aggiusta le cose, Ritter che aggiusta le persone, e i loro rumorosissimi figli che aggiustano l'anima. Se li conosco un po', verranno anche loro. Verrà anche Sharpe. Infilerò poi me, Acab e Shamrock (il cane e il cavallo vengono con me anche loro, ay) in un pozzo di Sanderson con cui supererò il confine. Se riuscirò ad arrivare a Hall Point, il grosso del viaggio sarà fatto e arrivare a casa sarà facile. Con il fertilizzante e qualcuno che sa usarlo, dovremmo riuscire a far rinascere almeno un piccolo pezzo di terra.  
Abbiate cura delle cose. Della guerra e di voi stessi, e poi l'uno dell'altro. Anche della Almost Home: so che tutti hanno sempre pensato fosse la mia nave, ma anche col mio nome sopra non è mai appartenuta a me. E' vostra ed è di tutti quelli che decidono di combattere. E' stata quasi-casa per un sacco di tempo, per me. Spero lo sarà sempre anche per voi.  
Mia madre diceva che un uomo può fare quello che vuole, ma se è un uomo giusto, farà quello che deve. Voi l'avete sempre saputo anche se non eravate figli di mia madre, e me l'avete ricordato quando io me lo stavo scordando. Vi sarò sempre grata, per questo.
Jack Rooster

martedì 22 ottobre 2013

my own kind of black hawk down



E' una serata fresca. Sul tetto di una stalla, sul fondo di un albero. Nel palmo di Bolivar o con la schiena premuta contro la corteccia di un tronco. La stessa serata fresca a ventiquattro ore di distanza. Jack Rooster piange per il dolore e piange perché per un attimo si ricorda di quando era terrorizzata dal buio. Ma non è triste: è dall'altra parte esatta. E' a nord del fiume e ha abbattuto il ponte, hanno abbattuto il ponte. Lo hanno davvero abbattuto? Il fumo non le ha permesso di esserne sicura. Qualcuno la troverà presto.

Bolivar e André la trovano sul tetto di una stalla. Bloom, due bottiglie di tequila, bourbon e latte. Mentre si rimbocca la coperta fin sulle guance, Jack Rooster pensa che se qualcosa andasse male, se qualunque cosa andasse male, André e Bolivar non vorrebbe ricordarseli in nessun altro modo. A credere che i cigni neri esistano, che l'Australia sia un luogo vero. Se stai a sentire le storie dei lacklands, pensa Jack. Suo zio le raccomandava di tenersi lontana dai senza-terra, ma vent'anni dopo guarda il cielo di Bullfinch e prega di aver fatto tutto il necessario perché il senza-terra sopravviva.

Cortes, invece, la trova in cima alla rampa della Almost Home. Ci sono due jeep pronte: Sharpe condurrà André e Bolivar al limitare della giungla, poi proseguiranno a piedi con i ranger del distaccamento esploratori. Lei ed Eivor andranno al campo dodici del Rose Ranch. L'A-11 le aspetterà lì. Non prima di essere passati per le mani di Cortes, però; non prima di essere passati per la gioia e il coraggio incosciente e irrealistico di Cortes. Mentre Bolivar ride e André improvvisa un passo di danza, Jack la rimprovera di aver sottratto dei soldati al loro dovere per metter su quella pantomima musicale inutile, indecente. La verità è che è così che se la vuole ricordare, Cortes (succeda quel che deve succedere): mentre suona la marcia dei vincitori per chi nel destino ha la sconfitta. Prima di salire in jeep, invece di salutare André lo rimprovera. A Bolivar sorride mentre scavalca lo sportello del passeggero. Sorride e basta. Non le vengono grandi discorsi.

Dio si sta facendo perdonare Wright a Fargate, pensa Jack, mentre urla a pieni polmoni il dolore lancinante che le provoca sfilarsi il giubbotto di kevlar (ma almeno riesce a respirare). Renshaw è vivo, è salvo. Sopravviverà, sopravviveranno tutti e il ponte è caduto. Fai che il ponte sia caduto. 

I ranger confederati la trovano a tamponarsi le ferite semi svenuta, e ignorano il tubetto quasi vuoto di analgesici che riposa al suo fianco. Joe Logan è un uomo calmo, conciliante e solido. Scuote Jack per la spalla sana e le colpisce piano le guance per farla rinvenire. La chiama per grado e cognome. Ammiraglio Rooster. Jack Rooster. Cain Rooster.

"Il ponte?" rantola mentre la sollevano di peso.
"Il ponte è abbattuto, signore".

Sorride nonostante il dolore. Perde i sensi mentre conta le piume ai cigni neri.

domenica 13 ottobre 2013

my own kind of cold ground



E' metà ottobre e su Bullfinch piove. L'ammiraglio Jack Rooster non torna alla Almost Home da due giorni, e ogni passo che ha fatto l'ha portata più lontana dalla nave. E' andata a Buckskin Trails, ha acceso un fuoco e ha bevuto vodka korolevita seduta per terra, alla salute di Red Wright.

Al suo fianco siede Cain. Guarda il fuoco accanto a lei e finge di non rendersi conto che ingoia un singhiozzo dopo l'altro con un'ostinazione inutile.

"I'm sorry, cub"

Quando lo dice sembra sincero.

"Non so che fare"; glielo confessa e tira su col naso.
"Se non è una novità questa"
"Io non-- io non so più che fare, Cain."

