martedì 23 luglio 2013

my own kind of minor bird


I have wished a bird would fly away,
And not sing by my house all day;

Have clapped my hands at him from the door
When it seemed as if I could bear no more.

The fault must partly have been in me.
The bird was not to blame for his key.

And of course there must be something wrong
In wanting to silence any song. 

R. Frost


- Ti trovo  bene.
- Ti trovo bene anche io.

Piove, piove a dirotto da settimane e uno dei due mente. Il tavolo a cui sono seduti è schiacciato tra altri quattro tavoli simili, e ogni tanto una gomitata di quello che le sta dietro fa vibrare la sedia di Jack Rooster. E' caldo, ma la notte del sabato è caldo anche d'inverno, a Timisoara. Trovarsi lì con lui ha uno strano effetto surreale che la fa stringere nelle spalle così tanto da volerci scomparire. Tra chiacchiere e pianoforte, parlare è difficile. Ogni cosa la ripetono due volte, la seconda scandendola bene in modo da farla intuire tramite il labiale.

- E così Polaris è libero.
- Cosa?
- Dico: Polaris-è-libero.
- Ah, aye, è libero. 

John Cassidy beve whisky. Da quanto ricorda Jack, non ha mai bevuto in vita sua altro che whisky, anche la mattina. Non l'ha mai visto con un bicchiere d'acqua, o una birra in mano. Quando faceva parte del suo equipaggio, usava dire che era una questione di coerenza: una volta che scegli una scimmia da buttarti sulla schiena, fai meglio ad attenerti per il resto della tua vita. 

- Allora, l'equipaggio?
- Cosa?
- L'equipaggio.
- Ah. Bene, bene. Ti devo chiedere delle cose. 
- Cose?
- Cose, sì, cose... sui controlli, sui blocchi navali.
- Sui blocchi.
- Sì.
- Ay, d'accordo.

Il whisky l'ha preso anche lei. Preferisce guardare il fondo appannato del bicchiere piuttosto che fissare Cassidy e dargli il tempo di indovinare i suoi pensieri. Per esempio, appena sorpassata la porta del saloon ha pensato che fosse invecchiato. Ora fa i conti, arriva fino a quarantatré e si ferma; poi ricomincia, ma questa volta si ferma a trentadue. Trentatré. Dieci anni, e l'ultima volta che si sono visti era il lontano duemila cinquecentotredici. 

- Se usciamo?
- Eh?
- Dico: se usciamo?

Jack guarda fuori dalla finestra, illuminata da un lampo di luce abbagliante quanto breve. Annuisce e, alzandosi, si ricorda di prendere il bicchiere e la bottiglia. John fa lo stesso. Per sgusciare fuori dalla porta, sulla veranda umida, devono scavalcare cinque metri di sedie e tavoli serrati.

- Neanche quando avevamo messo le barricate era più difficile passare.
- Le barricate.
- M-mh. Tutta Timisoara, pensavamo a un attacco. Non è mai arrivato.
- Sai che non durerà per sempre, no?
- Che vuoi dire?
- Che verranno a riprendersi il sistema, e voi non potrete farci niente.

John sorride a metà, sconfortato, e la pelle rovinata degli zigomi si tende dietro uno spesso strato di barba brizzolata. Jack si siede su una panca e manda giù le sue due dita di whisky, rilassando le gambe in avanti, con le caviglie incrociate. Guarda oltre il buio del vicolo su cui dà l'entrata del saloon, cercando di indovinare il colore dei mattoni dell'edificio di fronte.

- Non sarà così - dice con convinzione, ma la verità è che un nodo le stringe già la gola.
- Vorrei anche io che non lo fosse.
- Mi sono sempre chiesta com'è stare nei tuoi panni, John.
- Have you?
- M-mh. Arrendersi ogni volta che c'è una battaglia che valga la pena combattere...

Gli occhi di lui sono verde chiaro, e il whisky ne annacqua i contorni. Si versa un altro bicchiere prendendo la bottiglia dalle mani di Jack, e nel farlo le sfiora le dita senza far finta che sia casuale. E' generoso con se stesso, Cassidy, quando beve. Sorride piano con le labbra sul vetro del bicchiere, e manda giù con disinvoltura. E' la stessa disinvoltura che usa per distruggere sistematicamente qualsiasi cosa che rischi di tirarlo fuori dalla sua responsabile e assolutamente consapevole miseria. Ha tutti gli strumenti per farlo: è istruito e spietato e, sebbene avesse finito per sposarsi sotto il suo rango, su Shijie tutti conoscevano i Cassidy di Cape Field e i loro ventimila ettari di terreno. La guerra l'ha trascinato in basso, la morte di sua moglie e suo figlio ce l'hanno tenuto. 

- Pensi che sia una battaglia che vale la pena di combattere?
- Tu no?
- Nay. Non lo penso. Non dovresti pensarlo neanche tu.
- Perché non dovrei.
- Perché non è casa tua, innanzi tutto. Perché gli alleati riconquisteranno tutto. Perché la Confederazione di Polaris non porterà certo indipendenza negli altri sistemi.
- La porterà. Sarà d'esempio.
- Pensi che Columba si ribellerà?
- Perché no. 
- E se anche Columba si dichiarasse indipendente?

