domenica 30 dicembre 2012

my own kind of origins: los angeles de la guarda (2)



Henry piangeva. Teneva la mano sottile di sua moglie nelle sue e dondolava il busto chinato sul letto sfatto in una catatonia disperata. Il dottore si era ritirato in un angolo, sconfitto, e l'ostetrica cullava vigorosamente un neonato che strillava come se nei suoi polmoni si fosse annidato un presagio oscuro. Ad eccezione del suo grido stridulo e dei singhiozzi spezzati di Henry, nella stanza era calato un silenzio nebbioso e stordito, un'incredulità così grande da creare quasi imbarazzo.

Jack era rimasta a tre metri dal letto costringendo i due Barclay che l'avevano accompagnata a rimanere fuori. Quando era arrivata la notizia che la sua migliore amica stava partorendo, stavano al saloon a festeggiare e a vantarsi di come fossero riusciti ad aggiudicarsi la commissione degli Hanborne. Avevano visto dalla finestra l'imponente ostetrica affrettarsi verso ovest e avevano capito che era ora. Tutta l'eccitazione di conoscere Jonathan o Patricia era stata rimpiazzata da un terrore incompleto perché scettico. Ora fissava Sally cercando di scorgere un movimento del petto, un fremito delle palpebre. Aveva la pelle madida di sudore, le labbra tinte di un blu gelido. I lineamenti complessi, con guance piene e mento appuntito - si prendeva sempre in giro dicendo di somigliare ad un roditore - erano distesi in un'espressione abbandonata che la faceva più bella. Jack mormorò qualcosa di sconnesso: voleva dire al dottore di aspettare, che si sarebbe ripresa. Tutta quella disperazione le pareva fuori luogo: si sarebbe ripresa. Avanzò per protestare, ma due mani salde la presero per le spalle e la tirarono via con una gentilezza sicura. Riconobbe Chris a stento. "Le stanno tutti addosso, devono lasciarla respirare...". Lo disse in modo composto e distante mentre lui la portava fuori, nonostante la resistenza passiva dei muscoli. 
"Usciamo..."
"Ma devono lasciarla respirare, le stanno addosso..."
"Jack, usciamo". 

Uscirono. Raul, stretto nelle sue spalle secche e nervose, si appese allo sguardo di Chris e spalancò gli occhi quando ricevette in risposta un gesto di desolazione muta. Jack continuava a voltarsi verso la porta, come se una forza indipendente la tirasse inevitabilmente verso quella stanza. Sally era diventata il centro di gravità, e lei non poteva fare a meno di pensare che se non l'avesse detto lei a quelli lì, di lasciarla respirare, non l'avrebbe fatto nessuno. Aveva gli occhi spalancati. 

"Siediti"
Chris la condusse sugli scalini della veranda e la spinse fisicamente a sedersi. Lei continuava a guardare dietro di sé, troppo stordita per opporsi alla guida sicura del più vecchio dei fratelli Barclay. E così, mentre lui la teneva seduta tenendole una mano serrata attorno alla spalla, Raul si chinò sulle caviglie di fronte a lei. Le mani le tremavano, Raul le prese. La chiamò due volte, cercando con pazienza di agganciare uno sguardo sfuggente, senza bussola. Jack. Jack. Jack gettò gli occhi nei suoi cercando un appiglio. Qualcosa nel suo respiro non andava, era breve e faticoso. Jack, respira. Jack, guardami. Raul le strinse le mani più forte, le fece quasi male. Ha solo vent'anni. Lo so. Ad un certo punto era giorno, il cielo era color turchese e non lo sporcava nemmeno una nuvola. Era una mattinata di dicembre più calda del solito. Eppure lei si sentì l'inverno dentro. Si piegò su se stessa come fanno le foglie secche, con le mani che le tremavano ancora e senza riuscire a respirare. Raul puntò un ginocchio a terra e la raccolse nelle braccia. Chris era lì, con le labbra strette e il cuore rattrappito. Impararono allora che nel dolore non regge nessuna dignità.


* * *

Raul accompagnò Jack a casa, mentre Chris e Cain - strappato alle gonne di una rossa del sud dalla notizia appena giuntagli - rimasero sui gradini della veranda di Henry e Sally. Era una tradizione di tutta la zona a ovest della Trinidad e, come ogni tradizione di cui si erano fatti arrogantemente gioco durante l'adolescenza, si era piantata nei loro cuori e tra le lenti con cui guardavano ogni cosa. Era una cosa semplice, e consisteva nel lasciare le persone sconvolte da un lutto recente da sole in casa con i cari più prossimi, rimanendo però subito fuori dalla porta a fare la guardia, in modo da raccogliere i cesti di cibo portati ai vedovi ed essere costantemente a loro disposizione. Era notte fonda da un po', e Cain tornò dal saloon più vicino con un mazzo di carte che stava già mischiando. La promessa di una lunga notte.