Non risponde. Quando lei si volta, è sparito.


martedì 8 ottobre 2013

my own kind of missing heads


Bullfinch, gli inizi di ottobre


E' notte e tra poco sarà l'alba. In un letto così stretto, Renee Bolivar è una presenza ingombrante. A ogni sussulto nel sonno conquista un centimetro di spazio in più, ma a lei non dispiace - non dormirebbe comunque -. Si è stesa su un fianco, con la schiena contro il muro e la testa sotto un braccio ripiegato. Ha chiuso gli occhi ogni tanto senza riuscire mai ad addormentarsi. Riaprirli e trovare lui le schiude le labbra ogni volta. Non gli ha ancora detto niente.

Il sonno di lui è profondo. Spogliato delle armi e dei vestiti, gli rimane la pelle tesa sui muscoli, le mani bendate e due giri attorno al collo. Il primo è una croce, il secondo è una zanna. Il sacrificio del figlio di Dio per l'anima degli uomini e la lotta per tenersi l'anima in corpo ancora un po' prima di riconsegnarla a quello stesso buon Dio.

Due giri anche per lei. Il primo è vecchio. Il secondo è nuovo e luminoso, ma comunque simile. Sono targhette militari con nomi diversi e gruppi sanguigni uguali. Rappresentano impegni presi, promesse disattese, sensi di colpa e speranze di rivalsa. Mentre passa le dita sulla croce d'oro prova a elaborare un ordine da utilizzare nel caso in cui gli alleati accettassero di trattare separatamente la riconsegna dei prigionieri, o dei loro corpi.

Prima i vivi, poi i morti. Di questo è sicura. Un po' più in basso, la questione diventa più difficile; seguire la scala gerarchica sarebbe ciò che il Comando le ordinerebbe di fare. Il primo ufficiale Wright per primo, il caporale Schmidt dopo, il soldato semplice John Shepherd per ultimo. Wolfwood le ha detto che alcuni generali considerano i loro uomini come dei numeri. Ne perdi uno, ne cerchi un altro. Ma prima di essere un ammiraglio confederato, Jack Rooster è stata un capitano di nave. Prima di essere un capitano di nave, è stata tenente a Serenity Valley, ed è a Serenity Valley che ha imparato che gli uomini con cui hai combattuto per anni sono più che soldati intercambiabili. Ogni morto nella valle del suo reggimento era una storia per cui aveva sperato in un lieto fine. Un po' di giustizia. Un ritorno a casa.

Quindi non pensa più al primo ufficiale, al cecchino competente o all'ufficiale operativo. Pensa invece al padre di famiglia, al ragazzo orfano e all'uomo che ha visto il suo pianeta distrutto. Pensa alla rabbia senza confini di Schmidt e al biasimo di Eolen, pensa a Sam e a come lo vorrebbe felice. Vorrebbe felice ognuno di loro. Li vorrebbe sereni.

Lui sembra sereno quando dorme. E' diverso da tutte le persone che conosce - Jack Rooster l'ha capito prima di pensarlo, e anche adesso non saprebbe dire cosa abbia di diverso. Non si rende conto che non c'è inferno negli occhi di Bolivar, non c'è rabbia malata e non c'è dolore esposto. Tutti gli uomini che conosce sono coacervi di odio e afflizione. Sono corrotti da ciò che hanno perso e ciò che vogliono sottrarre ai nemici; sono spietati come Schmidt o esausti come Sam, sono alla disperata, disorientata ricerca di redenzione come André o sono impenetrabili, come Red. Lui non è niente di tutto questo. E' ostinato, come tutti gli altri, ed è testardo, come tutti gli altri, ma non è danneggiato. Gli incubi non lo svegliano la notte. Non ha inferno negli occhi, Bolivar, la guerra non gli ha spezzato la schiena nonostante tutto.

Gli disegna sulla pelle il corso irregolare del Morgan River, lui si sveglia di soprassalto quando tocca all'insenatura a nord che gli arriva quasi fino alla clavicola. Jack, che è abituata a scatti brevi nel sonno, scivola di lato e lo lascia agitarsi qualche istante, mentre emerge disorientato dal sonno.

" 'em sorry, woke you up"

Lui si strofina la faccia e la trova nella penombra.

"Ain't na problem, ah"

Il cortex pad suona in quel preciso istante. Lei si spinge in avanti, fuori dalle coperte, verso il comodino ai piedi del letto, senza che tanta fretta sia spiegabile agli occhi di Bolivar. Un attimo dopo vede il profilo di un sorriso colarle fuori dalla bocca, illuminato dal bianco neutro del cortex pad.

"Any good news?" chiede. Lei gli torna stesa al fianco, i muscoli tutti sciolti.

"Aye - conferma - good news". 




you won't find him trying to chase the devil
for money, fame, for power, out of grief
you won't ever find him where the rest go
you'll find him next to me

lunedì 30 settembre 2013

my own kind of kite flier



Almost Home. Jack ha passato mezz'ora a decidere se indossare un vestito o i pantaloni. Ha valutato quello regalatole da Sam, ma vestirsi di bianco al matrimonio di qualcun'altro è di cattivo augurio (glielo diceva sempre sua madre). Allora ha sfiorato con le dita l'abito lungo, beige, che si è messa per celebrare l'unione Ritter - Sterling. Poi sono arrivate le notizie sulla fine delle trattative. Ha inspirato a fondo e ha sentito odore di guerra. Per qualche motivo, ha scelto dei pantaloni integri, una camicia stirata, un gilet nuovo. 

