venerdì 13 aprile 2012

my own kind of ideal


Ci sono delle persone.

La prima è una donna elegante. Si fida della mia parola, nonostante io non mi fidi della sua. Non mi odia nonostante sappia benissimo quanto io odi lei, per mille e uno motivi che giocano a scavalcarsi nella mia testa. Il primo è che lui si è già messo in pericolo, per lei. Il secondo è che lui mi ha chiesto di mettermi in pericolo, per lei. Il terzo è che è uguale a tutti quelli della sua razza: invece delle armi avrebbe conquistato il rim con la cultura e la tecnologia del Core. E' un ragionamento sbagliato, sbagliato fino al midollo delle ossa, e nessuno di loro se ne rende mai conto quando lo pronuncia. E' sbagliato perché parte dall'assunto che il Core sia più evoluto, che abbia una missione di civilizzazione nei confronti dei "meno fortunati", dei barbari, di noi. Come è convinta che sia Josephine Leroux. Lei non è da meno. Lei è uguale.

E' uguale, ma mi dà risposte quando pongo domande. Poi mi dice che sono un'idealista.
Le dico non sono un'idealista. Sempre combattuto per cose concrete: la terra, la libertà di decidere per se stessi. Non sono un'ingenua, so che abbiamo perso la guerra.
Lei è ubriaca e mi dice che questo è il punto. Che sono un'idealista perché lo so, e continuo a combattere.

Ai suoi occhi, questo è essere un'idealista: andare contro le proprie possibilità. Ma non mi ha sentito, non a fondo. Le ho detto non sono un'ingenua. Le ho detto che o così o morirei. Le ho detto, e l'ho detto chiaro: "io non ho molto altro, per cui vivere". Ma non ascoltano, non lo fanno mai.

L'altra è Roona Mei Wilson.
Lei dice che parlo per entità astratte, perché definisco la gente la mia gente. I suoi occhi danno al 'Verse una forma diversa, in cui nessuno ha mai vinto la guerra, in cui adesso siamo solo tanti pesci in un mare infinito che non fa distinzioni. Dice che non c'è mai stata Giustizia, che la Giustizia non è di questa vita. Che siamo tutti persone, che siamo tutti uguali.
Io so che non è così. So che quando mi alzo in piedi, la mattina, mi alzo in piedi da sconfitta. So che ogni mattina, quando mi alzo in piedi, sono costretta a chiedermi se ne sia valsa mai la pena, se non avremmo fatto meglio ad arrenderci subito e a farci conquistare, col senno del poi. Vivo la giornata da sconfitta, mangio con altri sconfitti come me e medito vendetta come solo gli sconfitti sanno fare. Quando provo a dormire, la notte, sogno l'odore di decomposizione che emanava il corpo di Cain, dopo notti passate all'addiaccio, a piangere e a vomitare, abbandonati da tutti, arresi. Questo a Roona Mei non potevo raccontarlo. Non potevo perché lei è giovane, e ha la dolcezza della gioventù negli occhi, e dovrei odiarla per strappargliela via e trascinarla nella mia miseria.

Non lo faccio. Imbraccio il mio benson sei colpi e tengo gli occhi fissi sullo sterrato, in attesa di sentire le vibrazioni del terreno che annunceranno l'arrivo dei Bolton e della loro banda. Stringo il cannone come fosse il mio più caro amante e mi dico all'inferno, è così che morirò io, perché quando ci hanno invasi mi hanno tolto ogni altra scelta e ogni altro posto e ogni altra possibilità e ogni altro modo di vivere che non fosse quello in cui stringi il tuo benson sei colpi come se fosse il tuo più caro amante, e aspetti di morire, perché se non accadrà stanotte accadrà presto, e inizi ad immaginare il proiettile col tuo nome sopra che ti aspetta dietro ogni angolo.

Con una giacca blu.

Con venti cavalli.

Con un cappotto nuovo che ha sostituito quello marrone.

Con le unghie lunghe e curate.

Con gli occhi che immaginavi di tuo padre.

Mi dico che non sono sola. Punto gli occhi su Sterling che è agguerrita, su Edwards che è selvatica, penso a Cole e ai suoi sbalzi di umore, e mi ripeto che il giorno in cui non potrò tenerli più al sicuro Sterling avrà Edwards ed Edwards avrà Sterling, e lui avrà una chance su Hall Point, un lavoro adatto che gli permetta di costruire qualcosa, e una donna che può occuparsi di lui, che dice che lo ama, e mi ripeto che è giusto che sia così, perché le cose devono fare il loro corso, gli sconfitti devono rassegnarsi ed andare avanti, e provare ad essere felici con ciò che resta loro, perché non sono tutti come me, non sono tutti pieni di rabbia e odio e insoddisfazione.

Ma io ho ancora il benson tra le dita, e la voce di Cain nelle orecchie, quando ripeteva quell'adagio.

"Qual è l'unica cosa che diciamo alla morte, Jack?"
"Not today"



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