Jack rimane in silenzio, il volto le si scurisce. Preferirebbe rotolarsi nel terreno fangoso del vicolo piuttosto che continuare quella conversazione. Le si dipana davanti ancora prima che John, preciso e inclemente, vada a cercarle dentro tutti i dubbi e glieli metta in fila davanti, solo perché lei possa arretrare e disperarsi, e aprire la porta quando l'inferno va a bussarle di notte.

- Se anche esistesse una Confederazione di Columba, pensi che rimetterebbe l'erba sulle wastelands di Shadetrack. E se un miracolo rendesse Shadetrack di nuovo verde, sarebbe abbastanza grande da scuotere la terra e farle risputare i morti?
- Smettila.
- Rispondimi.
- No.

Lascia il bicchiere sulla panca e si passa le mani sul volto con vigore esausto. All'improvviso ogni cosa perde di senso e motivo. Si sforza di attribuire la colpa alla presenza dell'uomo che ha accanto, e che con le spalle arrese reclina il busto contro il muro; e vi si poggia in attesa dell'impietoso destino che prima o poi arriverà, ne è sicuro. Mentre Jack vorrebbe ricucire mille e una contraddizioni in un unico abito che le stia bene addosso, John Cassidy spera ogni giorno che un soffio di vento più forte degli altri lo riduca in polvere e lo dissipi nell'aria fresca del mattino.

Lui aspetta di morire: di questo è sicuro. La sua convinzione non traballa un attimo e lo tiene solidamente insieme, oltre e nonostante il desiderio di dissoluzione. Lei spinge con entrambe le braccia gli scheletri sotto il letto e passa la notte ad ascoltarli battere i denti. 

- Perché non ti sei fatto sentire?
- Mh?
- Nadia mi scrive spesso, e l'hanno fatto anche tutti gli altri, almeno una volta.
- Pensavo non volessi saperne più niente, di me.
- Sei stato tu a cacciarmi.
- Mi biasimi per averlo fatto?
- Certo.

John pare sorpreso. Solleva le sopracciglia e prova a ricordare se abbia mai sentito Jack Rooster spartire colpe con tanta sicurezza. Un movimento rapido delle mani fa materializzare sul suo palmo una sigaretta dritta e precisa. L'accende con qualcosa, odora di sintetico e confonde Jack fino a farla ripiombare nella Lucky Bastard. La sickbay sterilizzata, la cabina di sei metri quadrati e l'ostinata solitudine nel letto e nelle braccia di John Cassidy: ogni cosa la colpisce tra la nuca e le spalle e le riempie gli occhi di un'impietosa e asciutta malinconia. Tutto ciò che è venuto dopo scompare. Tutte le persone perse e tutte le posizioni conquistate. Non è più l'ultimo miglio e poi la meta, ma mille miglia e poi un salto nel vuoto, senza rete. L'ammiraglio del Terzo Aviotrasportato Polaris torna ad essere il tenente che ha perso la guerra e tutte le cose importanti. E' su Polaris e piove. E' in una delle cabine del deck superiore, lei e John si contano le sconfitte sulla pelle e si snocciolano la spina dorsale con le mani. 

- Sei incredibile - ride lei.
- Lo dubito.
- Non sei atterrato da neanche ventiquattro ore e già sei riuscito a farmi sentire così.
- Come?
- Perdente. Lo sai... battuta.
- Mi dispiace. 
- Non credo.

Lui scuote il capo con convinzione, ma la verità è che deve pensarci un attimo. Si chiede se ha perso la guerra molto prima di tutti gli altri, e quale insondabile principio lo costringa a demolire ogni speranza di rivalsa. Perché, se i suoi vecchi commilitoni conquistano vittorie vere o presunte, lui abbia ghettizzato il cuore che gli batte nel petto a brutali rastrellamenti e rappresaglie di buoni sentimenti. Di chi sta facendo il bene. Sta ancora pensando mentre la coda dello sguardo coglie l'inatteso movimento di Jack, che si solleva dalla panca e si spinge in avanti, già proiettata verso l'esterno della veranda. Fa in tempo ad afferrarla confusamente, e stringendole le dita attorno al braccio quasi si brucia. Così tutto gli torna: il calore ostile della pelle di Jack Rooster, ogni furiosa lotta che li ha visti sconfitti entrambi, i limoni aspri che trasportarono di contrabbando da Tauron a Sunset Tower, i fili attorno ai polsi e alle caviglie che li tiravano in direzioni opposte ogni volta che riuscivano fugacemente a trovarsi. Serra la presa così forte da farle male, perché sente ancora quei fili tirare. 

- Resta, per favore.
- No.
- Perché no?
- Perché dovrebbe essere facile, e non lo è.
- Perché no?
- Non lo è mai, con te.

Ha ragione lei: non lo è mai stato. Ma nel momento esatto in cui lo dice la notte si allunga, e i fili si ammorbidiscono promettendole qualche ora di tregua.



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