Ha i capelli raccolti in una treccia e ha appena finito di pettinare Cortes. Sosta in piedi sull'uscio delle docce. Con le braccia conserte e una spalla contro lo stipite, osserva Bolton sistemarsi la cravatta di fronte ai grandi specchi. L'unico occhio si ferma sul riflesso del capitano, ma solo per un istante: poco dopo è di nuovo occupato ad aggiustarsi il nodo. Ha qualche difficoltà.

"Mi è appena arrivato il nome del tuo rimpiazzo". 

Bolton alza il mento e inspira a pieni polmoni, dilatando le narici. Scioglie il nodo, ricomincia daccapo. La parte larga passa sopra quella sottile, quella sottile si ripiega su quella larga... no, qualcosa non va.

"Alcune persone sono fatte per prendere calci in culo dalla vita finché non crepano, capitano. E quando vivi così quarant'anni quasi, pensi che va bene".

Jack rimane ferma sulla porta. Ha un'espressione calma e arresa, e una malinconia antica le paralizza gli occhi spenti.

"Non prenderla male, capitano: io ci credo molto in quello che state facendo. Ma prima di tirare le cuoia vorrei fare qualche cosa anche per me medesimo. Non so se mi spiego. Cristo."

Impreca e sbuffa, sciogliendo di nuovo il nodo che gli è uscito male. Jack si stacca dalla paratia e si avvicina con calma, sospirando piano. Lui si volta verso di lei e alza di nuovo il mento. La lascia mettere le mani al pezzo di stoffa, all'improvviso considerando che, se Jack Rooster sa sistemare una cravatta, forse in vita sua ha conosciuto qualcosa di diverso dalla guerra. In vita sua. In un'altra vita.

"Red, Dio l'abbia in gloria, crede in tutti quei santi strani, che gli dicono che è meglio morire ammazzati in battaglia che nel tuo letto, con una donna onesta. Ora che non ci sarò più io, qualcun'altro dovrà ricordargli che ha una famiglia di cui occuparsi"

"Penso che questo lo sappia già"

"Ma devi dirgli che a volte è meglio un po' di disonore, se ti permette di non far finire tuo figlio orfano. Devi dirglielo tutti i giorni"

Finito il lavoro, Jack spazzola con le mani le spalle della giacca di Bolton, ne sistema i risvolti. Alla fine fa tre passi indietro e si mette le mani sui fianchi, guardandolo a figura intera. Lui tira su col naso e si sistema più dritto, più fiero.

"So. How do I look?"

Jack sorride piano e scuote appena il capo. Aggancia morbidamente gli occhi allo sguardo monoculare del pilota. 

"Just about right."


 * * *

La pioggia è quasi sparita e il sole è tramontato da un po', lasciandosi dietro un cielo non ancora del tutto spento. Sterling e Ritter ballano, e Haggerty sgomita Eivor per farsi rispiegare come si fa ad essere un corer saccente come Ritter e avere quell'enorme naso ancora dritto, intatto. Il rim deve sembrare un posto strano e brutale per chi non ci è nato. Jack si è sorpresa di vederlo con soltanto un occhio nero.

Lei si è presa i bambini. E' per terra, in ginocchio, e uno stuolo di infanti è raccolto a drappello insieme a lei. I più piccoli (i nuovi gemelli della premiata ditta Ritter-Sterling) si rotolano nella terra senza ben capire cosa stia accadendo. Cecilia si è guadagnata un posto alla destra del capo, e tiene un ginocchio poggiato a terra mentre si gratta il mento con una mano, sulla faccia un cipiglio da generale. Olvir, Hust, è sotto l'ala sinistra. Lelaine è l'unica in piedi, e guarda il motivo d'interesse da sopra una spalla di Jack, con un'asciutta attenzione analitica.

Il motivo d'interesse è un aquilone. 

"Ma poi che fa?" obietta Hust, ciancicando le parole, senza ben cogliere il motivo di tanta concentrazione da parte di tutti.

"Lo fai volare" spiega Chuck, spazientita.

"Come papà?" il ragazzino spalanca gli occhi, pieni di meraviglia.

"Proprio come papà" risponde Jack prima che Chuck possa replicare con quella terribile spocchia (tutta suo padre).

"Lo avete montato al contrario" fa notare timidamente Lelaine.
"Zitta, scema" replica la sorellastra.
"Chuck!"
"Scusa"
"Non a me"
"Scusa Lelaine".

Che poi ha ragione: lo hanno montato all'incontrario. Jack dispone ognuno a un angolo diverso, e a ognuno consegna un lembo di stoffa rossa da tendere e tirare, mentre lei fissa un'estremità. Chuck la imita di nascosto, e quando ha finito con successo solleva entrambe le braccia e chiama zia Jack per farsi dire che è brava. Continuano il lavoro, visitati di tanto in tanto da un altro adulto dubbioso. Ognuno ha un parere diverso sul perché l'aquilone non sembra affatto un aquilone, montato così. Desistono tutti dopo il primo grugnito dall'ammiraglio, ma poco dopo anche la maggior parte dei bambini ha perso interesse, e si annoia (o dorme per terra, come i due gemelli).

Chuck no. Chuck non si considera una bambina, per cui rimane saldamente al fianco della zia, seguendo scrupolosamente le sue istruzioni anche quando sono contrastanti. Fanno e disfanno l'aquilone almeno tre volte.

"E' vero che sta arrivando la guerra?"

Jack si rabbuia. Solleva lo sguardo su Cecilia e la guarda di sottecchi, indecisa.

