sabato 6 ottobre 2012

my own kind of things I oughta burn


Jack Rooster gioca con uno zippo metallico. E' il ventotto settembre duemilacinquecentoquattordici e, per l'Exodus Day, non brucerà niente neanche quest'anno. L'ultima volta che bruciò qualcosa fu nel duemilacinquecentodieci, circa nove mesi prima della fine della guerra, la sconfitta della sua gente, la morte di suo fratello. In quella occasione scrisse su un foglietto la parola "sola" e lo gettò nel fuoco. Era un simbolo: voleva dire che al suo ritorno, se l'avesse trovato ancora su Shadetrack, avrebbe sposato Chris Barclay come lui le aveva proposto prima di partire. Quell'anno Jack Rooster aveva fatto ventott'anni, e non vedeva l'ora di appendere le pistole al chiodo. La verità è che si stava buttando anche la guerra alle spalle: sarebbe andata come sarebbe andata. Vittoriosa o sconfitta, sarebbe tornata a casa dalla sua famiglia, e avrebbero vissuto. Anche con l'Alleanza, non le importava più: fosse stato per lei avrebbe lasciato la guerra da un pezzo. Ma non era un disertore, né lo era suo fratello. E lei non se ne sarebbe andata senza di lui. Si sentì più leggera, dopo aver bruciato la solitudine. Una vita tranquilla, una casa a Mexican, ma non al centro della città. Le grandi praterie di Sweet Water tutte intorno, le cime rotondeggianti de La Trinidad a vista. Un figlio, magari, se anche Chris l'avesse voluto. La vita che meritava e che adesso voleva. 

"Che bruci?" chiese a suo fratello.
"Ho un brutto presentimento" rispose lui.
"Che presentimento?"
"Non lo so. Il presentimento che qualcuno brucerà il mio nome".

E' di nuovo il ventotto settembre duemilacinquecentoquattordici. Le cose non sono andate come previsto. Jack Rooster recitò la preghiera dei naviganti. "Ma l'abisso ti guarda dentro", ricordò. Non bruciò niente.

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