"Pensi che Jack starà bene? - chiese Chris, vagamente apprensivo. - non l'ho mai vista così" tagliò il mazzo.
"Si dice che la vita continua, no?" Cain si strinse nelle spalle iniziando a distribuire le carte con gesti rapidi da vero professionista dell'azzardo.
"Non lo so. Se ci pensi è una grande ingiustizia. La domenica mattina fuori dalla chiesa vedi sempre vecchie che sembrano avere cent'anni, e stanno ancora lì"
"Quando qualcuno muore non ti sembra mai giusto."
"E Henry, come ti aspetti che si ripigli? - continuò - e il neonato... venire su senza madre. E lei non aveva neanche una famiglia, se non gli zii a Madrida. No?" scosse la testa cupo e allargò a ventaglio la brutta mano che gli era stata consegnata.
"Well, all'avvocato toccherà fare il padre. Seriamente" nella voce di Cain c'era un accenno di inspiegabile risentimento. Buttò sul tavolo un quattro di cuori e ne pescò una dal mazzo. Iniziarono a giocare e continuarono in silenzio, per un po'. Erano distratti entrambi, ma ad un certo punto Cain lo diventò di più. Gettò le carte sullo scalino e sospirò a fondo. Si tolse il cappello e si passò una mano tra i capelli, mentre gettava gli occhi di un verde torbido sulla strada polverosa. Senza il sole faceva freddo.
"E' che a venti, trent'anni, uno dovrebbe pensare di essere immortale, no? - criptico - a me aveva fatto strano anche quando avevano detto che era incinta, per dire. Ma morire così, porca puttana..."
"Aveva un debole per te, lo sai no?" commentò l'altro senza pensare.
"Vaffanculo Cristobal" Cain si alzò in piedi con un movimento brusco.
"Che c'è?"
Nessuno rispose. Chris rimase sul gradino e Cain si avviò al saloon, che tanto era vicino. Aveva comunque l'impressione che il povero Henry non avrebbe chiesto niente, quella notte.


* * *

Jack rimase buoni due minuti dietro la porta socchiusa della stanza prima che Raul se ne accorgesse. Si tirò sul letto e andò a cercare i fiammiferi, una volta tanto senza avere il problema di Chris che si lamentava perché veniva svegliato dal suo agitarsi tra le coperte, come lo chiamava lui. Accese la candela sul comodino e la sollevò verso la porta, riuscendo ad intuire meglio i lineamenti di Jack con camicia da notte, calze di lana ascellari e un maglione terribilmente logoro e altrettanto caldo che suo zio le aveva regalato dieci anni prima, quando le arrivava ancora praticamente alle caviglie. Non le aveva mai visto gli occhi così rossi e le spalle così abbattute. 

"Non riesco a dormire da sola". 

Raul si spinse fino all'estremo limitare del letto e lei andò a mettersi accanto a lui, stendendosi supina e tirandosi le coperte fin sotto le occhiaie. Lui spense la candela e rimase scomodissimo nell'angolo più estremo di quel vecchio materasso sfondato ad una piazza scarsa, concavo al centro, con un paio di molle saltate che gli graffiavano le gambe tutte le notti. Jack non pareva provarne grande fastidio. Il modo in cui teneva le coperte tirate su il più possibile la facevano sembrare terribilmente spaventata dal mondo là fuori, per la prima volta nella sua vita. Per la prima volta nella sua vita si sentiva schiacciata dalla fatalità, inutilmente impotente. 

"Ti ricordi di quando si mise a lavorare all'emporio di Sutton?" lo sussurrò, come se avesse paura di svegliare qualcuno. 
"Aye, per rimpiazzare Darlene"
"Ay. E riorganizzò tutto in due settimane e Darlene tornò, ma tutti quelli che andavano all'emporio chiedevano sempre di Sally perché la preferivano?"

Risero in maniera stupida. Raul rischiò di cadere dal letto per quanto era sul bordo, e Jack si fece più di lato per fargli posto senza dovergli stare troppo attaccata. Lui non rideva spesso. Molta della gente che conosceva avrebbe detto in fede che non rideva affatto. Sembrava un ragazzo nervoso e sempre arrabbiato, insofferente. In verità era solo molto insicuro. "Sai come l'hanno chiamato?"
"Non so nemmeno se è maschio o femmina - Jack scosse il capo e la coperta le finì di nuovo sotto le ciglia lunghe e nere. - vorrei fosse morto il bambino al posto suo. Avrebbero potuto farne un altro" confessò spietatamente, con un filo di voce. Continuarono a guardare il soffitto nero: tutte le imposte erano sbarrate con una tale precisione da non far trapelare neanche un alito di luna.

"Qual è l'ultima cosa che vi siete detti?" chiese lei ad un certo punto, con una certa ansiosa urgenza. 
Raul ci pensò un po'. "Mi disse che se volevo potevo sentire il bambino che scalciava"
"E tu l'hai fatto?"
"No". 
Ancora un lungo momento di silenzio. Pian piano rilassavano i muscoli, si sfioravano in maniera più distesa, naturale.
"Perché non te ne vai mai, Ray? - lo chiamava così solo quando erano da soli - dici sempre che te ne vuoi andare ma non te ne vai mai"
Lo sentì sollevare le spalle.
"Sally diceva che è per me che resti". Si girò sul fianco e, anche nel buio, Raul si sentì gli occhi di lei puntati addosso.
"Forse non è un buon momento per parlarne, Jack" si crucciò.
"No, forse no". Convincerla era stato facile. Rimasero zitti ancora un po', poi la sentì che gli scivolava con la testa tra la spalla e il petto. 
"Ne... ne parliamo domani, okay?"
"Ay. Posso stare così?"
"Aye... certo, sì. Puoi stare così".
Stette così e dopo un po' si addormentò. Il giorno dopo si alzò presto e andò a dare il cambio a Cain e Chris. Finì che non ne riparlarono più.



Soledad "Sally" Rodriguez, 18/11/2482 - 23/12/2502


Raul Barclay. Shadetrack, 2502 (2480 - 2510)

Cristobal "Chris" Barclay, 2502 (2478 - )

Cain Rooster, 2502 (2476 - 2511)








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