"Temo di sì, Chuck".
"Tu l'hai già fatta la guerra?"
"Aye."
"E com'è?"

Jack esita. Tira su col naso e spazzola il lembo rosso di stoffa tesa con le mani.

"E' difficile."
"Per i codardi, no?"
"E' difficile anche per i coraggiosi, kiddow"

Tende un quarto di sorriso piuttosto tenue, e la bambina non se lo lascia sfuggire.

"Voglio combattere anche io. Papà dice che non posso."
"Dovresti ascoltarlo"
"Ma io posso! Voglio fare la pilotessa, come zia Ed e zio Red!"

Jack si mastica una guancia. L'aquilone, all'ennesimo tentativo di costruzione, sembra solido. Vi lega lo spago arrotolato attorno a un pezzo di legno levigato e alza gli occhi sulla bambina in attesa, valutandone gli occhi accesi.

"Vuoi fare la pilotessa"
"Sì"
"E far volare le navi?"
"Sì".
"E allora la prima missione è questa - si china in avanti, in aria di confidenza. Chuck trattiene il respiro. - fai volare l'aquilone".

La prende sul serio, perché la successiva mezz'ora è tutto un correre a destra e a manca, cercando l'angolo giusto di prato. Quando finalmente trova il soffio di vento perfetto, e lo fa sollevare, gli occhi di tutti si alzano al cielo. Cecilia tiene saldamente le redini dell'ala rossa, nonostante gli strattoni potenti che ogni tanto sembrano destinati a farla ruzzolare. Non si arrende mai, però, con un'ostinazione che ha imparato dagli adulti che la circondano.

Quegli stessi adulti sollevano le mani, ridono e applaudono. Hust guarda in alto a bocca aperta, e dopo un attimo va appendersi alle spalle della zia, ancora seduta per terra.

"Guarda! - urla pieno di meraviglia - guarda! Come papà!".




venerdì 21 giugno 2013

my own kind of edge


Jack Rooster ha passato i trent'anni da un po'. Stesa sulla cima della Almost Home, attinge da una bottiglia di whisky avvolta da un buio che fino a qualche anno prima l'avrebbe gettata nel panico più profondo. Se può guardare il cielo stellato di Bullfinch, a qualche miglio da Timisoara, lo deve soltanto ad Eleazar Ritter. Ne pronuncia il nome piano e pensa a Tauron. Poi pensa a una leggenda antica di Shadetrack sulla nascita delle stelle. Non riesce ad afferrarne la memoria, ma le pare di ricordare che avesse a che fare con un fucile.

Bullfinch le ha sempre fatto pensare a Eivor Edwards, ma dire che vi è affezionata così ostinatamente solo a causa sua sarebbe una menzogna. Il terreno polveroso di Timisoara le ricorda i tratti più aridi del passo che attraversava la Trinidad, a Sweet Waters, mettendo in collegamento la zona a est e quella a ovest delle montagne. Il modo in cui la gente si preoccupa di far bere il proprio cavallo prima di entrare nei saloon e le rigogliose tenute a sud appartenenti ai Rose, il sole vivo della mattina e le persone che vanno a lavorare all'alba nei campi, e il silenzio che scende dopo il tramonto permettendoti di sentire ogni respiro che fai. Bullfinch non è casa sua e da casa sua è lontana centinaia di parsec. Ma certo è che le assomiglia molto.

Mentirebbe anche se fingesse che l'appartenenza di Eivor Edwards a Bullfinch non cambia niente. Avendo perso la sua, di casa, si preoccupa che niente di simile accada alle persone che più ha a cuore. Se si sforza a trovare un senso al dolore lancinante che la perseguita da quando, tornando su Shadetrack, ha trovato solo croci piantate per terra e wastelands avvelenate, quel senso è l'apprendimento di una lezione: se vuoi proteggere un posto, proteggilo da vicino. Se vuoi proteggere delle persone, proteggile da vicino.

Eivor l'ha delusa. Lo pensa mentre valuta il livello del whisky nella bottiglia agitandola appena e passandola da una mano all'altra. Del resto, riflette, ha da un po' imparato a vivere con sensi di colpa che in passato le avrebbero impedito anche solo di respirare. E' un gioco d'equilibrio, e il segreto è nel tenersi sempre molto impegnati o molto poco lucidi. Così, mentre durante il giorno non si ferma un attimo, la sera si stordisce di antidolorifici e alcol in modo da essere sicura di fare sonni senza sogni. Forse è un modo di giocare sporco, di barare - pensa - ma in qualche modo devo sopravvivere. Oppure devo suicidarmi come stavo per suicidarmi quando aspettai al saloon di Oak Town una squadra alleata venuta per me e, quando arrivarono, aprii il fuoco? E' questo che vuole? Mi vuole morta?

Si infila la mano sotto la camicia e con la punta delle dita sfiora le proprie cicatrici. Parte dal basso, da quelle al fianco sinistro: sono quattro, guadagnate in quattro riprese diverse. Arriva alla spalla sinistra e basta il proprio tocco per farle venire i brividi: non è abituata a sentire niente sulla pelle da un bel po', se non le mani dei medici che l'hanno ricucita in fin troppe occasioni. La cicatrice sotto il petto la tocca per ultima, quella che le perforò il polmone destro e rischiò di mandarla al creatore. Ha ricordi piuttosto vaghi di quando la riportarono alla nave, e l'unico volto che riesce a distinguere nella propria memoria è quello di Sam.

Insomma, può sopportare di combattere con la propria coscienza. Può anche sopportare di combattere con Eivor Edwards, che è stata la sua coscienza per un sacco di tempo, quando era parte dell'equipaggio e poteva andare a trovarla in plancia durante il suo turno di controllo. Ma non può sopportare di combattere con Eivor quando non mette mano al timone della Almost Home da un tempo così lungo che sembra una vita, e dopo averla vista associata al pirata che ha mandato a Fargate il suo primo ufficiale. Ripensa a Red Wright appena tirato fuori dalla cassa da morto ermetica in cui l'avevano buttato nello spazio. Lo ricorda troppo magro e troppo fragile, scosso dal tremore come un agnello sul punto di essere decapitato. Si ripete piano che lei non sapeva, ma non riesce a perdonarla lo stesso.

Pensa a se stessa, per una volta. Pensa a come stia camminando su una china sottile e su come Eivor Edwards sia qualcosa che la sbilancia verso il precipizio. Pensa a quel bordo che fa la differenza tra quando decide di vivere e quando decide di morire, e poi pensa che c'è un limite a tutto. Non riesce a odiarla lo stesso, però. Qualcosa in fondo al petto le dice che la giovanissima pilota di Bullfinch ha fatto bene a salvarsi, ad allontanarsi da loro prima di essere costretta a sporcarsi le mani in modo irreversibile e imperdonabile. E' felice che l'anima di Eivor sia salva. Se qualcuno deve trascinarsi nel fango, quella persona può essere lei. E' in quel momento che focalizza perché si senta così tanto delusa: si aspettava che qualcuno ringraziasse lei e i suoi per essersi sporcati le mani  al posto loro. Perché quello che abbiamo fatto andava fatto, si ripete ed è convinta: e noi ci siamo presi la colpa per salvare i sonni tranquilli di tutti gli altri. 


Finisce per aggrapparsi alla targhetta militare che tiene sotto i vestiti: è una cicatrice anche quella. Sente con più forza la paratia metallica della nave premerle contro la schiena. Il cielo la schiaccia e lei teme di essere risucchiata nel metallo fino ad affogare nei circuiti della sua quasi-casa. Il guizzo della mente alla ricerca di un pensiero positivo le fa tremare disperatamente le pupille negli occhi, e per un secondo è vuota e perduta e pensa a quanti anni avrà adesso Sean, e se i bambini che ha ucciso magari erano suoi compagni di scuola.


Poi scoppia a ridere. Si asciuga gli occhi mentre costruisce nella propria mente l'immagine mai vista di Bolivar che prende una testata da un puledro. Lo immagina reggersi la fronte e immagina il puledro trottare allegro per dargli il resto, e prende a ridere così forte che deve reggersi la pancia con le mani. E' di nuovo salva: il cielo si rialza e il metallo torna ad essere semplicemente il letto su cui si è stesa. Coglie quell'attimo di serenità e prova a dilatarlo: ci beve sopra, ci manda giù pasticche. Finisce per addormentarsi aggrappata a quel pensiero come a uno scoglio in mare aperto.


martedì 28 maggio 2013

my own kind of forgiveness




"Mi dispiace".

Lo sussurra piano, al buio. Intreccia i piedi con i suoi come quando era bambina e ne riscopre le mani ruvide. Ne conta le dita e le preme sulle sue, in cerca di corrispondenze. Sono calde, solide come quelle di una quercia. Tiene gli occhi aperti, ma non riesce a vederne il volto. Sa che è ancora viva, però: il respiro leggero si ritma sul sonno. Respira anche lei pianissimo, nel timore di svegliarla. Senza voce, raccoglie sulle labbra i nodi luminosi di un pensiero disordinato, che si piega e si rigira su se stesso.

Ho molte colpe. Ho perso la guerra, innanzi tutto. Ho promesso che avrei difeso tutti voi, e non sono riuscita neanche a difendere me stessa. Ti ho tradito ogni volta che ho bestemmiato invece di pregare, e ti ho ucciso ogni volta che ho preferito vendicare i morti piuttosto che proteggere i vivi. L'ho fatto molte volte.

Il corpo le si chiude, la guancia scivola su lenzuola di lino bianco. Il profumo che avevano quando erano ancora umide e le portavano nei cesti dal lavatoio fino a casa, stendendole sul retro. Il vento le faceva gonfiare come vele sugli alberi maestri, e loro le usavano per nascondersi e rincorrersi. Toccarle con le mani era proibito. Allora le sfiorava con la fronte, mentre nessuno guardava, e trovava così sollievo dal caldo.

Ma non la prima. La prima ti hanno ucciso loro, e per sempre. Quando tornai, Chris mi strinse le braccia fino a farmi male e mi disse che non avrei potuto farci nulla neanche se ci fossi stata. Se avessi una figlia, vorrei che fosse lei a raccogliere le mie ultime parole, a chiudermi gli occhi. Vorrei che fosse la prima a gettare un pugno di terra sulla mia tomba e l'ultima a lasciarla dopo il funerale. Vorrei che scegliesse lei l'abito con cui verrò sepolta.

Venticinque anni prima, mani solide l'avevano costretta nel vestito della Domenica. Mentre si faceva annodare i capelli neri in una treccia, Jack raccontò di come la madre dei Barclay aveva conosciuto suo marito, l'amore della sua vita, e le chiese perché lei non avesse mai trovato il suo.

Vorrei dirti che lo faccio per qualcuno, che vedo il senso di ogni cosa. Che tutto si allinea e si compone nelle miglia che devo ancora percorrere. Vorrei dirti che lo faccio perché è giusto e non per il rispetto di John, per i miei doveri militari da ammiraglio, per le promesse che non smetto mai di fare, anche quando so di non poter mantenerle. Non c'è niente di giusto nell'uccidere altre persone. Me lo ricordo, nonostante tutto. Mi ricordo di quando mi pizzicavi le braccia perché ascoltassi il pastore che a messa parlava di perdono.

Ma parlava anche di guerra. L'ultima messa l'avevano sentita insieme; il pastore aveva indicato tutti i giovani pronti a partire, pregando per la loro vittoria e la loro salute. Jack aveva alzato lo sguardo mentre tutti mormoravano benedizioni col capo chino. Aveva cercato il viso amico di Chris dall'altra parte delle panche, dove sedevano gli uomini. Si scambiavano promesse con gli occhi, sicuri di essere destinati a rimanere eternamente giovani.

Ti ho vista l'ultima volta quasi dieci anni fa, ed è ancora difficile pensare alla mia vita di cui tu non sai niente. Questi sconosciuti che sono tutti la mia vita. Ti piacerebbe il modo in cui Sam china il capo a tavola prima di iniziare a cenare e l'ostinazione incosciente di Sun a fidarsi del prossimo anche quando le punta una pistola carica in mezzo agli occhi. A Sterling toglieresti il whisky tutti i giorni, a Edwards legheresti i capelli. Wright, lui no. Un uomo deve mettere da parte l'orgoglio e stare con la sua famiglia, diresti così. Un uomo deve proteggerla. Ma sono una famiglia anche loro, anche loro meritano protezione.

Un giorno cadde per terra. Tese le mani verso l'alto, ma lei non si piegò per raccoglierla. Invece fece un passo indietro e si chinò sulle caviglie, lisciandosi sulle ginocchia la gonna profumata di paglia. E mentre piangeva, lei sollevò un dito per richiamarne l'attenzione. "Un respiro profondo..." le disse, e ne accompagnò i polmoni. "E ci si rialza". Si rialzò da sola.

Non merito perdono anche io, allora, per ciò che ho fatto e ciò che sto per fare? Per aver promesso di tornare con lui ed essere tornata da sola, quando era troppo tardi? Per aver perso, per aver scelto di vivere questa follia per il resto della mia vita. Per la debolezza, quando ho visto Sweet Waters distrutta e ho preferito abbandonarla invece di accoglierla così com'era, come lei aveva accolto me per più di vent'anni? Per ogni bugia che ho detto, per ogni persona che ho allontanato, per essere sopravvissuta alla guerra che ha ucciso tutti. Perché non tutti sono miei fratelli e mie sorelle, come dice ogni volta Andrè. Andrè, di lui che avresti pensato? Un ladro di cavalli, figlio di ladri di cavalli. Siamo un vetro in pezzi, e non sono io la persona in grado di tenerli insieme.

Si stupì di non trovare fiori sulla sua tomba. Lo disse a voce alta e Chris le rispose che non c'era più terra buona perché vi crescessero i fiori. I pochi lotti sopravvissuti al diserbante erano sfruttati per la coltivazione intensiva di grano, perlopiù. Lei stessa aveva le mani vuote. Non possedeva più niente, non diceva più niente. Non si sforzò neanche di pregare. Lasciò la tomba di sua madre spoglia e muta.

Non mi illudo di star compiendo giustizia, no. La Giustizia è solo quella della fine, ed è di Dio, non degli uomini. Non ti dirò neanche che è bene. E' un pareggiamento dei conti, tutto qui. Incompleto, ingiusto, ma necessario. L'unico perdono che voglio è il tuo, perché di nuovo sto agendo per i morti più che per i vivi. Perdonami oggi per ieri e per domani. Per le volte che ti ho ucciso e le persone che ucciderò. Perché ho perso Cain alla fine. L'ho perso oggi, quattro anni fa.

Chiude le mani per stringere le sue e farla svegliare, ma afferra solo il vuoto. Apre gli occhi all'improvviso, nella penombra del dormitorio vede solo altri letti vuoti. Eir è ancora sveglia, difficilmente dormirà. La gamba le fa male. Manda giù tre pasticche. Una per ogni augurio, per ogni ora di sonno senza sogni.


Alla fine solo tre cose rimangono: fede, speranza e amore. Ma l'amore è la più grande di tutte.




martedì 14 maggio 2013

my own kind of will


E' un pod di salvataggio immerso nel buio. Lei rigira tra le dita la targhetta militare, e ogni tanto la sfiora con le labbra. Mancano sei ore, poi l'ossigeno terminerà. Fissa la targhetta tra le mani che stringe forte. Lo spazio è buio e profondo, e il pod di salvataggio continua a mandare il costante e vano segnale di soccorso. Si tampona la tempia con la manica della camicia: il sangue si è fermato quasi del tutto. Guarda gli indicatori. Chiude gli occhi e respira più a fondo, pentendosene un attimo dopo. 

Mancano tre ore. Lei scuote il capo e attiva il sistema di registrazione vocale interno. Un upgrade dei pod di salvataggio più performanti. In gergo lo chiamano il testamento, perché sono le ultime cose che una persona pronuncia prima di morire soffocata. Avvia la registrazione, lascia il suo testamento mentre è ancora in grado di discernere ciò che può dire o meno, nel caso in cui fossero gli alleati a recuperare il pod. Finita la registrazione, pochi minuti dopo, aspetta.

Mancano cinquantadue minuti, inizia a sentirsi la testa pesante. L'orizzonte è buio e vuoto. Tira fuori dalla fondina ascellare uno dei due revolver, controlla i colpi. Pensa che non morirà soffocata come un animale stretto alla gola. Non è una morte dignitosa. Sarà lei a farlo, quando sarà il momento. 

Mancano ventuno minuti. Ha sonno, riesce a stento a tenere gli occhi aperti. Le scivola la pistola dalle mani. L'ultimo pensiero compiuto che le attraversa la mente è che avrebbe dovuto lasciarsi esplodere con la nave, andare a fondo con lei. Una morte rapida, nucleare. La gelida dignità di non lasciarsi dietro un corpo sconfitto in una posa scomposta e indecente. Si addormenta senza volerlo. 

* * *

"Sono il capitano Jack Rooster, sesto reggimento dell'armata indipendentista in tempo di guerra, truppe di terra, grado di congedo: tenente. Sono nata su Shadetrack il dieci aprile duemilaquattrocentottantadue, a Sweet Waters, e mi sono arruolata nel duemilacinquecentosei, all'inizio della guerra. L'ho finita a Serenity Valley. L'Alleanza ha bombardato il mio pianeta uccidendo mia madre, mio zio e i miei amici, trasformando un mondo verde e rigoglioso in una wasteland senza speranza di ripresa. Mio fratello è stato ucciso a Serenity Valley, Hera. Nel duemilacinquecentotredici ho deciso, nel pieno delle mie facoltà, di prendere le armi e combattere il nemico. L'ho fatto per la memoria dei miei cari e il futuro dei nostri figli, che nascono oggi soggiogati ad un potere che non ha diritto di esistere nell'outer-rim. Se potessi tornare indietro, farei lo stesso. Prego affinché i miei compagni e la mia gente non si lascino scoraggiare dalla mia sconfitta: siamo in guerra e io non sono più di un semplice soldato caduto. Tra di voi, tra coloro che non vogliono più essere schiavi dei criminali che ci hanno invaso e conquistato riducendo le nostre terre in ginocchio, si trovano coloro che ci libereranno. Dio porta il suo messaggio attraverso le bocche più inattese. Chi vincerà la guerra potrebbe essere chiunque di voi. Che sia un orfano di Boros o un macchinista di Safeport. Il figlio di un predicatore di Shijie, un contrabbandiere di Polaris, una giovane di Bullfinch, un meccanico di Maracay. Ed è per questo che non piegherete mai il rim, anche se farete di tutto per fiaccarne l'animo e distruggerne la dignità: dove cade uno se ne alzeranno cento. E presto o tardi saremo troppi anche per voi."

[Fine registrazione]



When I'm at the pearly gates
This will be on my videotape, my videotape
Mephistopheles is just beneath
And he's reaching up to grab me

This is one for the good days
And I have it all here in red, blue, green
In red, blue, green

You are my center when I spin away
Out of control on videotape, on videotape
On videotape, on videotape, on videotape

This is my way of saying goodbye
‘Cause I can't do it face to face
I'm talking to you before

No matter what happens now
You shouldn't be afraid
Because I know today has been
The most perfect day I've ever seen



martedì 4 dicembre 2012

my own kind of warriors

"E' arrivata adesso una cortex wave"

Jack Rooster balzò nel sacco a pelo e prese la pistola. Era un movimento automatico, dai tempi della guerra: se qualcosa ti sveglia all'improvviso, non è mai una cosa buona.

"Oooh, calmati"
"Checcazzo, è ancora notte..."
"Tra due ore sorge il sole"
"Ho una certa età, per dio..."

Si tirò su, protetta dalla tenda improvvisata. Sentì il freddo gelido nel momento esatto in cui tirò le braccia fuori dal sacco. Guardò male il suo interlocutore. Era un ragazzino di nemmeno venticinque anni, con le guance rosse e la barba tenera.

"Porco mondo...
- borbottò - cos'è che dice quest'onda?"
"La Corona Hunting League... o comesichiama"


Improvvisamente fu più attenta. Nonostante gli occhi impastati e il brutto sapore di alcol scadente che aveva dietro il palato.

"Buttata giù, tutta. Con dentro i fottuti corer."
"Ci sono morti?"
"I corer, ti dico. Dozzine"
"Non me ne frega un cazzo, dico morti nostri"
"Nee. Hanno solo catturato uno"
"Dice chi?"
"Nee. Dice che hanno fatto la rivolta, però. Guidati da un certo Ronvald, Ronland..."
"Rognvaldr"
"E che ne sai?"


Jack Rooster si passò le mani sul volto e sospirò a fondo. Buttò la schiena all'indietro, di nuovo separata dal terreno da uno spesso strato di tessuto termico.

"That's my boy"
mormorò.

lunedì 3 settembre 2012

my own kind of updates



Ritter è tornato.
Ha i capelli più lunghi e sorride più spesso, anche se in quel suo modo strano. Non abbiamo parlato di Sterling, non so cosa sappia. Non so se dirgli di andare a Safeport a starle accanto mentre Presta Donoway sta morendo o se invece di lasciarla in pace, di non distrarla. Vorrei stare dalle parti di Sunset Tower per ogni evenienza, ma Geary legato e sanguinante in uno dei nostri bunker mi inchioda qui. E poi c'è il tornado.

John è stato perfetto. Ha colpito esattamente dove doveva colpire. Non ha fatto un errore, non ha sbagliato un colpo. Non ha sbagliato un tempo o un movimento, non ha sbagliato un ordine. Non ha sbagliato niente. Ha gettato quel fumogeno senza il quale il cecchino mi avrebbe ammazzato. Ha continuato a coprirmi, restando sulla sua posizione. Ha fatto tutto bene.

Sono calma. Sapere Ritter in giro mi tranquillizza, e tutti i miei sono al sicuro, integri. Ho avuto un po' di febbre per la ferita, Ritter mi ha ricucito, ma ho la pelle dura e mi riprendo in fretta. Mi sento già meglio, presto potrò ridurre gli antidolorifici ed essere più lucida. Ho bisogno di essere in forze per Geary.

Ho due nuovi a bordo, un Carter e uno Schmidt. E una di Shadetrack, Hausten. Li ancora poco, ma mi incuriosiscono. E' così ogni volta che prendo gente nuova: mi trovo a fissarli e a chiedermi se diventeranno i prossimi Edwards, i prossimi Wright. O se invece passeranno come meteore, se troveranno un lavoro che paga meglio, con meno problemi.

Sto pensando molto a Casa. A Sweet Rivers, a come sarà. Se sono pronta a tornarvi o no. Mi tiene sveglia finché non sono esausta.

Vorrei avere un sonno senza sogni.

mercoledì 11 luglio 2012

my own kind of fine


"Andrà tutto bene... Andrà tutto bene."


"Andrà tutto bene."


"Andrà tutto bene."

Non tornerò in prigione. Non mi farò spedire a Fargate, non guarderò il sole a scacchi. Non tornerò in prigione. No. Non per una baldracca coi pantaloni di pelle.



giovedì 31 maggio 2012

my own kind of partition



Un pilota per nave, un artigliere per nave.

Aspetti ogni giorno un messaggio dal comando superiore e quando finalmente arriva inizi ad immaginare un 'Verse libero e una vita degna di essere vissuta. Mandi giù antidolorifici come i bambini le caramelle rendendoti conto che hai bisogno di cambiare marca, che il dolore non riguarda solo la gamba e che hai bisogno di sentirti a volte la testa leggera perché altrimenti peserebbe tanto da farti da ancora, e non potresti più muoverti, e rimarresti ferma a lasciarti morire come avresti voluto fare dal giorno in cui tuo fratello ti morì addosso.

Edwards conosce meglio la Almost Home. La sicurezza della Almost Home è la priorità, non perderò la mia nave.

Cristo, il dolore. Non ci sono respiri profondi che reggano, occhi che possano contenere la sensazione di avere un coltello conficcato perennemente nella gamba. A volte mi isolo e passo un'ora a respirare solo per avere circa due minuti e mezzo di pace, senza dolore. Poi rinizia, e allora riprendo il tubetto e leggo l'etichetta, e mi dico di nuovo che dovrei cambiare marca, andare su cose più forti. Adesso no, non posso prenderli. Adesso ho bisogno di avere la mente lucida. Ho bisogno di quei due minuti e mezzo di pace.

Un pilota per nave, un artigliere per nave. Wright ha già pilotato un Orient, l'ISS Alaska sarà nelle sue mani.  

Wright sembra in gamba, con molte idee. Lo guardo e mi specchio nella sua rabbia, anche se siamo due cose diverse. La sua rabbia è attiva, costante e organizzata. La mia è esplosiva e imprudente. Avevo bisogno di uno come lui, con cui confrontarmi. L'Orient sarà suo.

Un artigliere per nave. Dove sono io non può trovarsi Pike. Conosco i sistemi d'arma delle Almost Home, le sue batterie laser, i sistemi di puntamento. So anche come gestire l'artiglieria più pesante dell'Orient, però.

Si tratta di scegliere tra il cavallo agile e quello resistente. Da ragazza preferivo i cavalli veloci e resistenti, mentre per i rodei avevo Trueno, che era svelto e agile, e poteva fare così tanti cambi di direzione nel giro di trenta secondi da farti venire la nausea. Ma su un cavallo ci sta un solo cavaliere, mentre una nave è un equipaggio. Il cavallo ha un solo capitano. Una nave ha un solo capitano.

Un artigliere per nave, un capitano per nave. Vorrei Sterling tra i motori dell'Orient, ma non mi importa se l'Orient cade a pezzi. Vorrei Sterling a comando di una nave, ma se è a comando di una nave non può stare tra i motori. Ma se resta con Edwards, forse non servirà. 

Edwards guarda male il nuovo pilota. Lo fa sempre, con i piloti nuovi, forse è per questo che non durano poi tanto. E' meno stronza con Pike. Pike è bello, magari le piace. Pike parla poco, questo piace a me. Strizza l'occhio spesso, come se tutto quello che non dicesse lo potesse riassumere in un ammiccamento. Non so dove ha combattuto, lui. Ma so che ha combattuto: se anche non avessi avuto il suo IdN, gliel'avrei potuto leggere negli occhi.

Un artigliere per nave, un capitano per nave. La Almost Home è la mia vita, ma la prima offensiva deve essere dell'Orient. Devo guidare la prima offensiva o i rinforzi? L'ultima volta che Sterling è stata capitano di una nave, ci siamo trovati al centro del tornado. La nave è andata distrutta e noi siamo quasi morti. Ha imparato? E' in grado di comandare una nave? E' in grado di comandare la mia nave.

Un pilota per nave, un artigliere per nave, un capitano per nave. 

Quale nave, è solo una questione di fede